Casciaro, i primi 60 anni della Galleria: dai tempi mitici di Pasolini agli NFT

Bolzano. “Ricordo un uomo deciso, forte, incredibile. Sempre con la telecamera a spalla. L’ho scarrozzato per tutta la provincia. Le comparse del film erano tutti miei amici!” così Ennio Casciaro ricorda quando aveva fatto da Cicerone a nientedimeno che Pier Paolo Pasolini, che era in Alto Adige per girare il film Il Decameron, uscito nel 1971. Fu proprio il regista, conosciuto attraverso un amico comune, l’artista Giusppe Zigaina, a incoraggiare Casciaro ad aprire in parallelo con quella bolzanina una galleria a Roma in Via Giulia. Fu un luogo speciale, che tra i frequentatori annoverava personaggi come Visconti, Mastroianni, Monica Vitti e Dacia Maraini, solo per citarne alcuni. L’avventura della galleria romana durò sette anni, dal 1971 al 1977. Ma la Galleria Goethe, fondata nel 1964 da Ennio e dalla moglie Ivana a Bolzano, ha appena festeggiato i sessant’anni di attività. Il testimone è passato da tempo al figlio Alessandro Casciaro, che incontriamo insieme ai genitori negli spazi della Galleria che porta il suo nome, ora via in Cappuccini 26a. Siamo circondati dalle opere d’arte della mostra celebrativa “60”, tutti lavori di artisti del territorio e della Mitteleuropa rappresentativi della storia della Galleria (fino al 25 gennaio 2025).
L’anniversario offre l’occasione di sfogliare l’album dei ricordi con Casciaro senior, ripercorrendo qualche momento di un passato per molti versi mitico e, al contempo, guardare al presente e al futuro del mestiere di gallerista insieme ad Alessandro (mentre la cagnetta Molly segue attenta e non perde una virgola della conversazione, distraendosi solo quando entra qualche visitatore).

Ennio Casciaro, lei non ha mai studiato la storia dell’arte sui banchi di scuola…eppure è stato un gallerista di successo. Come riusciva a riconoscere se un’opera d’arte era valida o meno?

Ennio Casciaro: È una cosa che devi sentire, un’emozione… tutta la mia esperienza l’ho fatta a bottega, mi ha aiutato molto l’aver visto fin da giovanissimo migliaia e migliaia di opere da vicino quando lavoravo alla corniceria di Spadari, dove ho iniziato quando avevo quindici anni. E poi l’aver ascoltato i discorsi che si facevano da lui, gli artisti e i personaggi che frequentavano quell’ambiente. Ho capito che era la mia vita.

Ha aperto la prima galleria privata a Bolzano: in interviste passate ha detto che ha iniziato “in una provincia reazionaria in fatto di cultura visiva molto legata al mondo locale…”

EC: Si, ma ho avuto la fortuna di iniziare lavorando con artisti locali che erano i più importanti -come Karl Plattner e Markus Vallazza- e la Galleria ha avuto subito successo. Poi loro mi hanno fatto conoscere altri artisti a livello nazionale e internazionale e si è sviluppata una rete. Ma devo molto a Plattner, che ha avuto un grande peso nella galleria e mi ha aiutato. Oggi non accade più che un artista ti incoraggi a intraprendere un’avventura, lui (indica il figlio) gli artisti deve andarli a scovare.

Lei è cresciuto a Bolzano, ma è originario di Casarano nel Salento, in Puglia. Questo non ha pesato sulle possibilità di inserimento in un ambiente tedesco, negli anni cinquanta?

EC: No, mi hanno accettato anche se non parlato neanche loro lingua. La clientela della Galleria è sempre stata in proporzione con l’80 % di clientela tedesca, forse addirittura il 90%. E poi vede, allora era un tempo diverso, verso la metà-fine anni ’70 c’è stato un momento clou per le gallerie private a Bolzano, ce n’erano almeno sei, sette.

E ora siete rimasti in due, voi e Antonella Cattani. Ad ascoltare i racconti di quando ha iniziato sembra un’epoca d’oro e di possibilità incredibili, per gli affari, ma anche nel trovare i locali a Bolzano e nei rapporti umani…Oggi non è più così.

Alessandro Casciaro: Si, era un altro momento, dopo la guerra c’è un certo ottimismo e improvvisamente un certo benessere economico, esisteva una classe media. E poi c’era l’interesse a mettere in casa un’opera d’arte, era un grande valore e chi non si poteva permettere il pezzo unico non si fermava, ma comprava la grafica, che allora fioriva. E le case si riempivano di opere d’arte.

L’ingresso della Galleria Alessandro Casciaro a Bolzano. Foto courtesy Casciaro

E poi cosa è successo?

È una riflessione complessa, certamente la società è cambiata ed anche il potere d’acquisto è diminuito, ma comunque quelle persone che collezionavano allora non esistono più oggi. Sono arrivate le nuove generazioni, che magari hanno delle collezioni di opere che al 90% non gli interessano. È comprensibile, i gusti sono diversi e si punta ad investire su altro.

Ad esempio?

AC: Be’, i viaggi, le esperienze. Ma c’è anche qualcosa di più preoccupante dal nostro punto di vista nell’approccio all’arte delle nuove e anche delle nuovissime generazioni, che è diverso da quello degli anni ’60-’70. Oggi sono poche le persone che dietro un’opera riconoscono certi valori, l’unicità di un percorso, una storia. Adesso è tutto veloce. La digitalizzazione ha creato un modo di approcciarsi all’arte, un tipo di ragionamento che, secondo me, è profondamente diverso rispetto a quello che si aveva allora.

Cambia il pubblico, quindi.

AC: Si, prima la galleria viveva soprattutto di un pubblico locale, oggi questo non è più possibile. C’è stata un’internazionalizzazione dell’attività, più della metà dei miei clienti viene dall’Europa. Questo grazie alle fiere: che tu sia a New York o Milano o Bolzano oggi devi esserci e la galleria deve investire molte risorse per essere presente. Facciamo sei, sette fiere all’anno, in tutta Europa. Le fiere sono diventate così importanti che si arriva a situazioni paradossali, alcune gallerie rinunciano allo spazio fisico in città e fanno solo le fiere in giro per il mondo.

Interviene la signora Ivana: Però pensi che noi eravamo presenti ad Arte Fiera a Bologna fin dalla prima edizione, con la Galleria Giulia. Mi ricordo che nella stessa fiera vendevano anche delle mortadelle così!

Ma quindi il ruolo delle gallerie oggi si è ridotto ad esser molto più commerciale…

AC: Una volta la Galleria era il fulcro di tutto, la gente veniva per scoprire quello che presentavi, oggi basta un clic per avere tutte le informazioni e tutti viaggiano…non c’è più questa dimensione di presenza sul territorio, a cui noi, però, teniamo molto. Certo, abbiamo un fine economico, ma comunque vogliamo avere un’identità culturale e uno spessore, offrire degli spunti di riflessione, come in questa mostra “60”.

Si sono moltiplicate le fiere, ma anche le case d’asta.

AC: Si, ai tempi di mio padre non esisteva questa concorrenza. Allora c’erano quelle tre, quattro case d’asta rappresentative, oggi ce n’è un’infinità. Anche questo ha a che fare con il cambio generazionale, come dicevo: si ereditano opere a cui, nella maggior parte dei casi, non si è interessati e di cui si ci si vuole liberare. È successo negli ultimi decenni, c’è stata una svalorizzazione di tanti autori e autrici che invece in anni precedenti erano importanti, avevano fatto un percorso anche di mostre istituzionali e vengono “svenduti”.

E poi c’è stata la bolla degli NFT

Come noto, è un certificato digitale, una scelta, invece di comprarmi un Bitcoin mi compro un NFT di un/ un’artista e spero che vada su. Oppure, come è successo, si perdono dei soldi… E comunque chi allora ha investito in questo settore veniva dal mondo delle criptovalute, sono pochissimi i collezionisti tradizionali che hanno fatto questo passaggio. Devo dire che c’è stato un momento in cui tutti siamo stati ammaliati, ma per fortuna non l’ho fatto e sono contento della mia scelta.

Karl Plattner, Vietnam, 1966-67, Olio su tela, 88×160. Il dipinto è esposto nella mostra “60”. Foto Venti3, courtesy Alessandro Casciaro

Nonostante i cambiamenti e le sfide, la Galleria è in forma, tanto che l’anno scorso hai aperto una sede a Venezia, alla Giudecca.

AC: La sede veneziana nasce insieme ad un mio collega di Milano come progetto alternativo, in parallelo alle fiere, in cui ti giochi tutto sul mordi e fuggi in quei pochi giorni di presenza. L’idea è andare a intercettare un pubblico che qui a Bolzano non c’è, ma con un progetto continuativo e di respiro in un luogo straordinario. Ma ci terrei anche ad un’altra cosa.

Prego.

Quattro anni fa abbiamo fondato l’archivio Plattner, su cui stiamo portando avanti un intenso lavoro di ricerca; ci teniamo molto a conservare la memoria e la storia di questo autore, è fondamentale per far sì che non venga dimenticato. Diamo anche l’autentica delle opere gratuitamente. Portiamo avanti un programma e contiamo di arrivare a pubblicare un catalogo ragionato.

Ultime domande: Ennio, ma lei viene ancora in Galleria?

EC: Certo, tutti i giorni, dove andare sennò? Ogni tanto c’è bisogno della memoria di un vecchio come me (sorride).

Alessandro, spesso nei passaggi generazionali ci sono diversità di vedute…non ci sono mai stati dissapori o bisticci?

AC: (ride bonario guardando il padre) si, qualche volta, ma più in passato, mi diceva: “peggio per te!”.

Caterina Longo

Immagine in apertura: da sx Alessandro Casciaro, Ennio ed Ivana Casciaro (e Molly). Foto Venti3

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