Ritmi e scadenze, lavoratori sempre più stressati: codice giallo in Alto Adige

Ritmi di lavoro elevati, scadenze strette e giornate troppo lunghe. La recente indagine di Ewcs (European Working Condition Surveys) pone l’Alto Adige in cima alla classifica dei Paesi oggetto del confronto: Italia, Austria, Germania e Svizzera. Per i carichi da situazioni emotive, la situazione invece è più confortante: nella provincia di Bolzano nemmeno un lavoratore su dieci teme di poter perdere il proprio lavoro entro i prossimi sei mesi – in Italia invece è il 21,1%. Chi siano i soggetti più colpiti e quali conseguenze possano avere i carichi di lavoro psichici, è riportato in dettaglio nello Zoom Ipl.

Sanità e sociale i settori più colpiti

È il settore «sanità e sociale» quello che vede la presenza del maggior numero di fattori di carico psichico. Infatti, nove fattori su undici presentano valori superiori alla media. Seguono l’alberghiero e la ristorazione nonché il manifatturiero, in cui si registrano cinque fattori di carico sopra la media. Il quadro più confortante si delinea all’interno del commercio, dell’amministrazione pubblica e dell’agricoltura. Stress per carichi di lavoro psichici duraturi nel tempo si ripercuotono sia sulle condizioni di salute, sia sul benessere dei collaboratori: le conseguenze sono frustrazione, rendimento altalenante, aumento del numero di giorni di malattia fino ad arrivare al pensionamento anticipato dovuto a inabilità al lavoro. Anche il buon funzionamento dell’azienda in generale viene compromesso.

I risultati selezionati

Gli uomini sono più spesso alle prese con stress dovuti a carichi legati all’intensità del lavoro (scadenze strette, giornate di lavoro di durata eccessiva). Le donne sono invece maggiormente esposte a carichi psichici riconducibili a situazioni emotive. Queste differenze di genere sono in buona parte da ricondurre ad effetti di settore: laddove si è a contatto con le persone sono più frequenti carichi psichici per situazioni emotive. Si tratta proprio dei settori con una forte presenza femminile. Gli occupati giovani presentano tassi di carico psichico più elevati rispetto ai più anziani: questo risultato è riconducibile al cosiddetto “effetto selettivo”, per cui con l’aumentare dell’età rimane attivo nel proprio mestiere (e quindi viene considerato nella presente indagine) solo chi ne è fisicamente e psicologicamente in grado.

I laureati si sentono precari

È interessante notare come il carico emotivo aumenti in funzione del grado d’istruzione. Soprattutto i laureati provano un grado di precarietà del lavoro decisamente maggiore rispetto alle categorie con livello di istruzione inferiore: il 17,6% dei laureati percepisce il rischio di perdere il proprio posto di lavoro nel giro di sei mesi, a differenza del 6,7% delle persone con diploma di istruzione primaria. Il fenomeno di affrontare giornate di lavoro eccessivamente lunghe (superiori alle 10 ore) è più frequente per gli occupati autonomi (42,2%) rispetto ai dipendenti (10,1%). Allo stesso tempo i primi lavorano molto più spesso nel tempo libero (27,4%) rispetto ai secondi (8,8%), mentre risultano più di rado esposti a situazioni a forte carico emotivo durante il lavoro. Gli occupati con contratti a tempo determinato esprimono maggiore preoccupazione in merito al loro lavoro rispetto a quelli a tempo indeterminato. Il 35,8% di loro teme di poter perdere il proprio posto di lavoro nei sei mesi successivi. A titolo informativo: con il 15,5% l’Alto Adige registra il più elevato tasso di occupati a tempo determinato dei paesi mitteleuropei. Questo valore supera anche il dato medio nazionale.

«L’importanza dei carichi psichici»

«In Alto Adige il tema dei carichi psichici del lavoro finora sembra un argomento di importanza secondaria, quasi una questione privata tra colleghi o con il titolare – commenta la presidente di Ipl Christine Pichler -. Dalla ricerca sul lavoro sappiamo ormai molto su cause, effetti e misure di contrasto e prevenzione. Contrastare e prevenire non necessariamente genera ulteriori costi monetari. Infatti, spesso è sufficiente agire sull’organizzazione, sulla partecipazione degli occupati nonché sulla cultura aziendale e dirigenziale»

 

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