Livelli essenziali d'assistenza, Alto Adige ultimo in classifica: ecco perché non è una novità

Dopo 9 mesi di emergenza Covid e del relativo flusso ininterrotto di dati sulla pandemia, si può legittimamente essere stanchi di numeri e relative analisi. Il problema è che, soprattutto in Italia, soprattutto in Alto Adige, non possiamo permettercelo.
Perché nella giornata di ieri, 24 novembre, l’Italia ha registrato 853 decessi Covid, (1,4 ogni 100.000 abitanti) la Gran Bretagna 608 (0,91 ogni 100.000 abitanti), la Germania nella stessa giornata 249 (0,3 ogni 100.000 abitanti). In Europa solo la Francia ha fatto registrare un numero di decessi più alto dell’Italia, 1005 (1,5 ogni 100.000 abitanti). Ma in Italia c’è una provincia di 500.000 abitanti, l’Alto Adige, che ieri ha fatto registrare 16 morti, ovvero 3,2 ogni 100.000 abitanti, un dato due volte e mezzo quello già pessimo a livello nazionale, dieci volte quello della Germania. E’ vero, quella di ieri è stata una giornata particolarmente drammatica in Alto Adige, ma negli ultimi quattro giorni  in provincia di Bolzano sono stati registrati 44 decessi, 11 al giorno con un tasso di 2,2 ogni centomila abitanti.

 

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Ognuno può aggiustare questi numeri a proprio piacimento, ma evidenziano una situazione di crisi che il test di massa dello scorso week end non ha (ancora?) migliorato. Il test ha ottenuto due risultati importanti: ha permesso di isolare oltre tremila positivi e, soprattutto, ha permesso al tessuto sociale altoatesino di ricompattarsi, di superare le numerose fratture determinate dall’emergenza Covid e da una gestione non puntale e non ottimale della seconda ondata.

Ma le limitazioni del contagio svolgono, innanzitutto una funzione preventiva, oggi, però, sono in crisi gli ospedali e in particolare le terapie intensive e se non si alleggerisce la pressione su queste, il numero di decessi non calerà in tempi rapidi.
Come ha sottolineato Luca Barbieri in queste pagine: “l’Amministrazione provinciale deve garantire prima di tutto ai suoi cittadini una sanità di livello e un approccio trasparente e aperto alla discussione delle policy pubbliche accantonando un certo paternalismo sinceramente poco tollerabile che sembra voler scaricare su altoatesini e sudtirolesi ogni disguido in cui incorre la gioiosa macchina da guerra provinciale”. Ovviamente si può decidere che le questioni economiche abbiano un’importanza maggiore, ma come si è provato a dimostrare già sei mesi fa, le questioni economiche e quelle relative alla tutela della salute sono strettamente collegate. Far finta che non sia così può anche essere legittimo, ma è una scelta che va fatta esplicitamente assumendosene la responsabilità. Per chiudere, la classifica presentata due giorni fa dall’Istituto Gimbe riguardante  gli adempimenti dei livelli essenziali di assistenza nella Sanità italiana. Al primo posto troviamo l’Emilia Romagna, all’ultimo la Provincia di Bolzano e non è una novità.

Come sottolineato dallo stesso Gimbe: “Per le Regioni considerate inadempienti e sottoposte a Piano di rientro, il Ministero della Salute prevede uno specifico affiancamento, sino al commissariamento, fatta eccezione per quelle non soggette a verifica degli adempimenti: Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta e Province autonome di Trento e di Bolzano”.

Massimiliano Boschi

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