Giovani da non criminalizzare, la via stretta del buon senso e l'idea di un Naviglio bolzanino
“Ieri sera sono passata per Piazza delle Erbe ed effettivamente sembrava il carnevale di Rio, però puntare il dito automaticamente sui giovani lo trovo scorretto. Ieri sera sì, c’erano molti giovani che facevano a gara a chi ce l’ha più lungo (mi perdoni il francesismo) senza mascherina e giocando a fare gli splendidi, ma ce n’erano anche molti altri che le distanze le hanno mantenute. Oltre i giovani, caro direttore, c’erano anche molti signori di mezza età in atteggiamenti tutt’altro che raccomandabili di cui nessuno si spreca mai a fare un pensiero. Io non sto dicendo che non sia giusto rimproverare chi disobbedisce alle regole ma ieri sera in piazza c’erano tre volanti tra polizia, carabinieri e guardia di finanza che, tralasciando la pressione psicologica del sentirsi in colpa a bere una birra, non hanno fatto chissà quale controllo. Io vorrei solo invitare i cittadini ad avere un occhio più autocritico perché, senza alcuna offesa intesa, del reparto geriatria che cammina a braccetto senza mascherina lungo il Talvera, tanto noi la guerra l’abbiamo fatta, non ne parla mai nessuno. Io capisco la necessità di uscire e rivedersi, io stessa l’ho fatto, ma bisogna anche ragionare su chi puntare il dito prima di sentenziare per forza i giovani. Trovo ridicolo che vengano fermati al Talvera dei ragazzi a distanza che suonano le chitarre e non danno fastidio a nessuno ma non ci siano controlli in piazza erbe dove molti le distanze non le mantengono. Sta all’intelligenza dell’individuo adeguarsi alla situazione ed è giusto punire chi anche nello sgarro mette a rischio la collettività però vi pregherei di non fare una campagna mediatica solo contro i giovani e di mirarla piuttosto sui mentecatti di tutte le età che non sanno stare al mondo. Più che altro perché trovo fastidioso dovermi sentire in colpa quando io, nel mio piccolo, cerco di stare attenta».
Dare la parola ai giovani può sembrare facile, ma non lo è per niente. Perché non si sa bene chi scegliere: chi è davvero rappresentativo? Chi è in grado di capire il taglio di un’inchiesta e non si fa “prendere la mano”? Chi ha davvero voglia di confrontarsi e comunicare con il mondo degli adulti? Chi non ha paura di esporsi? Il dubbio si è sciolto quando mi è stato segnalato un post su Facebook in cui era pubblicata una lettera inviata al direttore di un quotidiano locale. Era il periodo dei lockdown a corrente alternata e una ragazza nemmeno trentenne aveva deciso di pubblicare un post a difesa dei suoi coetanei, esponendosi senza timore e inviando una lettera a un giornale cartaceo. Quale migliore espressione della volontà di essere ascoltata da un mondo diverso dal suo?
L’autrice di quella lettera ripresa all’inizio di questo articolo è Maria Bernardi che, ricontattata, ha accettato di tornare sull’argomento, nonostante si trovi dall’altro capo del paese, a Palermo, per motivi di lavoro. Lo ha fatto dopo una doverosa premessa: «Durante i lockdown non mi sono limitata a protestare o a polemizzare, avevo fatto anche proposte concrete, ho avuto la possibilità di parlare con assessori comunali ma non è cambiato nulla. Forse perché era solo la mia opinione. Mi capita di sentirmi una mosca bianca, mi danno dall’attaccabrighe ma se vogliamo che le cose cambino non possiamo limitarci ad aspettare di andarcene altrove».
Insomma, Maria Bernardi si è schierata a difesa dei giovani, non necessariamente a nome loro: «Io mi sento un cane sciolto, molti miei coetanei mi invitano a lasciar perdere, credono che sia inutile mandare lettere ai giornali o fare post Facebook polemici. Vedono anche loro che a Bolzano esiste un problema relativo agli spazi per i giovani, lo dicono anche, ma non hanno molta voglia di fare davvero qualcosa per cambiare la situazione. Si lamentano, dicono che è una città di vecchi, che non vedono l’ora di andarsene ma si limitano a questo. Ed è un peccato, perché a me Bolzano piace da morire, credo abbia grandi prospettive, ma in troppi attendono che siano altri a fare qualcosa. Ma non va dimenticato che i giovani a Bolzano sono pochi e divisi. Pochi perché molti vanno a studiare fuori, divisi perché nei fatti italiani e tedeschi frequentano luoghi diversi. Per fare un passo avanti, occorrerebbe maggiore impegno da parte dei giovani e maggiore comprensione di chi non lo è più. Forse è sempre stato così, ma rispetto ai nostri gusti musicali e culturali e alla nostra quotidianità rilevo un grande disprezzo che impedisce ogni forma di comunicazione. E’ difficile relazionarsi con chi ti considera un imbecille o un ignorante a priori».
Inutile tornare a fornire esempi di questo atteggiamento, ne abbiamo ampiamente scritto in precedenza, ma lo sconforto è comprensibile. Bolzano sembra sempre più orientata verso un’idea di città mutuata da Jurassic Park. Un parco dei divertimenti per turisti con le mummie al posto dei dinosauri, a cui è concesso, però, ampio diritto di voto. Lo sconforto, però, non porta da nessuna parte e risulta più utile aggiornare le proposte che Maria Bernardi aveva fatto nella sua “lettera al giornale”. Per esempio, quella di fare del lungo Talvera un luogo di ritrovo serale per i giovani: «L’idea di un Naviglio bolzanino penso ancora che sarebbe un buon modo per ovviare al problema di Piazza delle Erbe. Penso che sarebbe un giusto compromesso tra il bisogno di svago giovanile e la pace che gli anzianotti così tanto desiderano. C’è sempre un po’ quest’idea che i giovani bisogna confinarli in sale ricreative il più lontano possibile da dove si concentra la vita del resto della città (magari in posti facili da raggiungere per i minorenni). Però non c’è solo il bisogno di fare festa, c’è anche chi vorrebbe ascoltare della musica, fare due chiacchiere o paradossalmente giocare a burraco».
Cosa dice Gennaccaro
A questo punto, non restava che confrontarsi con l’assessore ai giovani del Comune di Bolzano: il trentottenne Angelo Gennaccaro. La chiacchierata è stata lunga e istruttiva qui se ne può proporre solo una brutale sintesi, partendo, ovviamente dagli effetti prolungati dei lunghi lockdown e delle regole sul distanziamento sociale: «Ho percepito anche io una carica particolare nei giovani dopo la pandemia, probabilmente dovuta alle emozioni da metabolizzare dopo un periodo così difficile. I ragazzi più irruenti faticano a trovare luoghi in cui erano abituati a sfogarsi prima del Covid, ma ovviamente non dobbiamo cadere in facili generalizzazioni, la maggior parte dei giovani rispetta lo spazio pubblico. Il problema, però, esiste e non possiamo accettare che si lascino strade e piazze della città in condizioni indecenti o che si ascolti musica a tutto volume per strada a notte inoltrata«.
In sintesi, un invito al buon senso che però, non sembra essere sufficiente a risolvere la questione degli spazi per i giovani: «Bolzano è dotata di un’importante rete di associazioni giovanili che svolgono numerose attività. Si può ragionare su nuovi spazi alternativi, tutti i nostri canali di ascolto sono aperti, ma non possiamo mettere a disposizione luoghi in cui tutto è concesso. Noi invitiamo alla partecipazione, ma a molti non interessa portare un contributo per migliorare la situazione. Purtroppo, troppo spesso ci ritroviamo a confrontarci con problemi legati alla maleducazione e con persone che non rispettano nulla e nessuno e che non sono nemmeno interessate a trovare soluzioni».
Una risposta che, però, può valere per Bolzano come per altre decine di città non solo italiane, ma nel capoluogo altoatesino l’atteggiamento verso i giovani sembra più punitivo che altrove. A domanda precisa l’assessore risponde così: «E’ difficile dare una risposta secca. Le cose si migliorano con il dialogo e provando a cambiare la mentalità che si è insediata nella nostra città, quella che vede i giovani in maniera negativa, identificandoli solo come chiassosi e maleducati. Non è un percorso facile ma non ci si può arrendere». L’assessore ha chiuso la chiacchierata sottolineando l’importanza dell’educazione, ma sotto questo aspetto le cose non si cambiano in tempi brevi. Forse ci si potrebbe chiedere come e dove vanno a finire i “giovani maleducati”. La storia è piena di piromani trasformatisi in pompieri, e come cantava Faber: «Si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio».
Massimiliano Boschi
Credits foto di copertina: Facebook, Cafè Museion