Leaos, la "spider" delle bici elettriche made in Bolzano
Sono bici elettriche, ma stanno alle concorrenti come le spider stanno alle utilitarie. Non come velocità, ma come attenzione all’estetica e al design e, conseguentemente, per il prezzo di vendita. Le produce la Leaos di Bolzano su cui ci racconta tutto Armin Oberhollenzer all’interno del piccolo ufficio che sovrasta il laboratorio/officina di via Volta. Già ad una prima occhiata si capisce che le bici prodotte sono artigianali nel senso migliore del termine, e Oberhollenzer non ha nulla da obiettare: «Mi sembra una buona definizione. D’altra parte per produrre queste bici in carbonio non si può usare uno standard industriale». Pur mantenendo il dovuto distacco professionale, non si può negare che le biciclette di Leaos siano davvero belle, per il design e la cura, ma anche perché risulta evidente l’intenzione di realizzare un prodotto molto innovativo con una identità ben precisa. Anche gli accessori sono curati nei minimi dettagli.
Oberhollenzer, perché avete deciso di dedicarvi alla produzione di bici elettriche di questo tipo?
“Perché ci siamo resi conto che nel mondo della mobilità elettrica a due ruote ci si concentrava solo sull’aspetto ecologico, mentre secondo noi, se si desidera rivoluzionare la mobilità urbana, non è sufficiente dire facciamo qualcosa per l’ambiente, ma servono prodotti emozionalmente attraenti. Abbiamo pensato che quelli attualmente presenti sul mercato non erano sufficientemente attenti al design e all’aspetto estetico più in generale”.
Quindi non puntate al classico pubblico attento alle questioni ambientali?
“Diciamo che non puntiamo sull’ambiente nella nostra comunicazione. È uno degli aspetti ma non il principale, se il nostro cliente ha in casa tre motociclette occorre proporgli qualcosa di attraente per spingerlo a passare alla mobilità elettrica. Contiamo di raggiungere quei clienti che mai avrebbero pensato di utilizzare una bici elettrica”.
Per semplificare molto, i produttori di bici elettriche si limitavano alle “utilitarie”, voi, invece, fornite una bici elettrica anche a chi è abituato a girare su auto di lusso?
“Diciamo di sì, abbiamo pensato di fornire al cliente qualcosa di più piacevole con cui può comunicare il proprio stile. Sappiamo di esserci collocati su un mercato di nicchia per alta gamma, le nostre bici partono da 8600 euro, ma crediamo che fosse l’unico modo per entrare in un mercato del genere. Dovevamo essere immediatamente riconoscibili. Ma non ci fermeremo qui”.
Prima di raccontarci il futuro, da dove siete partiti?
“Abbiamo studiato il mercato per alcuni anni poi abbiamo chiesto a designer, non di biciclette, e a ingegneri, di costruire una bicicletta elettrica innovativa, partendo non dalla bici, ma dalle due ruote. Integrando le parti tecniche nel corpo del mezzo. Da questo mix è nata una bici unisex con una linea pulita e chiara, non superfuturistica. Abbiamo preferito un concept che durasse nel tempo”.
Quando è stata prodotta la prima bici e quante ne producete attualmente?
“La prima bici è stata prodotta a fine 2013 e quest’anno abbiamo venduto un centinaio di bici in tutto il mondo, particolarmente nell’Europa del Nord. Ora produciamo diversi modelli”.
In Italia?
“Mancano le infrastrutture, le piste ciclabili urbane, per cui vendiamo pochissimo in Italia”.
Problemi anche riguardo ai furti?
“Questo non è un problema solo italiano. È una domanda che ci rivolgono ovunque, in alcuni paesi esiste l’assicurazione per le bici a costi ridotti. Per il resto occorre legarla ad un supporto fisso con una catena di sicurezza di classe tre. È una bici che pesa ventidue chili, si trasporta facilmente”.
Prossimi passi?
“L’accordo con Ineco, concessionario del Triveneto per Ferrari e Maserati, per cui le nostre bici sono in vendita nei suoi punti vendita, poi ci stiamo accordando per flotte aziendali o per alberghi di lusso. Possiamo personalizzare il prodotto su richiesta con grande facilità, integrando il logo aziendale. Infine, stiamo progettando un prodotto di fascia più bassa. Ora che ci siamo fatti conoscere possiamo ampliare la fascia di mercato”.
di Massimiliano Boschi