Il manifatturiero traina l'economia italiana: in regione il settore vale il 20% del Pil
I dati parlano chiaro: il settore manifatturiero italiano traina la ripresa, ma sono le piccole imprese a spronare il manifatturiero. Un sistema produttivo, questo, che ha retto bene perfino alla crisi innescata dalla pandemia, confermandosi per il nostro Paese un patrimonio prezioso da tutelare, che in Trentino-Alto Adige vale 60.000 posti di lavoro e il 20% del Pil tra industria e artigianato manifatturiero. Un patrimonio formato nella stragrande maggioranza da imprese artigiane, micro e piccole. “Ragion per cui diventa inderogabile tarare le future misure di politica industriale, spesso invece pensate ‘a taglia unica’ su misura delle grandi. Anche nella nostra regione il manifatturiero deve tornare ad avere un ruolo primario nello sviluppo economico del territorio e delle politiche delle due Province Autonome”, sottolinea il presidente di CNA Trentino-Alto Adige, Claudio Corrarati.
Piccole aziende, ma grandi prestazioni
A testimoniare la centralità del ruolo delle piccole imprese nel sistema produttivo italiano è un’indagine condotta dal Centro studi CNA. Dallo studio emerge che, sulla base dei più recenti dati economici omogenei a disposizione, l’Italia rimane la seconda economia manifatturiera d’Europa, subito dietro la Germania. Tra le grandi economie dei 27 Paesi membri dell’Unione europea, l’Italia presenta la struttura produttiva più estesa e diffusa. Solo limitatamente al segmento delle grandi imprese – oltre i 250 addetti – il nostro Paese ne conta un numero più basso o uguale rispetto alla Germania e alla Francia. Dal punto di vista occupazionale, invece, le grandi imprese assorbono il 60,5% degli addetti in Germania, il 60% circa in Francia e solo il 27,2% nel nostro Paese. La presenza di piccole e piccolissime imprese è quindi preponderante in tutti gli ambiti produttivi del comparto: dai campi più tradizionali, a spiccata vocazione artigiana, a quelli caratterizzati dai processi produttivi maggiormente complessi. In Italia, infatti, su quasi 380mila imprese attive nei comparti manifatturieri il 92,3% sono micro (82% del totale) o piccole (10,3% del totale), organizzate giuridicamente come imprese artigiane nel 63,8% dei casi.
Un invidiabile secondo posto
Il secondo posto europeo dell’Italia per fatturato manifatturiero dimostra come un sistema produttivo frammentato, come quello italiano, non rappresenti necessariamente un ostacolo per competere con successo a livello internazionale. A tal proposito, nel 2018 il valore aggiunto italiano – pari a 246,9 miliardi – ha superato quello francese, di poco superiore ai 241 miliardi. Questo grazie soprattutto alle piccole imprese distribuite sul nostro territorio. In Francia circa 1300 grandi imprese (lo 0,6% del totale) hanno creato il 70,9% del valore aggiunto totale, mentre in Italia un numero di grandi imprese di poco inferiore ha contribuito alla creazione solo del 39,4% del valore aggiunto complessivo. Viceversa, il valore aggiunto creato dalle imprese italiane fino a 50 addetti ha più che doppiato quello realizzato in Francia dalle imprese con la stessa dimensione occupazionale. A dimostrazione che il sistema produttivo italiano può contare su una fitta rete di aziende, piuttosto che su poche grandi imprese.
Dal confronto con la Germania sulla specializzazione produttiva, calcolata dal rapporto tra indici di produttività per addetto, l’Italia esce penalizzata di quasi 20 punti percentuali. Tuttavia, le migliori prestazioni provengono proprio da alcuni settori tradizionali del Made in Italy – come alimentari, bevande, tessile e moda – nei quali è maggiore la presenza di imprese minori per dimensione.
PMI ed export
Le piccole imprese della manifattura contribuiscono all’export complessivo del settore per una quota pari al 15,8% del totale, superando i 20 punti percentuali nelle produzioni in legno che non includono i mobili (43,4%), nelle altre industrie manifatturiere (27,6%), nel tessile (31,1%), nella fabbricazione di mobili (29,4%), nell’abbigliamento (27,3%) e negli alimentari (22,5%). I settori nei quali è maggiormente radicata la presenza delle piccole e medie imprese sono quelli che contribuiscono quasi per intero alla formazione dell’avanzo commerciale dell’intera manifattura. In particolare l’alimentare, il tessile, l’abbigliamento, la pelletteria, la metallurgia e la meccanica.