Rifiuti tessili: dal primo gennaio scatta l'obbligo di raccolta differenziata. L'Alto Adige è pronto?
Ambiente. Rifiuti tessili, dal primo gennaio 2025 scatta l’obbligo di raccolta differenziata per i paesi dell’Unione Europea. Diventa così effettivo un passo concreto per ridurre l’impatto ambientale del tessile e dell’abbigliamento, che l’UE vorrebbe trasformare, entro il 2050 in un’economia circolare, e non chiusa, come attualmente è.
L’impatto del settore sull’ambiente è pesante: secondo i dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, gli acquisti di prodotti tessili in Europa nel solo 2020 avrebbero generato emissioni di gas serra pari a 121 milioni di tonnellate, mentre solo l’1% dei rifiuti tessili viene riciclata. Nel 2020, i pasi dell’UE avrebbero generato circa 6,95 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, ovvero circa 16 kg pro capite. Di questi, 4,4 kg pro capite sono stati raccolti separatamente per il riutilizzo e il riciclaggio, mentre 11,6 kg pro capite sono finiti nei rifiuti domestici misti.
Secondo il più recente rapporto dell’ Ispra – Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, nel 2022 in Alto Adige sono stati raccolti 4.01 kg tessili pro capite- dato in media, o quasi con quello europeo. Ma cosa cambierà con il primo gennaio 2025 e come si stanno organizzando i due maggiori comuni altoatesini, Bolzano e Merano, rispetto alla legge europea sulla raccolta differenziata dei tessili ?
Se è vero che l’Italia, come altri paesi europei, aveva anticipato i tempi e introdotto l’obbligo di differenziazione già dal 2022, ora l’entrata in vigore della legge si fa più stringente e mirata di fronte ad un panorama che non è ancora ben definito e organizzato. L’obiettivo della legge europea non è semplicemente quello di garantire una raccolta differenziata degli abiti usati-cosa che in parte già avviene- ma far si che che la raccolta sia strutturata anche per un’eventuale preparazione per il riutilizzo e soprattutto per il riciclo.
Come noto, mentre a Bolzano e Merano la raccolta degli abiti usati in buone condizioni, che vengono poi rivenduti, è attiva da anni attraverso gli appositi cassonetti, il discorso cambia per i tessili inutilizzabili, che di fatto finiscono bruciati nell’indifferenziato.
A proposito, su Bolzano la Seab fa sapere che c’è il progetto di avviare una raccolta dedicata che copra anche i tessili non più utilizzabili presso il Centro di Riciclaggio di via Mitterhofer in zona industriale. A causa della mancanza di spazi idonei sufficienti non si sa però quando concretamente verrà aperta la raccolta – finché il problema non sarà risolto si proseguirà quindi come fatto finora: i tessili rotti o sporchi etc. potranno essere gettati nel residuo.
La musica non cambia molto spostandoci all’Azienda Servizi Municipalizzati di Merano. Qui si guarda ad ulteriore step normativo dell’Unione europea che dovrebbe supportare i comuni nella gestione del riciclo dei tessili, ovvero l’introduzione del regime di responsabilità estesa del produttore (EPR – Extended Producer Responsibility) per cui i produttori dovranno farsi carico del fine vita della merce che mettono in circolazione. La nuova disciplina coinvolge tutti i produttori di tessili, inclusi quelli non domestici dall’abbigliamento e accessori alla biancheria da letto, dalle calzature ai prodotti che contengono materiali affini ai tessili come cuoio, pelli ricostituite, gomma o plastica. Si andrebbe quindi verso una riorganizzazione a livello nazionale e la creazione di consorzi di filiera, come già avviene in altri settori merceologici. Insomma, allo stato attuale, anche a Merano, al momento nulla cambierebbe rispetto alle modalità già in uso per il deferimento dei tessili.
In questo quadro, c’è un elemento che complica ulteriormente la situazione: da due anni a questa parte la raccolta degli abiti usati non rende più e rischia di diventare un costo per le casse comunali. Secondo dei rumors, a livello locale si starebbe addirittura valutando di risparmiare sui costi della raccolta eliminando le campane e centralizzando il servizio. La crisi è confermata anche dalla municipalizzata di Merano. “Se fino a due anni fa noi municipalizzate guadagnavamo qualcosa dalla raccolta e rivendita di abiti usati, ora si arriva da 1 Euro a 0 euro a tonnellata in cambio di un servizio che le cooperative fanno per noi. La situazione è così grave che saremo noi a dover pagare loro”, spiega Pietro Norcia, responsabile servizi ambientali dell’ASM di Merano. Gli abiti usati venivano venduti soprattutto in Nordafrica e in Romania, ma, negli ultimi anni il mercato è crollato drasticamente. Un ulteriore segnale è arrivato anche con la cancellazione della classica raccolta di abiti di novembre a Bolzano, che la Caritas ha deciso di non effettuare quest’anno a causa della “saturazione del mercato”. Tra le cause della crisi si additano, da una parte, la complessa situazione geopolitica internazionale, e, dall’altra, la scarsa qualità degli abiti raccolti dal fast fashion e dall’ultra fast fashion. Questi abiti, composti da fibre sintetiche, non solo non trovano collocazione nei canali del riutilizzo, ma nemmeno in quelli del riciclo. Una situazione di “industria al collasso”, come l’ha definita l’associazione europea dei riciclatori EuRIC in una recente nota dell’ottobre scorso, ed in cui riuso e riciclo diventano sempre più complessi e costosi. Ma anche urgenti.
Caterina Longo
Immagine di apertura: Foto Venti3