Il caso (e) documenta 15: la lotteria di Hannes Egger
Una giornata di inizio agosto alla stazione centrale di Kassel, anonima e grigia, come il cielo sopra le nostre teste. Verso l’uscita, un cartello bianco su una colonna indica la direzione per la mostra “Win-Win Lottery”. Nel locale dalle ampie vetrate (che una volta ospitava un’autoscuola) l’artista Andrea Varesco di Caldaro ha appena finito di allestire la sua mostra. E’ stanca per il lungo viaggio in auto, ma felice. Andrea è una delle fortunate vincitrici della Win-Win Lottery. Il progetto, ideato dagli artisti altoatesini Hannes Egger e Thomas Sterna, prevede una lotteria in cui non si vincono somme di denaro, ma la possibilità di realizzare una mostra nell’area della KulturBahnof di Kassel. Il luogo non è casuale, perché a Kassel si svolge, fino al 25 settembre prossimo, documenta, tra le rassegne d’arte contemporanea più importanti al mondo. L’edizione attuale è stata discussa e contestata come non mai: il collettivo indonesiano ruangrupa, che l’ha curata, ha deciso di incentrare la rassegna in maniera “orizzontale”, coinvolgendo altri collettivi e associazioni provenienti da territori difficili del mondo. Il risultato è una mostra aperta, in cui si trovano ben poche opere d’arte nel senso classico occidentale, ma piuttosto condivisione di esperienze, documenti e conoscenze, cibo compreso. Un approccio che, tra l’altro, è andato a scontrarsi con gli atteggiamenti impegnati, ma da salotto, di un certo mondo dell’arte, a cui infatti non è piaciuta.
Partiamo da qui per la chiacchierata con Hannes Egger, che risponde alle nostre domande con la gioia e il candore ostinato di chi ama mettere in discussione le cose, ma sempre mantenendo un tocco lieve e ottimista.
Ti è piaciuta documenta fifteen?
Se una mostra mi innervosisce e mi mette dei dubbi, mi cambia la prospettiva, allora per me è una mostra bella, forte. Quindi la risposta è si, la trovo libera e stimolante, perché fa vedere come si possono esporre progetti molto locali in un contesto internazionale. Credo che i temi relativi alla dinamica locale-globale ci accompagneranno nei prossimi anni, anche perché forse viaggeremo meno e trasporteremo meno cose.
Un cartello davanti al Fridericianum riporta la scritta “questo è il posto in cui chiedersi dove sia l’arte..:”. Uno spirito simile a quello della vostra lotteria: chi decide dov’è l’arte e cosa è arte? I curatori, il pubblico, il mercato?
Si, questa documenta mette in discussione tutto… e non c’è un’unica risposta. Durante lo scorso autunno ho studiato a lungo l’approccio del collettivo ruangrupa, che ho anche incontrato qui a Kassel diverse volte. Quindi il nostro progetto di lotteria non nasce per caso: ho pensato che potevo dare anche io il mio contributo al discorso aperto da documenta, seguendo la mia strada.
E il progetto di lotteria ha funzionato?
Si, abbiamo venduto oltre 300 biglietti, siamo soddisfatti.
Voi fate scegliere al caso, e non ad un curatore o curatrice, chi può fare la mostra. Difficile non leggere una provocazione nei confronti del sistema dell’arte… nella descrizione del progetto citate anche la frase di Pierre Bourdieu “Chi non ha un pubblico facoltoso non ha talento”.
Si, ma più che una critica volevamo aprire un dialogo. Questo tema della criticità verso i curatori e le istituzioni riflette in particolare il punto di vista di Thomas (Sterna), che lavora da tempo su questi temi. Ma oltre a questo a me interessano anche altri aspetti.
Ad esempio?
Quando vedo illuminarsi gli occhi di una persona che comincia ad immaginare come sarebbe fare la mostra, nel caso di vincita, insomma quando vedo che il biglietto sta innescando un’idea. C’è quell’asse di tempo tra il momento in cui partecipi ad una lotteria e aspetti l’estrazione che è un tempo delle possibilità, ti puoi immaginare di tutto. E’ forse il momento più bello, quello in cui puoi sognare a ruota libera, perché poi se vinci e devi presentare il tuo progetto concretamente, allora iniziano i problemi.
Ma ci sono stati problemi?
Tutti potevano comperare un biglietto della lotteria, non solo artisti e curatori. C’è stato chi ha preso un biglietto per sostenerci e quando ha vinto non sapeva proprio cosa fare – in un caso ha regalato la “vincita” ad un amico artista. Mi ha molto colpito, ad esempio, che per una giovane donna la mostra sia stata l’occasione inaspettata per rielaborare un trauma personale. Tra i vari casi, c’è stata anche una signora che, dopo vari ripensamenti, alla fine ha deciso di organizzare la mostra in maniera “collettiva” coinvolgendo famiglia e amici, con un grande tappeto, cucinando insieme…
In pieno spirito documenta insomma…
Esatto!
Tornando a chi fa l’artista di professione: la lotteria gioca con l’idea di offrire agli artisti una “grande occasione”. Ma secondo te è vero che chi ha talento prima o poi ha anche successo?
Ma cosa è il talento, cosa è il successo… tutte queste cose non sono così chiare, ed anche il concetto di “successo” è diverso da artista ad artista: c’è chi è felice di portare avanti le sue ricerche e vincere una residenza e chi vuole essere, che ne so, ad Art Basel (importante fiera dell’arte contemporanea, ndr) per vendere.
Certo se vendo, posso vivere del mio lavoro di artista…
Sicuro, avere un ritorno economico porta ad una certa libertà, ma non sempre. Per me, è importante la libertà di seguire il proprio intuito, senza pressioni esterne da parte di una galleria, un curatore, o altro.
Il caso sa scegliere meglio dell’uomo: questo può essere valido per i politici, del resto voi citate l’esempio del sorteggio di Atene. Pensi che sia valido anche nell’arte? Se sceglie il caso, come nella vostra lotteria, ci sono più possibilità di esporre artiste e artisti validi
Artisti sicuramente no, ma progetti più interessanti forse sì. Per me è stato molto più appassionante lavorare con i non-artisti, è una specie di test continuo e non sai mai cosa succede la prossima settimana… è un po’ come documenta!
Caterina Longo