
Gli attentati, l'arte, la qualità della vita. Andrea Lissoni, direttore della Haus der Kunst racconta Monaco di Baviera
“E’ inimmaginabile, tutto sembra senza senso, bizzarro… non è mancata però una risposta solida e consistente da parte della gente, che mi ha commosso, non ho mai visto un paese così altamente coinvolto nel rivendicare i valori della democrazia e con una capacità di organizzare manifestazioni pacifiche nel giro di tre ore” così ci ha risposto Andrea Lissoni, direttore artistico della Haus der Kunst di Monaco, a proposito dell’attentato che ha colpito la città il 13 febbraio scorso. Capitale della Baviera e terza città più grande della Germania dopo Berlino e Amburgo, Monaco conta oltre 1.500.000 abitanti ed è il secondo centro finanziario tedesco dopo Francoforte. Oltre a essere famosa tra molti italiani per la celebre Oktoberfest, si distingue per il suo equilibrio tra tradizione e innovazione, incarnato nel celebre binomio “Lederhosen e Laptop”. Abbiamo cercato di capire insieme ad Andrea Lissoni se e quanto la recente crisi economica e i venti di destra stiano turbando gli equilibri della città sull’Isar partendo dalla sua esperienza alla Haus der Kunst, che dirige dal 2020. In precedenza Lissoni è stato, tra l’altro, Senior Curator International Art (Film) alla Tate Modern di Londra e curatore di PirelliHangarBicocca a Milano. La Haus der Kunst è oggi uno dei più importanti centri per l’arte contemporanea a livello internazionale, ospitato in un edificio monumentale inaugurato dal regime nazista nel 1937, e quindi da un’eredità storica complessa e pesante.
Durante la pandemia si era fatto ritrarre con i piedi dell’acqua e aveva parlato di una condizione di drifting…allo stesso tempo aveva sentito un incredibile potenziale energetico nei ragazzi che facevano surf vicino al museo, nell’Eisbachwelle. Come va, è riuscito a portare la forza di rinnovamento dentro le severe mura dell’Haus der Kunst?
Sta andando meglio di quello che ci saremmo aspettati, continuiamo verso una visione polimorfica, che vede la Haus der Kunst più che come un museo, come un grande centro che ha rilevanza per la società locale, un luogo di incontro e di produzione di contenuti, in cui è importante esserci e fare cose insieme. È un percorso in cui abbiamo gettato una serie di semi attraverso il programma e che continuerà a manifestarsi in modo esplicito. Ad esempio, per la prossima mostra estiva For Children l’artista Koo Jeong A sta progettando una scultura che può essere percorsa dagli skateboarder e che apre l’edificio verso l’Eisbach e l’Englischer Garten – un modo per connettere le comunità intorno al museo, gli skater frequentavano la terrazza già negli anni ‘90, prima che subentrassero proibizioni… poi se ci chiede i numeri dei visitatori, sono quelli più alti da sempre dalla storia della Haus der Kunst.
So che non ama dare cifre…
Non siamo proni a dichiarare i numeri perché possono generare aspettative e pressioni, ed occorre disarticolare tra visitatori totali e paganti – un progetto come quello di Martino Gamper ha fatto entrare persone in quantitativi importanti… comunque, nel 2024 abbiamo avuto 440mila visitatori. È un riconoscimento del valore e del lavoro che stiamo facendo e non possiamo che esserne felici.
Insomma, la Haus der Kunst gode di buona salute, ma non possiamo dire lo stesso della Germania. A cominciare, banalmente, dalle ferrovie che non sono più quelle che erano …
I treni sono un buon esempio, al contrario di quello che è successo in Italia c’è stato un blocco di investimenti sull’infrastruttura e ora se ne pagano le conseguenze. Ma nei tedeschi vedo più ironia che disperazione – bisogna dire, però, che non sono penalizzati i servizi di base e il pendolarismo, mentre rimane se prendi un treno per andare da Monaco a Berlino non sai se ci impiegherai tre ore e mezza o cinque.
Andrea Lissoni, foto Andrea Rossetti, courtesy Haus der Kunst
Eppure, la crisi c’è, a livello economico e non solo.
Per quanto riguarda la crisi, personalmente anch’io mi sono fatto condizionare dai giornali internazionali, ma per essere onesti credo ci sia troppa esasperazione. Nella mia esperienza non si percepisce in nessun modo una crisi drammatica, certo ci sono investimenti energetici da ripensare e il paese è caro, ma anche la qualità di vita è alta, lo dico rispetto ad altre città in cui ho vissuto come Milano o Londra dove vedi che innalzarsi le soglie di accattonaggio e la povertà per strada. In Germania, nonostante tutto, e qui in Baviera in particolare, il conflitto sociale è ridotto, è stato fatto un lavoro di integrazione straordinario. Insomma, non sono pessimista, rimane grande fiducia in uno stato che ha trainato l’Europa per decenni, e su cui abbiamo potuto contare, anche da una prospettiva italiana.
Negli ultimi mesi ci sono stati diversi attentati che hanno scosso l’opinione pubblica, tra cui uno proprio a Monaco.
Si, c’è stata un’inesplicabile sequenza di attentati, è inimmaginabile, tutto sembra senza senso, bizzarro… non è mancata però una risposta solida e consistente da parte della gente, che mi ha commosso, non ho mai visto un paese cosi altamente coinvolto nel rivendicare i valori della democrazia e con una capacità di organizzare manifestazioni fulminee e pacifiche nel giro di tre ore, come è successo recentemente a Theresienwiese, si parla di oltre 200mila partecipanti che erano lì per dimostrare di essere uniti tra tutte le generazioni.
È innegabile però che la destra stia avanzando.
Certo, la Baviera è una bolla e il discorso AfD arriva mitigato, ma quello che ha preoccupato tutti è questo indiscriminata tenaglia che si sta generando tra oligarchie statunitensi legate alla nuova presidenza e non e i sistemi di condizionamento che ci sono familiari da parte del regime putiniano che sono intervenuti in molti momenti pre-elettorali. E queste tenaglie sembrano stringersi, con la Germania a fungere da campo di operazione…
Impossibile insomma non notare i legami con la politica internazionale…
Io non amo molto parlare degli Stati Uniti perché avendo a che fare con l’arte ci si rende conto che l’influsso del sistema di mercato continua ad essere di riferimento. Credo sia importante guardare all’Europa e a cosa ci rende diversi, uniti, speciali -e anche solidi- nella fragilità.
A proposito di Europa, non so se condivide la sensazione, ma è come se valori e certezze che abbiamo dato per scontati da generazioni venissero messi in dubbio, anche con tentativi di destabilizzazione… rileggendo il Il mondo di ieri di Stefan Zweig i parallelismi sono inquietanti…
Si, la percepiamo a molti livelli anche nell’arte, c’è una forte polarizzazione nei social media in una specifica generazione dopo il 7 ottobre, e c’è la percezione di una Germania iperpolarizzata – come non associare questo ad una forma intenzionale di destabilizzazione? Sono abbastanza convinto che ci sia a vari livelli, e che porta a rendere quelle solidità storiche più incerte e più fragili. Dall’atra parte è anche vero che, paradossalmente, il grande processo di riunificazione di due paesi divisi da tempo è stato per la Germania una sfida più grande anche dell’assorbimento delle onde migratorie …e quella rimane la componente più fragile, come dimostra l’avanzata della destra in Turingia.
Tornando a Monaco, che è una città ad alto tasso di migrazione, come sta rispondendo la città agli ultimi avvenimenti?
Parlando dall’esperienza quotidiana al museo, avevamo organizzato un concerto live di Pussy Riot a all’interno della mostra Echoes. Plot Twist a cui hanno partecipato 1000 persone e ci immaginavano situazioni di tensione, ma in realtà abbiamo fatto l’esperienza di un senso di comunità lontano da ogni vandalismo. Da come il pubblico reagisce e comunica abbiamo l’impressione che i luoghi della cultura siano dei “safe place” in cui ti senti accolto- come del resto la Baviera. Vorrei però aggiungere una cosa.
Prego.
Il progetto Sitzung che abbiamo realizzato con Martino Gamper nella Mittelhalle, l’intuizione di generare questo spazio con un gruppo di sedie e utilizzarle per assemblee temporanee e cerchi è la migliore metafora della mia percezione dello stato attuale e anche politico: un costante riconfigurarsi e cercare di capire, un bisogno del discorso e confronto…io non sento estremismi, ma sento più il timore, la paura della caduta del muro storico di difesa della democrazia, con una grande diffidenza negli ambienti democratici verso intrusioni che sono artificiali. Certo, è possibile che avendo a che fare con l’arte e la cultura io abbia delle prospettive “dolci”.
Uno dei temi caldi a Monaco è sempre stato quello del caro alloggi, molto prima che lo diventasse per le altre città…
Monaco è una città cara, ma non sconvolgentemente cara in relazione alla qualità della vita e a quello che offre, ai servizi e all’offerta culturale – una cosa che non si percepisce allo stesso modo nelle città italiane. Anche rispetto alla casa, direi che non c’è un’emergenza e non ci sono state forme di proteste evidente come a Bologna…c’è una grande cultura dell’ospitarsi – tutti i nostri collaboratori e collaboratrici riescono a cavarsela con situazioni di una stanza in condivisione sui 650-700 euro, certo per le famiglie ci sono soglie più alte.
Prima ha parlato del museo e delle istituzioni culturali come “safe place”… che ruolo possono avere?
Quello che è accaduto è che la realtà ci ha sopraffatto, con emergenze – catastrofi, eventi climatici, sommovimenti sociali, attentati, … – che ci circondano e accadono tutte allo stesso momento in tutto il pianeta, sempre più vicino se non in casa… credo che dobbiamo cercare di uscire dalla logica della reazione e dell’interventismo immediato e guardare a quelle artiste e artisti che lavorano sul futuro, verso forme di conoscenza, di incontro, ma anche di meraviglia e non di sola illustrazione delle emergenze.
Considerato tutto lei sembra però soddisfatto di vivere in una città come Monaco.
Non andrei via per nulla al mondo, c’è un’accoglienza e uno stato culturale straordinario che a Berlino non esiste, come mi confermano anche i miei colleghi. E poi c’è un oggettivo impatto immediato del proprio lavoro sul territorio, anche nella banale constatazione di come cambiano le opere dei ragazzi dell’Accademia negli anni, in cui si sente l’influenza delle mostre che facciamo – da Joan Jonas a Philippe Parreno-. Sento una vera sete e voglia di trasformare attivando le future forze creative e produttive della società. E sono felice di essere qui e continuare il lavoro iniziato.
Andrea Lissoni (Milano, 1970) è direttore artistico della Haus der Kunst dall’aprile 2020.
Caterina Longo
Immagine in apertura: Mel Bochner. The Joys of Yiddish. Retro della facciata esterna della Haus der Kunst di Monaco.
Foto: Maximilian Geuter