Le cinquantenni di oggi "schiacciate" tra figli adolescenti e menopausa. Intervista a Laura Turuani

Bolzano. Figli adolescenti, genitori anziani, lavoro, menopausa che incombe e molto ancora: per le donne di oggi alla soglia dei cinquant’anni sentirsi “schiacciate” è una condizione permanente, che Laura Turuani ha saputo raccontare alla perfezione nel suo libro, intitolato, appunto, “Le schiacciate. Vivere i cinquant’anni a testa alta tra lavoro, figli adolescenti e genitori anziani” (Solferino, 2024). La psicoterapeuta sarà a Bolzano sabato 28 settembre alla Nuova Libreria Cappelli per presentare il volume in un incontro moderato da Sara Ferrazzi (ore 18, ingresso libero). Abbiamo quindi colto l’occasione per raggiungerla al telefono e farci raccontare meglio chi sono le schiacciate.

Nel suo libro fotografa con una precisione a mio avviso millimetrica la situazione -emotiva, fisica, di vita- di una generazione di donne accomunate trasversalmente da una serie di tematiche comuni: chi sono le schiacciate e come si differenziano rispetto alle cinquantenni delle generazioni precedenti? In fondo, come lei ricorda, anche in passato la menopausa arrivava alla stessa età di adesso…

Si, ma prima ci arrivava una donna su cinque e ora invece siamo in dieci milioni. Il mio libro parte da un inquadramento sociologico, è una fotografia della generazione X (con cui si definisce chi è nato tra il 1965 e il 1980, ndr) che è un po’ trasparente – si tende a parlare molto di boomer, di giovani e adolescenti e invece la generazione di mezzo avrebbe tanto da dire e raccontare. In particolare, viviamo un allineamento di generazioni che porta ad una congiuntura inedita e irripetibile, a partire dal dato della maternità tardiva: facendo i figli intorno ai 35 anni succede una cosa mai vista prima, ovvero che, quando le madri hanno circa 50 anni e stanno affrontando il periodo della menopausa, che può durare diversi anni, si ritrovano con figli nel pieno dell’adolescenza e genitori anziani sempre meno autonomi.

Non a caso a proposito lei parla di “adolescenza al cubo”.

Si, le donne vivono uno scombussolamento ormonale, come del resto anche gli adolescenti, e il risultato è spesso uno tsunami emotivo casalingo molto complicato da gestire. E poi i cambiamenti non sono solo corporei, ma riguardano una ridefinizione di sé – ci si chiede chi sono io e cosa voglio diventare. Le modificazioni che ci si ritrova ad affrontare sono talmente tante che si ha bisogno di risimbolizzare le parti di sé e capire cosa sta accadendo.

Laura Turuani

Un processo non semplice.

Si, la consapevolezza e la conoscenza aiutano, ma sapere quello che succede può anche spaventare, è una rivoluzione silenziosa che le donne si trovano ad affrontare spesso in una corsa affannosa a voler far tutto e inseguire modelli per essere una buona madre donna amica figlia lavoratrice…

A proposito, un tema molto interessante di cui lei parla nel libro è, tra l’altro, un aspetto del materno e della sua “onnipotenza” che nelle donne di questa generazione sembra essersi esteso a tutti gli altri settori della vita. Non sarà che abbiamo richiesto troppo a noi stesse?

Credo che abbiamo avuto un grande merito, quello di aver messo in luce le falle del sistema e che non possiamo fare tutto da sole… e sì, si potrebbe dire che siamo cascate appieno nel pentolone di Obelix (sorride). Da una parte siamo devote interpreti della società narcisistica che caratterizza il mondo odierno, prestazionale, competitivo, siamo votate al perfezionismo. A questo si è assommato l’elemento della cura, del materno, come un’attitudine estesa a tutti gli ambiti -come cura delle relazioni, cura del corpo, cura dei figli, dei genitori, del lavoro, insomma da multitasking. Ed è un aspetto peculiare, il codice della cura porta con sé questa commistione, da una parte l’onnipotenza, fare tutto e farlo bene, anticipare bisogni ed essere risolutrici e al contempo il senso di colpa che ci attanaglia.

Una cura che quindi si rivela un’arma a doppio taglio?

Si, ci nutriamo di onnipotenza e ci ammaliamo di senso di colpa. Se la vogliamo guardare dal profondo, a cominciare dal parto la cura primaria e l’aspetto materno contengono l’onnipotenza perché diamo la vita, ma l’altro lato della medaglia è il senso di colpa quando facciamo tentativi di allontanamento…è un dilemma che spesso attanagli il femminile.

Un femminile e un materno diverso rispetto al passato.

Le donne di oggi si contraddistinguono per un materno che arriva su un progetto esistenziale più ampio e complesso, perché si è investito prima in altre aree della vita in cui si è messo anche molto impegno. I figli oggi sono oggetto di grandissima dedizione e aspettative, la mamma di oggi che ha il dilemma della paura di abbandonare il figlio per il lavoro è una mamma arrivata molto più ambiziosamente presente di altre generazioni – tiene una regia interna pazzesca, per cui se non è presente fisicamente lo è in maniera molto forte a livello simbolico.

La copertina del libro di Laura Turuani

Una presenza che poi paga lo scotto dell’adolescenza, però.

Si, grazie anche alla tecnologia le madri di oggi arrivano dappertutto e patiscono molto il periodo in cui i figli chiedono autonomia. E’ come se avessero la presuntuosa certezza che grazie alla vicinanza che c’è stata prima non ci sia bisogno di separazione da parte dei figli. Si cita spesso la sindrome del nido vuoto, ma qui si va oltre, è come se oggi si facesse una fatica supplettiva, si vive la separazione come un voltafaccia non meritato, e questo è pericoloso.

Perché?

Perché i figli hanno bisogno di separarsi, oggi utilizzano meno l’arma del conflitto, come per altre generazioni, per cui è stato più semplice il distacco. Si passa piuttosto dal bisogno di tollerare lo sguardo deluso dei genitori… rompere con le aspettative è difficile.

Il periodo che lei descrive è segnato per le donne anche da una serie di “lutti” intesi come un dover lasciar andare e accettare il cambiamento del corpo, dei figli che si distaccano, del rapporto con il partner e del lavoro… tra questi, qual è il distacco più difficile da affrontare secondo lei?

Come detto, l’aspetto separativo luttuoso complicato riguardo ai figli è molto presente, poi c’è un altro aspetto dovuto alla società: siamo impigliati in una visione in cui la giovinezza è sintomo di salute e la menopausa può essere uno shock complicato da gestire, perché porta verso l’invecchiamento con l’ombra fantasmatica della morte che viene negata, in una rincorsa costante della giovinezza.

Però in questa fase ci sono anche aspetti positivi…

Si, c’è una maggiore consapevolezza che porta al rallentamento, dopo aver tanto investito ci si chiede cosa ho ottenuto e a cosa ho dovuto rinunciare. Nella mia esperienza il rallentamento sul lavoro è molto ambito, si riescono a mettere più paletti e ridefinire gli spazi e i tempi. In questo le donne sono più capaci, quello lavorativo non è l’unico ruolo che le definisce e fare un disinvestimento viene più facile.

Allargando lo sguardo, come si esce vive dall’essere schiacciate?

L’accettazione dei cambiamenti arriva quando si comprendono e si integrano queste parti nuove, E poi è importante la condivisione e la sorellanza, io ci tengo molto, credo che il gruppo monosessuato femminile sia molto utile, ricco e capace di aiutare a non sentirsi sbagliate, sole e inadeguate. Come il menarca e la maternità, la menopausa è un momento topico della vita di una donna, sono passaggi delicati e difficilissimi da vivere da sole, e, come detto, sono trasformazioni che non riguardano solo il corpo, ma richiedono una ridefinizione del sé ed un grande lavoro psichico. Occorre mettere al servizio della nuova identità tutte le trasformazioni che questo cambiamento porta con sé per renderle risorse e fonte di benessere e non ostacoli.

Caterina Longo

Immagine in apertura: Foto di Pexels da Pixabay

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