Il paradosso del troppo lavoro altoatesino: aziende senza manodopera
La situazione lavorativa è ottima, dunque allarmante. Può sembrare un paradosso ma in realtà non è così. Il lavoro altoatesino veleggia verso l’obiettivo prefissato di piena occupazione ma per le imprese continua la cronica mancanza di forza lavoro: se già tutti hanno un impiego, manca la manodopera. Non solo: il fatto che si trovi facilmente un lavoro scoraggia i giovani a formarsi. Se mancano lavoratori, quindi, figurarsi quelli altamente qualificati dei quali hanno bisogno le aziende. Helmuth Sinn, direttore della ripartizione lavoro, lo ha detto presentando i dati occupazionali: «Soffriamo di una mancanza di lavoratori in quasi tutti i settori». Turismo, agricoltura, industria, tutti accomunati dal problema.
Ma cosa dicono di altro i dati del bollettino lavoro altoatesino? L’assessora Stocker ha esemplificato l’enorme messe di dati riguardanti oltre 70 figure professionali citando, come esempio, la struttura anagrafica che caratterizza la professione medica: «In questo settore – ha detto la Stocker – attualmente, gli uomini sono poco più della metà con il 53%, ma mentre la loro età media è di 50 anni quella delle donne si aggira intorno ai 43 anni e quindi nel prossimo futuro in questo settore il rapporto tra i generi è destinato a capovolgersi. È importante dunque che ci confrontiamo per tempo con le conseguenze di questa trasformazione e teniamo quindi conto di fattori importanti come la conciliazione tra famiglia e lavoro».
Sempre in relazione al rapporto tra i generi nei vari settori occupazionali si può rilevare, sulla base dei dati resi noti, che solo in pochi ambiti vi è un rapporto equilibrato tra uomini e donne. Un terzo degli uomini, infatti, lavora in ambiti professionali nel quale predomina il genere maschile e dove la presenza femminile si aggira intorno al 10%. Si tratta, nello specifico, del settore produttivo e dei campi di attività tecnico-artigianali. La percentuale di donne che svolge una professione “femminile” è con il 1 4% molto inferiore. Per contro, solo l’1 % degli uomini svolge una professione “femminile” e la stessa percentuale di donne svolge una professione “maschile”. Nell’ambito dei dati non vengono analizzati solamente fattori come il genere, la cittadinanza, la durata dei contratti e l’età bensì vengono rappresentati i singoli settori economici nei quali i vari gruppi professionali operano e ciò lungo un arco temporale di sette anni.
Per quanto riguarda l’età emerge in maniera chiara che i lavoratori nelle professioni artigianali hanno un’età media sensibilmente più bassa. Questo è ascrivibile, in larga parte, alla giovane età in cui si accede a queste professioni attraverso il tradizionale apprendistato e a un passaggio successivo alla professione autonoma. Un’età media superiore caratterizza, con qualche eccezione, i lavoratori delle professioni per le quali è necessario possedere per esempio una laurea. Riguardo ai settori nei quali vi è un’età media particolarmente elevata il direttore dell’Osservatorio del mercato del lavoro, Stefan Luther ha sottolineato che «in linea di principio sono possibili solamente due scenari: la scomparsa di questa specifica attività o la sfida di ripopolare questi settori professionali con forze giovani». Un esempio di questa inversione di tendenza, secondo l’assessora Stocker, è rappresentato dal settore della falegnameria dove sino ad alcuni anni fa vi era una forte crisi ed oggi, al contrario, l’età media degli occupati è di 34 anni. Secondo il direttore della Ripartizione lavoro Helmuth Sinn, «le analisi svolte possono essere estremamente utili per la formazione e l’orientamento professionale. Così come per il mondo dell’economia che attualmente in Alto Adige attraversa auna forte congiuntura positiva. Nel contempo si riscontra la carenza di forza lavoro e soprattutto di personale altamente qualificato».
Dai dati pubblicati dall’Osservatorio del mercato del lavoro emerge che: la maggior parte dei lavoratori è attiva nelle professioni amministrative (quasi 150 persone su 1000), il secondo settore più rappresentato è quello del commercio (con quasi 67 persone su 1000), e le professioni nel settore turistico-alberghiero. In tutti questi settori la percentuale dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato supera il 75%. Le professioni con la percentuale più elevata di dipendenti a tempo indeterminato nel 2016 erano quelle dei forestali (100%), degli stradini (98,2%), e degli impiegati bancari allo sportello (97%). Le figure professionali con la più bassa percentuale di dipendenti a tempo indeterminato sono quelli dei cernitori di frutta (5,3%), degli ausiliari agricoli (7,6%) dei massaggiatori e delle babysitter. Va inoltre sottolineato che queste attività ausiliarie denotano percentuali particolarmente elevate di lavoratori stranieri, per lo più extracomunitari.