In Lussemburgo parlano mescolando tre lingue, noi litighiamo sulla parola Alto Adige: tutta la differenza tra un Granducato e una provincia
Alto Adige Doc: la rubrica che racconta l’Alto Adige lontano dagli stereotipi. Per chi si fosse perso qualche puntata precedente, nessun problema: eccole tutte.
«Abolito il termine Alto Adige, d’ora in poi esisterà solo la Provincia di Bolzano» (la Stampa); «Abolito il termine Alto Adige: chiamatelo solo Sudtirol” (sic!) è polemica». (La Repubblica). Questi sono solo un paio dei «forzatissimi» titoli che la stampa nazionale italiana ha dedicato ad una questione su cui «Alto Adige Innovazione» ha già scritto chiarendo termini del dibattito e contesto. (qui) I titoli citati in precedenza evidenziano solo una parte del pressapochismo con cui i media italiani si occupano dell’Alto Adige/Südtirol. Non mancano quelli che che mostrano ancor meglio la lontananza di molte redazioni centrali da questa parte di mondo: «Trentino, abolito l’Alto Adige ma il Südtirol resta» ha titolato il “Corriere della Sera” nella sua versione online, (titolo modificato in un secondo momento), un titolo molto simile a quello di altre testate online che nemmeno hanno sentito la necessità di modificarlo successivamente. (Si veda gallery).
Un pressapochismo che, invece di creare indignazione, dovrebbe limitarsi a far riflettere sull’effettiva conoscenza che si ha di questo territorio fuori dai confini provinciali. Perché stereotipi, luoghi comuni e imprecisioni non riguardano solo questa terra, ma quasi tutte quelle delle stesse dimensioni e dello stesso (scarso) peso politico. Quanti di noi, per esempio, hanno informazioni precise sul Lussemburgo? Uno stato sovrano che ha poco più della popolazione dell’Alto Adige (600.000 abitanti) ma che è tra i fondatori dell’Unione Europea (che è qualcosa di più dell’Euregio) e che ha espresso il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker. Un territorio che ospita tre enti dell’Unione Europea: “l’Agenzia di approvvigionamentoo di Euratom”, il “Centro di traduzione degli organismi dell’Ue”nonchéè l'”Agenzia esecutiva per i consumatori, la salute, l’agricoltura e la sicurezza alimentare”.
Ecco, l’attenzione mediatica internazionale verso l’Alto Adige può essere paragonabile a quella che si ha per un Lussemburgo più povero e privo di sovranità nazionale, mentre gran parte della stampa italiana preferisce assecondare pregiudizi e luoghi comuni dei propri lettori. Sull’Alto Adige come su molto altro.
Qualcuno ribatterà che la «questione etnica» rende unica la nostra provincia per la sua storia e per le modalità con cui è stata affrontata. Questo, a dire il vero. dovrebbe aumentare il sentimento di disagio invece di diminuirlo. Lo dimostra il già citato Lussemburgo che ha tre lingue ufficiali: il lussemburghese, il francese e tedesco ma, come si legge sul sito dell’Ambasciata del Lussemburgo in Italia: «A causa della posizione culturalmente intermedia del Paese, il lussemburghese è lingua nazionale ma è il francese ad essere utilizzato prevalentemente nei tribunali e nelle comunicazione pubbliche». Inoltre, come precisa Wikipedia: «Il tedesco è molto presente nella stampa, in concomitanza con il francese; è comune per i giornali alternare articoli in francese e articoli in tedesco, senza traduzione».
Tutto questo rende il Lussemburgo simile all’Alto Adige?
Il testo che segue, pubblicato dal sito della Regione Trentino-Alto Adige dovrebbe aiutare a chiarirlo definitivamente: «Secondo le autorità del Granducato non esistono in Lussemburgo né minoranze nazionali né lingue regionali o minoritarie. Tale affermazione corrisponde al vero, ma in un senso del tutto peculiare: non significa infatti che vi si parli solo una lingua ma che non vi si parla mai una lingua sola. Autorevoli indagini ufficiali segnalano che tutti gli abitanti del piccolo stato hanno una seconda lingua d’uso quotidiano e molti (70%) anche una terza. Si registra insomma un diffuso trilinguismo francese, tedesco e lussemburghese. Benché nel 1984 sia stata proclamata come lingua nazionale il lussemburghese (una variante del tedesco francone), le altre lingue possono essere usate in tutti gli ambiti pubblici e, in effetti, lo sono anche più del lussemburghese stesso, evidentemente non ritenuto ancora del tutto adeguato a sofisticati intercorsi amministrativi. La segnaletica è prevalentemente in francese. Lo stato interviene a sostegno dello sviluppo della lingua nazionale tramite un Consiglio ad hoc, senza che la questione linguistica assuma comunque un alto grado di importanza per la popolazione, come si evince anche dalle norme, piuttosto generiche, attualmente in vigore». Evidentemente in Lussemburgo si è preferito un approccio alle comunità linguistiche molto differente da quello sudtirolese, mentre anche le politiche relative a religione ed immigrazione sembrano piuttosto distanti. In Lussemburgo, nel 2017, l’ora di religione è stata sostituita dall’ora “sui valori” incentrata sui temi “della convivenza” dove le religioni (al plurale) vengono “presentate in modo paritario” mentre dal 1980 il governo non può, per legge, raccogliere statistiche su fede e pratiche religiose.
Per quel che riguarda l’immigrazione, il Lussemburgo ha la percentuale di stranieri residenti più alta dell’intera Unione Europea, il 48% (dato gennaio 2018 fonte Eurostat – immagine) e la prima comunità straniera è formata dai portoghesi che sono 100.460 (In Alto Adige la comunità linguistica italiana è formata da 118.000 persone).
Per chiudere il dato più noto: secondo il Fondo Monetario Internazionale, il Lussemburgo è il paese con il Pil Pro capite (nominale) più alto del mondo. Dalle tre alle quattro volte più alto di quello dell’Alto Adige/Südtirol . Il Pil procapite della provincia di Bolzano è comunque il più alto d’Italia e da questo punto di vista non ci si può lamentare, su tutto il resto, invece, si potrebbe auspicare un atteggiamento differente, magari più attento ai cambiamenti in atto nella società e meno alle tradizioni.
Purtroppo, però, le premesse sono pessime.
Nell’attesa di comprendere quanto il dualismo Kompatscher-Achammer sia effettivo e non frutto di un classico “gioco delle parti”, la bacheca del più giovane dei due (L’Obmann ha 14 anni in meno del Landeshauptmann) non può che generare un certo sconforto.
Senza che nessuno glielo chiedesse Philipp Achammer, segretario Svp, assessore all’istruzione e Cultura tedesca, al Diritto allo Studio, al Commercio e Servizi, all’Artigianato, Industria, Lavoro e Integrazione (si spera di non aver dimenticato nulla) si è schierato apertamente contro lo Jus Soli e ancor più decisamente si è gettato a difesa del crocifisso obbligatorio nelle scuole. Tanto da attirarsi gli sfottò della Tageszeitung. Ovviamente, le tradizioni sono importanti, qui addirittura fondanti del tessuto sociale e dell’offerta turistica, ma a forza di guardare indietro, c’è il rischio che il tanto amato letame finisca per coprire anche quell’ombelico che funge da stella polare per molti politici e cittadini di questa terra. Proprio l’eterno dibattito sulla toponomastica ha reso evidente che in quanto a notorietà internazionale, l’Alto Adige si trova a metà strada tra il Liechtenstein e il Lussemburgo.
Ma il primo è un Principato e il secondo un Granducato, mentre l’Alto Adige/Südtirol, come ci si è premurati di spiegare con grande perizia all’Unione Europa, è solo una provincia.
Massimiliano Boschi