Bolzano: dare un volto agli invisibili. Ludwig Thalheimer tra impegno sociale e fotografia

Bolzano. A Ludwig Thalheimer interessano le persone e le loro storie, non quelle celebri e famose, ma quelle più silenziose e invisibili. Thalheimer ama trovarle, fermarsi, prestare loro attenzione, seguirne i destini e riavvolgerne i fili. Come quando, nel 2016, è tornato a San Josè in Costa Rica per rintracciare i bambini che aveva fotografato 30 anni prima sulla strada per vedere cosa ne era stato di loro (e ritrovandoli quasi tutti: il progetto è diventato un libro forte ed emozionante, “Costa Rica Time Warp”, che ha vinto il Deutscher Fotobuchpreis, 19/20).
Ma in genere a Thalheimer non serve oltrepassare l’Oceano per trovare storie e persone, molte vengono a bussare direttamente alla sua porta nel suo studio in via Rosmini a Bolzano. Qui prima c’era una vecchia officina, si riparavano motociclette, ora invece da qui a ripartire, risistemati, sono i destini. Con instancabile impegno personale, da anni Thalheimer supporta infatti i migranti nell’inserimento sociale in un territorio non sempre facile come quello altoatesino. Il tutto senza associazioni alle spalle, senza etichette e vanterie, ma con fare asciutto e concreto, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Per capire il suo approccio nell’impegno sociale iniziamo l’intervista parlando del suo lavoro di fotografo.

Tu non ami esporre nei musei e nelle gallerie, ma nelle strade, tra le persone. Come mai?

Io credo che l’arte nello spazio pubblico possa avere più effetti di quella presentata dentro gli spazi “sacri” di un museo o di una galleria, che poi sono frequentati sempre dalle stesse persone. Faccio un esempio concreto: all’Università di Bolzano c’è stato un convegno sui senzatetto e per l’occasione mi avevano chiesto di esporre dei miei lavori in cui avevo fotografato, appunto, dei senzatetto. Il paradosso è stato che la security non li ha fatti passare, le persone ritratte nelle fotografie non avevano il permesso di entrare… è così che nascono delle frizioni, delle irritazioni…

Irritazioni che per te sono importanti.

Si, voglio smuovere qualcosa, provocare…nella fotografia non mi interessano un bel tramonto o un panorama montano, ma quello che normalmente non appartiene all’immagine dell’Alto Adige-Südtirol e della percezione comune, come ad es. i ripari di fortuna e le tende di chi vive per strada o sotto un ponte. Cose che non si vogliono mostrare perché disturbano la bella immagine della nostra bella città nel nostro bell’Alto Adige.

“WIR draußen_NOI fuori”, mostra fotografica alla Libera Università di Bolzano, 2019 © Ludwig Thalheimer

Una percezione comune che va rovesciata, quindi.

Si, ad esempio nel progetto “WIR draußen_NOI_fuori” ho ritratto le persone che vivono in strada a Bolzano, ma li ho fotografati nel mio studio: non voglio dargli la visibilità che tutti si aspettano, scattando foto in giro al parco stazione e per la strada.

E sono venuti nel tuo studio? Come hai fatto a convincerli?

È una domanda che mi fanno spesso, ma in realtà basta parlare normalmente con le persone, sono contenti se qualcuno gli rivolge la parola, è quasi una rivelazione…

Da anni ti interessi per lo spazio pubblico a Bolzano: come è cambiato?

Come nel resto del mondo, anche a Bolzano abbiamo molta più immigrazione e richiedenti asilo, la società si allarga… e tutto questo ha un effetto sulle persone, in particolare l’insicurezza percepita è aumentata nonostante le statistiche oggettive non lo testimoniano. E si comincia a parlare di daspo e decoro etc. perché qui è importante solo la superficie bella pulita e si ha poca empatia per i destini delle altre persone.

A proposito, negli ultimi tempi c’è stata un’escalation nella percezione dell’insicurezza e nella “repressione”.

In parte dovuta ad un certo populismo che “trova” i problemi e così veniamo inondati da notizie che non hanno senso. Molti si lasciano contagiare da questo effetto panico, siamo arrivati al punto che molti miei conoscenti si meravigliano se gli dico che sono andato a piedi da via Bottai a via Rosmini alle otto di sera senza problemi di accoltellamenti.

Cosa si potrebbe fare?

La mia esperienza mi dice che wie man in den Wald hineinruft so schallt es heraus (chi semina vento raccoglie tempesta, ndr) e io dico se vai incontro alle persone in maniera ostile questo genera ostilità, da aggressione nasce aggressione.

E invece proprio con i migranti provi a scardinare certi meccanismi…

Si, mi interessa come loro vedono il nostro territorio, ad esempio tempo fa ho fatto un progetto con casa Aaron dove vivevano 130 migranti, ai Bagni di Zolfo, la condizione era che gli ospiti uscissero a fotografare la città ed interagissero con il territorio, perché invece l’intenzione della Caritas che gestiva la struttura– e su questo punto sono critico- era di farli uscire il meno possibile per evitare problemi. Ma è solo facendoli entrare in contatto con la società che si arriva ad una certa comprensione e non tenendoli in un ghetto.


Ludwig Thalheimer, autoritratto © Ludwig Thalheimer

Oltre ai progetti fotografici, hai aiutato e aiuti concretamente moltissimi migranti a trovare lavoro e inserirsi.

Si, si sparge la voce, ma raccomando solo chi conosco personalmente, se lavorano bene aprono le porte per altri, ci sono ditte che ne hanno presi anche più di venti. Gli dico sempre “avete una grande responsabilità, se uno di voi fa male chiude la porta a tutti gli altri”.

Il tuo supporto arriva anche per la ricerca della casa in una città non facile come Bolzano.

Si, con la casa è più difficile, io stesso ho affittato a persone del Bangladesh e del Ghana e non è facile, nel condominio si creano delle tensioni, ma non mi lascio dettare dagli altri a chi affittare casa mia.

Eppure, ci sono barriere e differenze culturali, a cominciare dal mangiare…

Che sono una ricchezza, se si va a Monaco e si mangia vietnamita è ok perché in una metropoli si fa così, si mangia etnico, ma se nel condominio c’è una famiglia del Pakistan scatta la ribellione perché dicono che cucina diversamente e gli odori etc.

Progetto „Obdachlos in Bozen / Senzatetto a Bolzano, 2020–2021“, affissione nello spazio pubblico al Parco della Stazione a Bolzano 
© Ludwig Thalheimer

Ti sei spinto anche a cercare le tende dei senzatetto lungo il fiume, ci saranno stati momenti pericolosi o quantomeno difficili.

Il mio interesse è più grande della paura e sono sempre stato sorpreso in maniera positiva. Sono andato a trovarli regolarmente, mi hanno offerto da mangiare, mi hanno cucinato il couscous e mi ha colpito molto il fatto che loro, pur non avendo nulla, mi accogliessero con un’ospitalità che noi non gli diamo… in Alto Adige preferiamo un altro tipo di ospiti, quelli con il portafoglio gonfio, i turisti.

Questi incontri ti hanno cambiato?

Sì, sicuramente, ricevo molto da queste persone perché noto come quanto noi possiamo imparare da chi altrimenti giudichiamo. Sono stato in giro per il mondo nei miei viaggi e vedi che la gente che non ha nulla balla e ride e qui da noi conosco gente ricca da far paura che tutto il giorno sta con un muso così, non li vedi mai ridere, sempre di malumore e penso – be’, c’è qualcosa che non va qui da noi.

Cosa non va qui in Alto Adige-Südtirol?

C’è un benessere che è cresciuto molto in fretta e ha un certo effetto sulle persone, attraverso spesso il territorio e cerco di osservare con occhi aperti l’Alto Adige, noto un certo esaurimento… un esempio classico è il settore turistico con gli albergatori e questo continuo sorriso sulle labbra “freundlich freundlich freundlich” anche se l’ospite ti dà sui nervi… vai a mille tutto l’anno, poi a stagione finita sei esaurito, ne conosco diversi che finiscono con gli psicofarmaci o alcolizzati.

A proposito di limiti, anche aiutare gli altri può stancare…

Certamente, bisogna mettere confini ed è un po’ come con i figli, bisogna lasciarli andare. E poi a stancare c’è la burocrazia.

Burocrazia che non aiuta.

Si, supporto molti nella semplice dichiarazione di residenza per il Comune di Bolzano: procedura complicata con 15 fogli pdf da compilare online, che ti può tornare indietro come “irricevibile” per cinque volte per questa o quella casella su cui non si dovevano fare due croci, ma solo una – peccato che non sia indicato da nessuna parte, e molto va a discrezione dell’impiegato che trovi di turno. È complicato per me che ho tutta la formazione e gli strumenti possibili, figuriamoci per chi è straniero e senza mezzi.

Prossimo progetto in cantiere?

Sto lavorando agli autisti dei tir, che nei fine settimana sono obbligati a fermarsi – li vado a trovare nei parcheggi di Bolzano Sud, a Vipiteno nel parcheggio Sadobre o a Trento Nord. Si parla sempre del problema del traffico pesante dietro a cui ci sono anche questi lavoratori, per la stragrande maggioranza stranieri con storie durissime alle spalle e famiglie lontane- c’è tutta una nuova generazione che arriva dallo Sri Lanka, dalle Filippine, Pakistan, Nepal, India. Sono lavoratori a buon mercato per le ditte di trasporti che fanno fatturati miliardari. Questi sono i “mondi paralleli “che mi interessano.

Di formazione architetto, Ludwig Thalheimer, originario di Bolzano, è un rinomato fotografo con una lunga esperienza anche nella grafica, nel design e nella progettazione di interni. Per i suoi progetti ha ricevuto diversi riconoscimenti internazionali.

Caterina Longo

Immagine in apertura: Gloria, Denis, Andrej, dal progetto “WIR draußen_NOI fuori” (2019) © Ludwig Thalheimer

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