Crisi degli alloggi universitari. La micro-casa "tiny house" può essere una soluzione? Intervista a Leonardo Di Chiara

Innovazione. Negli ultimi anni, il continuo aumento dei prezzi delle case e degli affitti ha generato una grave crisi abitativa in diverse città italiane ed europee, colpendo particolarmente gli studenti universitari e i giovani lavoratori. Questo scenario ha spinto così architetti e urbanisti di tutto il mondo a pensare a nuovi modelli abitativi, caratterizzati da un approccio più minimalista e sostenibile. Una delle risposte più interessanti è sicuramente l’esempio della tiny house, abitazione compatta e modulare che offre un’alternativa accessibile e flessibile. Abbiamo intervistato l’architetto e ingegnere italiano Leonardo Di Chiara, noto per il progetto aVOID, la prima micro-casa mobile di solo 9 m², interamente progettata e realizzata in Italia. Leonardo ha condiviso con noi la sua visione sul futuro delle tiny house, analizzandone il loro potenziale e le possibili criticità nel contesto italiano, con particolare attenzione all’Alto Adige.

Come nasce l’idea di una micro-casa mobile? 

Il progetto aVOID nasce come una provocazione di poter costruire dovunque una casa su ruote e poterla spostare liberamente. Durante i miei studi universitari a Bologna sentivo il bisogno di mettere in pratica le mie conoscenze e creare una soluzione abitativa personale. A Berlino, Milano e Bologna, in particolare, la domanda di alloggi è altissima, e la tiny house si presentava come un tentativo di distacco dal mercato tradizionale degli affitti. L’idea era quella di creare una casa piccola, facile da costruire e spostare, liberando così le persone dai vincoli economici e immobiliari. In pratica, questa tiny house su ruote è nata come un esperimento artistico e provocatorio, ma riflette un concetto più ampio di sostenibilità: vivere con meno, ridurre l’impronta ambientale e adattarsi a spazi limitati. Nel 2016 ho anche partecipato alla Tinyhouse University, un’iniziativa nata nel 2016 e fondata dall’architetto Van Bo Le-Mentzel con l’obiettivo di esplorare soluzioni abitative innovative nelle grandi città.

In molte regioni d’Italia, tra cui l’Alto Adige, la crisi abitativa colpisce soprattutto gli studenti universitari. Ritieni che il tuo approccio basato su progetti abitativi modulari e compatti possa offrire una soluzione realistica a questo problema?

Certamente. Il concetto di abitazioni modulari e compatte è una risposta realistica alla crisi abitativa, soprattutto nelle città universitarie. Tuttavia, la tiny house incontra molti ostacoli normativi. Non è facile collocarla ovunque e spesso non risponde ai requisiti edilizi delle aree urbane. In alternativa, i micro-appartamenti, che si ispirano al concetto della tiny house ma sono progettati per l’ambiente urbano, potrebbero rappresentare una soluzione più pratica. Un esempio che ho studiato è il progetto CPH Village a Copenaghen, dove prefabbricati in legno vengono utilizzati per creare villaggi di micro-appartamenti per studenti, con spazi comuni che favoriscono la socialità.

Leonardo Di Chiara nella tiny house. Foto Giacomo Terracciano

Quali vantaggi possono offrire le tiny house rispetto ad altre soluzioni abitative nelle città universitarie?

Le tiny house o i micro-appartamenti hanno vantaggi significativi in termini di sostenibilità e costi. Sono spazi ridotti, quindi richiedono meno materiali per essere costruiti, riducono i consumi energetici e spingono gli abitanti a un utilizzo più razionale delle risorse. Inoltre, la progettazione di spazi piccoli ma funzionali elimina gli sprechi e ottimizza ogni metro quadro, creando abitazioni confortevoli e, allo stesso tempo, economiche, perfette per studenti o giovani lavoratori.

Considerando le esigenze degli studenti, credi che la tiny house possa adattarsi al loro stile di vita e rappresentare una soluzione pratica?

Sì, ma con alcune modifiche. Le tiny house nascono come spazi individuali, che possono portare a un certo isolamento se non integrate in un contesto comunitario. Gli studenti, soprattutto nelle città, hanno bisogno di spazi comuni dove interagire e collaborare. Questo è un aspetto fondamentale che manca nelle tiny house più tradizionali. In diversi progetti europei, come CPH Village a Copenaghen, i piccoli appartamenti sono abbinati a spazi comuni, favorendo l’interazione tra gli abitanti. Un esempio opposto è il progetto Spylitus a Tokyo, dove i micro-appartamenti non dispongono di spazi condivisi, riflettendo un approccio più individualista tipico della cultura giapponese. In ogni caso avere una casa piccola ti porta di più ad uscire e vivere gli spazi, che siano nello stesso edificio oppure che siano nella città attorno a te. Questo può incentivare una maggiore connessione con il tessuto urbano e creare un equilibrio tra vita privata e sociale.

Le micro-case sono spesso considerate soluzioni temporanee e flessibili. Dalla tua esperienza, pensi che possano essere integrate in modo più permanente nella pianificazione urbana?

Si, anche se le micro-case nascono come soluzioni temporanee, c’è un crescente interesse nel renderle parte integrante di progetti urbanistici a lungo termine. Forum Abitare a Milano, ad esempio, sta esplorando l’uso di spazi inutilizzati come i parcheggi per creare abitazioni temporanee e flessibili, con una particolare attenzione anche alla riqualificazione urbana della città. La standardizzazione delle micro-case può portare quindi a soluzioni abitative di qualità elevata, replicabili in modo economico e sostenibile. Inoltre, utilizzare il legno come materiale nell’ambito di questo discorso, può sicuramente funzionare molto bene, in quanto è molto resistente ma allo stesso tempo leggero, offre prestazioni termiche e strutturali ottimali, ed è soprattutto sostenibile.

Credi che il modello delle tiny house possa essere esportabile in Alto Adige? 

L’Alto Adige ha una grande potenzialità in questo campo, essendo una regione già proiettata verso il Nord Europa in termini di edilizia sostenibile, soprattutto grazie all’ampio uso del legno e alle sue imprese locali attive nel settore, ed essendo una regione a statuto speciale, ha la possibilità di sperimentare progetti innovativi. Quindi, con una pianificazione adeguata, il modello delle micro-case può essere non solo adattato ed esportato, ma diventare un esempio virtuoso di sostenibilità.

Arianna Ambrosetti

Immagine in apertura: Leonardo Di Chiara con la tiny house al MAXXI di Roma. Foto Gianluca Fiore

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