L'arma segreta della digitalizzazione della pubblica amministrazione sono le persone
Digitalizzazione nella pubblica amministrazione, questa sconosciuta. Ma ai dipendenti, non agli utenti. Vi racconto un caso che mi è successo personalmente e che in qualche modo trovo esemplare di come una Pa (pubblica amministrazione) che voglia innovare debba anche offrire alla popolazione tutta dei “facilitatori” che accompagnino i cittadini e le cittadine in questo processo, e che non tentino in ogni modo di perpetrare vecchie e meno efficienti modalità solo per la pigrizia mentale di dover cambiare procedure.
Ecco perché vi sto per raccontare che, all’indomani del pronunciamento del Garante privacy sull’illiceità dell’utilizzo di Google Analytics da parte dei siti nazionali – dove peraltro le alternative per la Pa esistono già, ad esempio Web Analytics Italia (codice sorgente qui https://github.com/hermescenter/monitorapa) – mi sono direttamente confrontata con la faticosa implementazione in Alto Adige del Fascicolo Sanitario Elettronico. La storia inizia un paio d’anni fa, a seguito del pensionamento di quello per per diversi anni è stato il mio medico di base a Bolzano, nonché del mio trasloco dal capoluogo a un paesino di 3.000 abitanti poco fuori. È da quel momento che inizio a riscontrare diversi problemi di gestione delle informazioni relative alla mia persona all’interno dell’archivio digitale dei miei dati sanitari. Il primo problema era stato l’impossibilità di poter scegliere un medico nel paesino nel quale da due anni risiedo: potevo scegliere solo medici di Bolzano, cosa che ho poi risolto telefonicamente fra il 2020 e il 2021 contattando direttamente l’ufficio competente del Comprensorio Sanitario di Bolzano dell’Azienda Sanitaria. L’ultimo caso invece riguardava il mio domicilio: nelle ricette emesse dal mio medico di base risultava ancora un mio indirizzo di Bolzano, indirizzo al quale peraltro non ho mai abitato ma che era stato fino a quattro anni fa il mio domicilio lavorativo. Dunque il mio medico del paesino dove vivo, quando mi faceva una ricetta, la emetteva quindi per una me omonima, irrimediabilmente ancora domiciliata a Bolzano.
Ora, chiunque abbia una vaga idea della complessità dei sistemi informatici che servono a gestire queste ed altre informazioni personali dei cittadini negli archivi pubblici non si stupirà granché. Anzi, fra SPID, portali personali, database che non comunicano, bug e conflitti vari, ogni giorno a me sembra un vero miracolo che i servizi cui accedo (PagoPA, pagamento bollettini, F24 etc.) funzionino senza andare in crash dopo un secondo. Sicché non mi sono particolarmente agitata per questa incongruenza. Anzi, con curiosità e pazienza mi sono messa a cercare di trovare l’origine del problema e risolvere la cosa. Non potendo il mio medico cambiare il dato autonomamente – «Senta l’Azienda Sanitaria» mi ha suggerito – mi rivolgo telefonicamente al Comprensorio Sanitario di Bolzano, tentando la strada utilizzata la volta precedente per risolvere un problema analogo. E qui arriva la circostanza che mi ha fatto (e mi fa ancora) parecchio arrabbiare, sia sul momento, sia alla luce di come poi è stato effettivamente risolto il problema.
Ma andiamo con ordine. Al Comprensorio di Bolzano mi risponde una voce femminile, decisamente respingente e molto perentoria (avete presente “io so’ io e voi non siete un ca…”?). Tale voce perentoria sostiene, senza possibilità di dialogo da parte mia, che “nessuno sistema una cosa del genere al telefono”. Timidamente tento di replicare: “Ma veramente l’ultima volta abbiamo fatto così..” tento di spiegare. “Impossibile” mi blocca subito lei. E l’argomentazione mi rimane quantomeno spiazzante: “In questo ufficio ci sono sempre e solo io, ed è impossibile che io le abbia fatto una cosa del genere, al telefono poi!” replica, al limite della scortesia, intimandomi infine di presentarmi PERSONALMENTE negli uffici del Comprensorio Sanitario di via Amba Alagi, a 15 chilometri da casa mia.
Sono decisamente mal disposta ad accettare una richiesta del genere nel 2022 senza aver tentato una strada più semplice. Specialmente sapendo quanto le Pa stiano investendo risorse e comunicazione, per promuovere non solo la digitalizzazione dei servizi, ma anche il loro accesso semplice e intuitivo da parte dei cittadini: l’ambito obiettivo delle tanto sbandierate “semplificazione” e “sburocratizzazione” dell’amministrazione pubblica, parole che ormai nei discorsi politici non riesco quasi più ad ascoltare. Insomma, decido di tentare la strada della cara vecchia email. Scrivo così al medesimo Comprensorio, allegando una dettagliata e precisa spiegazione (questo è importante per chi segnala un problema: mettevi nei panni di chi vi legge e chiedetevi: “Se non sapessi nulla della questione, capirei cosa questa persona mi sta chiedendo?”), gli screenshot del problema e il mio certificato di residenza rilasciato dall’Ufficio anagrafe del nuovo Comune con decorrenza novembre 2020. Contrariamente a quanto mi aspetterei, fortunatamente la mia mail viene subito inoltrata alla direzione dell’Ufficio gestione amministrativa dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige. La risposta che ricevo, finalmente, è del tenore che da cittadina mi piacerebbe essere la norma da parte di una Pa al passo con la modernità: la dirigente, dopo un controllo negli archivi, mi informa che all’Azienda Sanitaria il precedente indirizzo risultava sì, ma che è stato cancellato nel febbraio 2020. Inspiegabile, invece, la sua permanenza nel mio Fascicolo Sanitario Elettronico. Trattandosi probabilmente, mi spiega ancora, di un problema informatico, inoltrerà la mia richiesta alla Siag, la Società Informatica della Provincia. Mi sento già a un passo dalla vittoria. Poche ore dopo vengo informata da una mail di Siag che è stato aperto un Ticket (una procedura per la risoluzione di un problema, nel gergo Siag) dal titolo “Cambio residenza di Fascicolo Sanitario Elettronico”. Esattamente quattro giorni dopo vengo nuovamente raggiunta da una mail di Siag che mi informa che “il Ticket è stato risolto”. Entro tramite SPID nel mio FSE e miracolo! Il vecchio indirizzo di Bolzano è stato cancellato.
Tutto risolto. Senza essermi dovuta recare in un ufficio pubblico, chiuso e affollato, perdendo mezza giornata. Senza far perdere tempo prezioso a un o una sportellista che probabilmente non avrebbe saputo cosa dirmi né dove mandarmi. Senza causare inutili emissioni di Co2 spostandomi sul mio mezzo privato o andando ad affollare i mezzi pubblici. Così, grazie a una semplice mail e alla collaborazione di persone competenti, capaci di fare il proprio lavoro e orientate al problem solving (tutti dipendenti pubblici o parapubblici, mi piace sottolineare), ho risolto il mio problema nel modo più semplice ma anche più ovvio e meno oneroso per tutti. E probabilmente la prossima ricetta che il mio medico emetterà recherà il mio vero indirizzo, finalmente, smettendo di far impazzire i receptionist degli ospedali che accettandomi come paziente ogni volta restavano interdetti: “Ma come, lei non risiede a Bolzano? Eh ma con questa incongruenza come facciamo, non possiamo mica cambiare a mano…” e via di complicanze. Non si tratta, lo si vede bene, di un problema grave. Ma io ho insistito su questa strada solo perché sono in possesso degli strumenti per farlo. Quanti, al posto mio, si sarebbero messi pazientemente in coda per sentirsi poi dire che il problema, magari, non poteva essere risolto in quella sede? Anziani, magari, senza internet o addirittura cellulare. Immigrati che magari parlano poco sia l’italiano che il tedesco e spesso non sono neanche del tutto consapevoli dei propri diritti come cittadini. Anche questa, per me, è democrazia.
Silvia Fabbi