"Napoli è un cinema naturale e un sogno". Intervista a Marco Ciriello
Orizzonti. Tuffarsi nei testi di Marco Ciriello significa farsi un bagno di folla, sbucano persone e personaggi da ogni angolo. La lunga chiacchierata al telefono ha sortito il medesimo effetto e quella che doveva essere un’intervista si è trasformata in qualcosa di completamente diverso. Continuava ad entrare gente, viva e morta, adorabile e insopportabile, nota e meno nota. Senza accorgersene, l’intervistatore si è ritrovato a passeggiare per Napoli senza muoversi da casa. Bello e travolgente, ma difficile da spiegare.
Ciriello scrive soprattutto di sport per La Gazzetta dello Sport, Il Mattino, Domani e Avvenire. ma lo fa descrivendo tutto quello che non si vede. Ha pubblicato una ventina di romanzi e ha raccontato Maradona, Valentino Rossi e Pantani (appena uscito per Sperling & Kupfer) in maniera inimitabile, manco fosse la Settimana Enigmistica. Ciriello vive e respira Napoli, ma è nato in provincia di Avellino, un irpino che sa che le cose belle sono le più difficili. Come ha ammesso in un suo pezzo dedicato a Daniele Del Giudice: “Napoli è molto più grande della mia immaginazione, fin da bambino sapevo che anche da vecchio non sarei mai arrivato a conoscerla tutta, con le sue persone sospese, voce ’e notte”.
La decisione di intervistarlo nasce da una vecchia amicizia nata nella chat di un bellissimo settimanale e proseguita al telefono. Ogni volta è come se non ci fossimo mai persi di vista, il problema è che non ci siamo mai visti, nemmeno una volta. La decisione di intervistarlo su Napoli, invece, deriva da un articolo che ha scritto quasi dieci anni fa: “Napoli è cannibale, mastica tutto: popoli e lingue, usanze e distanze, con una voracità ancestrale e allora può succedere che mentre l’Italia ancora si domandi come dove e perché, la città abbia da tempo – molto tempo – assimilato scelte sessuali che ancora scandalizzano, convivenze che ancora generano conflitti, con una tale maturità da far sembrare tutto normale. Mostrando nel caos supremo – che pure le appartiene – un modello che invece viene ignorato. È colpa dei napoletani che si sono concentrati e generosamente prodigati nella costruzione del folklore e che lo esportano, permettendo al mondo di vivere di nuovo la propria infanzia. Napoli lo fa anche per gli altri: divenendo capro espiatorio e pure pazziella”.
Marco Ciriello
Ciriello, non è che l’insana passione dei napoletani per il folklore e gli stereotipi renda la narrazione di Napoli sempre uguale a se stessa impedendo ogni cambiamento? Maradona sembra aver vinto anche il terzo scudetto. Spalletti e persino Osimhen, il “centravanti mascherato”, risultano dei comprimari, degli attori non protagonisti…
Napoli è una città che cambia continuamente su uno sfondo fisso, purtroppo sulla città domina una narrazione televisiva unilaterale che sposa la banalità e conferma gli stereotipi. Per quel che riguarda gli scudetti, Maradona vincerà anche gli altri, perché è una presenza ineludibile come il Vesuvio. Esiste anche una narrazione letteraria di successo che si rifugia nel passato perché il presente è troppo complicato. Ti invio la foto di uno striscione che racconta Napoli meglio di molte trasmissioni televisive o gialli di successo.
Lo striscione non l’avevo visto, ma la lunghissima festa scudetto, le bandiere nei vicoli, la pizza, il caffè, gli spettacoli pirotecnici. Ci è stato risparmiato solo il mandolino…
Napoli non ha una voce sola e non ha un solo dio, è pagana. Il giornalismo italiano non la sa spiegare perché non ha pazienza, non vuole scavare e non si dà il tempo di comprendere, non capisce che esiste anche una Napoli ordinata e aristocratica. Non è solo quella che vive al Vomero, Chiaia o Posillipo, esiste anche un’aristocrazia dei poveri, Eduardo l’ha saputa raccontare, ma chi ha raccontato Napoli meglio di tutti è Francesco Rosi ne “Le mani sulla città”. Per la voracità…
Ecco, la capacità dei napoletani di convivere con i problemi sembra aver fatto dimenticare le difficoltà e la voglia di cambiamento.
Lo sfascio, dovuto in gran parte a una classe dirigente inesistente, lo vedo anche io, faccio parte della Napoli silenziosa che in parte accetta, o forse sopporta, quel che accade. Forse se le due città si parlassero uscirebbe qualcosa di diverso.
Ma…
E’ vero che il napoletano non si vergogna di mostrare i propri difetti, ma è un sentimento bello che evidenzia l’unicità di Napoli, è un segnale di sopravvivenza alla globalizzazione. E’ un voler dire “siamo ancora vivi, non siamo una massa indistinta”. E’ una città aperta e tollerante che non cambia a causa degli scippi o della camorra, è una città “metropolitana” nel senso che è affollata e fastidiosa, un luogo in cui tutti ti toccano. Come dicevo, Napoli è l’ultima città pagana, in cui la spiritualità è necessaria e la magia svolge ancora un ruolo importante. Fa a meno del Papa e della Chiesa e parla direttamente con i santi e con Dio, è un cinema naturale. La classe dirigente non può far finta che non sia così.
Hai descritto Napoli come un modello. Non è unica e irripetibile?
Napoli è un sogno. Lo è sicuramente per gli africani che hanno lo stesso assetto mentale, la stesso caos e la stessa anima. Non si può rifiutare di essere il sogno di qualcuno. Castel Volturno è un Ellis Island clandestina. Una colonia nigeriana con un lungomare preferibile a quello “Disneyland” della costa amalfitana. A Castel Volturno c’è speranza e sogno. Personalmente, a Il Cairo mi sono sentito a casa dopo due settimane, a Berlino mai. Mi tengo la metropolitana affollata in cui tutti ti toccano.
Massimiliano Boschi
Marco Ciriello (1975), scrittore e giornalista. Scrive articoli, documentari e libri. Collabora con La Gazzetta dello Sport, Il Mattino, Domani e Avvenire.
Immagine di apertura: Foto di StockSnap da Pixabay