“Ma questa è arte?”. I resti di Vaia nelle strade di San Candido
Abeti e larici secolari divelti e abbattuti come stuzzicadenti, sentieri bloccati e legname ancora a terra: dopo le abbondanti nevicate dello scorso novembre, i boschi intorno a San Candido hanno un aspetto tetro, quasi irriconoscibile. Una ferita che continua a sanguinare anche dopo la terribile “tempesta Vaia” che a fine ottobre 2018 ha provocato ingenti danni su tutto il Triveneto, colpendo in particolare le foreste alpine delle Dolomiti. Quegli alberi sradicati e spezzati e quei tronchi oramai marci sono stati posizionati da alcuni giorni nel centro di San Candido. L’opera è dell’artista Luis Seiwald che ne ha voluto fare “una metafora per gli sconvolgimenti a cui la nostra terra è sempre più esposta, a livello locale, ma anche globale”. Davanti all’installazione, tuttavia, alcuni scuotono la testa.
L’arte del provocare
L’arte deve essere una provocazione, deve far riflettere e richiamare l’attenzione sui problemi attuali. Il 51enne artista locale Luis Seiwald, probabilmente, è riuscito a soddisfare tutti e tre gli scopi. La mostra “Wir Erde – Noi Terra” a cura del Comune di San Candido e del Museo della collegiata ha infatti suscitato una discussione animata su più fronti. Ma iniziamo dall’inizio. A quel novembre 2019 quando le forti nevicate hanno provocato smottamenti, slavine e abbattuto migliaia di alberi in tutto l’Alto Adige. Gli esperti stimano che quell’evento meteorologico sia stato più devastante di “Vaia” (che nella regione provocò danni per 400 milioni di euro). Ciò nonostante, l’entità del disastro che ha sconvolto interi paesaggi montani è passata a lungo inosservata: con l’arrivo dell’inverno, della pandemia e del conseguente lockdown, l’attenzione è infatti stata spostata su altre priorità. Solo ora gli addetti stanno lentamente procedendo alla rimozione del legname. Eppure, quella ferita non può essere semplicemente cancellata – dice Seiwald – ma resa visibile a tutti.
Land-art: la natura sfregiata a San Candido
Proprio per questo, in piazza del Magistrato a San Candido l’artista ha voluto esporre quegli alberi affinché nessuno dimentichi ciò che è successo e lo rapporta alla “spaccatura” generata dal coronavirus. Poco lontano, davanti al Convento dei Francescani, l’albero sradicato si trasforma in metafora per le radici della comunità locale, documentate nel museo. Sul terzo sito dell’iniziativa, nel granaio, è invece documentato l’albero genealogico di San Candido. C’è anche spazio per l’arte contemporanea con le percussioni sferiche in ceramica di Barbara Seeber e le installazioni sonore di Manuel Oberkalmsteiner.
Purché se ne parli
Se da una parte gli iniziatori ribadiscono che l’intenzione non era assolutamente quella di provocare ma di far riflettere, e alcuni turisti e residenti salutano l’iniziativa dicendosi “contenti” e persino “commossi” che venga mostrato cosa sta davvero succedendo nei boschi altoatesini, dall’altra c’è chi si chiede “se questa cosa si possa davvero considerare arte”; “se era il caso di portare legname nel centro del paese”.