
Il carcere di Bolzano (e la sua utilità)
(Qui la prima parte)
Per affrontare la questione carcere, potrebbe essere utile sgombrare il campo dall’idea che la tanto invocata galera serva a spaventare chi intenda commettere un reato. Come brillantemente sintetizzato dallo scrittore e drammaturgo Karl Kraus : “Le pene servono a spaventare coloro che non vogliono commettere peccati”.
Lo confermano anche gli operatori del carcere di Bolzano: la maggior parte di spacciatori e criminali comuni detenuti nel capoluogo altoatesino, il carcere viene tranquillamente messo in conto e c’è persino chi si fa arrestare nei mesi più freddi dell’anno calcolando in anticipo quale reato commettere per non dover restare a dormire all’aperto e rischiare i frequenti sgomberi. Meglio ripararsi al caldo di una cella.
Ma un punto appare più importante, la detenzione aiuta a riportare i “rei” sulla retta via? Riesce a impedire che, una volta usciti, tornino a commettere reati?
In Italia pare di no. Nel nostro paese il tasso di recidiva, ovvero il numero di coloro che dopo aver commesso un reato vengono nuovamente arrestati detenuti per un nuovo reato, è sconfortante. In Europa il dato varia tra il 15 e il 20%, circa, in Francia, per esempio, è al 17,5%, in Italia è al 68,7%.
Ora, pur considerando la difficoltà nel comparare dati di questo genere tra vari paesi, i numeri italiani appaiono decisamente preoccupanti, innanzitutto perché mostrano come due detenuti su tre, una volta usciti dal carcere tornino a delinquere contro l’1 su 5 del resto d’Europa.
Un discorso a parte meriterebbe anche la valutazione del tipo di reati compiuti da chi torna a delinquere, perché fin troppo spesso la detenzione rischia di trasformarsi in un “master di criminalità” in grado di fornire relazioni, “corsi” e “skills” utili a un “upgrade” nella carriera criminale di chi è detenuto.
A Bolzano, dove il rischio di entrare in contatto con esponenti della criminalità organizzata è minore che altrove, si nota, invece, l’ampia percentuale di detenuti con dipendenza da droghe o alcol e di “senza fissa dimora”, persone che, quindi, faticano ad avvalersi di misure alternative al carcere. Per esempio, come si possono concedere i “domiciliari” a chi è privo di un’abitazione? In molti casi, quindi, un servizio sociale adeguato potrebbe occuparsi di queste persone molto più efficacemente di un carcere che, per altro, costa alla comunità molto più di un sussidio di disoccupazione, dell’”emergenza freddo” o di un servizio di assistenza per le dipendenze. Senza dimenticare che la detenzione costa ai contribuenti molto più di un sussidio di disoccupazione.
Il tasso di recidiva per chi può avvalersi di misure alternative al carcere è, infatti, decisamente più basso ulteriore dato a dimostrazione della reale efficacia del carcere.
Il contrasto alle dipendenze e l’aiuto all’inserimento nel mondo del lavoro può essere realizzato anche in carcere, ma serve il necessario interesse.
A Bolzano, invece, né il Comune né la Provincia, nonostante le promesse, hanno nominato un garante dei detenuti per chi è ospitato in un carcere che gli stessi amministratori pubblici locali definiscono una vergogna. Segnale evidente di quanto il carcere, simbolo delle politiche sulla sicurezza, luogo ritenuto fondamentale per evitare che i reati si ripetano, risulti di scarso interesse per la classe politica locale e nazionale.
Nel frattempo, la costruzione del nuovo carcere di Bolzano è uscita dagli orizzonti e il vecchio è in questa situazione: “107 persone detenute a fronte degli 88 posti regolamentari. La struttura carceraria, che si trova in città, risale a fine 1800 e porta tutti i segni di un vecchio edificio. Non ci sono attività lavorative se non quelle interne, alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, né sono attivi corsi di formazione professionale”. (Rapporto Antigone)
Nonostante l’impegno del direttore e degli operatori presenti, la casa circondariale di Bolzano resta, quindi, priva degli spazi e delle strutture che permettano la necessaria inversione di rotta, quella che permetterebbe a una persona senza fissa dimora, a un tossicodipendente o a un disoccupato di avere un’alternativa al crimine una volta uscito. Inoltre, i detenuti che sovraffollano il carcere di Bolzano non hanno bisogno di corsi teorici, di slides o libri di testo, ma di spazi in cui poter imparare un mestiere in maniera pratica, mentre mancano anche quelli per un’“ora d’aria” decente.
In un contesto in cui non vengono realizzati percorsi che permettano a chi ha commesso un crimine di avere una reale alternativa per il reinserimento sociale, si finisce per lasciare ampio spazio ai “docenti” del “master di criminalità” e gli arresti finiscono per peggiorare la situazione invece di migliorarla.
A Bolzano, l’aumento degli arresti ha avuto anche un altro effetto collaterale, spingendo il carcere a “chiudere” nelle ore notturne. Nel carcere di Bolzano, infatti, chi viene arrestato viene classicamente sbattuto in cella, senza la “divisa d’ordinanza” che siamo abituati a vedere nei film di Hollywood. Dalle nostre parti si devono spesso arrangiare con quello che indossano al momento dell’arresto fino al primo incontro con le associazioni di volontariato che forniscono il cambio degli abiti.
Questo ha evidenti ripercussioni dal punto di vista igienico, si veda la non casuale epidemia di scabbia registrata nel 2024. A questi effetti vanno aggiunti quelli sulla gestione del personale e dell’”ordine” all’interno delle celle. L’arrivo notturno di un detenuto in un carcere sovraffollato, soprattutto se ha abusato di droghe e/o alcol, è tutt’altro che semplice, nel migliore dei casi si limita a svegliare e importunare i compagni di cella, ma spesso ha effetti più ampi e dannosi.
Per questa serie di motivi si è giunti alla decisione di “chiudere” il carcere di notte e le forze dell’ordine sono state costrette a riaprire le camere di sicurezza in caserma, con effetti che potrebbe essere interessante analizzare.
Per chiudere, andrebbe analizzato in profondità come la sicurezza si sia trasformata in un’ossessione per molti cittadini di Bolzano. Riguardo alla percezione del problema, non sono da escludere gli effetti causati da certi media e partiti che “speculano” sulla paura per puro interesse privato: i furti che sono diventati rapine, le molestie sessuali trasformate in stupri e le risse tra ubriachi descritte come aggressioni. Da valutare anche gli effetti dei quotidiani comunicati stampa di tutte le forze dell’ordine che non sembrano contribuire a migliorare il senso di sicurezza. (La questione l’avevamo già affrontata qui). Tutto questo contribuisce ad aumentare la paura di uscire di casa nelle ore notturne con il conseguente abbandono di molti spazi pubblici che restano deserti, aumentando così il senso di insicurezza e lasciando campo libero ad attività meno lecite.
Chi girasse per il centro di Bolzano dopo le 21, anche il venerdì e il sabato, troverebbe strade e piazza spesso deserte, con l’unica eccezione di piazza delle Erbe, presidiata da auto e agenti di tutte le forze dell’ordine: polizia, carabinieri, vigili urbani, Guardia di Finanza e persino dall’esercito.
E’ questo “lo stile di vita” che si intende promuovere in una città turistica? La “dolce vita” ce la ricordavamo diversa.
Massimiliano Boschi