Il fascismo tra passato e presente. Intervista allo storico John Foot
“In Inghilterra si parla tantissimo della vittoria di Giorgia Meloni, a dire il vero con molta confusione tra fascismo, neo fascismo, e post fascismo. Da storico posso dire che sono particolarmente curioso di vedere cosa farà riguardo alla memoria e come si comporterà il prossimo 25 aprile”
John Foot, docente di Storia Moderna italiana all’università di Bristol, sarà a Bolzano il prossimo 30 settembre per partecipare al convegno “A cento anni dalla presa del potere: il fascismo tra storia e memoria“, ma non solo i media britannici l’hanno ripetutamente contattato per avere una sua opinione sulla recente vittoria elettorale di Fratelli d’Italia.
L’avrebbero fatto comunque viste le sue numerose pubblicazioni su storia e memoria italiana, su Milano e Franco Basaglia, su calcio e ciclismo italiani, ma l’aver pubblicato tre mesi fa “Blood and Power: The Rise and Fall of Italian Fascism” (Sangue e potere. Crescita e caduta del fascismo italiano – Bloomsbury Publishing – che uscirà a novembre per Laterza con il titolo “Anni neri”) l’ha reso l’analista perfetto.
Si diceva della confusione sulla vittoria di Giorgia Meloni…
Sì, Giorgia Meloni non parla del fascismo non in quanto fascista nascosta, ma perchè sta portando avanti un’altra operazione politica per molti versi simile a quella di Trump e Orban. Ribadisco, da storico sono molto curioso di vedere come si comporterà il prossimo 25 aprile. Non è una persona stupida, probabilmente si limiterà al suo ruolo istituzionali senza provocazioni. Questo le potrebbe costare l’appoggio di chi, anche nel suo partito, è ancora legato al fascismo. Non credo, però, che le importerà molto, ha preso molti più voti di quelli che le avrebbero portato i nostalgici.
Sembra comunque ampiamente superata la pregiudiziale antifascista…
Sì, nel 1994 ero a Milano e quando Alleanza Nazionale andò al governo con Berlusconi, ci fu una enorme manifestazione antifascista, ora l’aria è molto diversa.
La sinistra italiana non sembra aver giocato benissimo le sue carte. Senza contare che Fratelli d’Italia ha candidato una donna nata nel 1977, il Pd un uomo del 1966…
La sinistra cerca continuamente il voto in negativo, ‘votaci perchè gli altri sono cattivi’. Non va dimenticato che troppe volte è arrivata al governo attraverso la porta di servizio. Dal governo Dini del 1995 fino a quello guidato da Draghi. Sono scelte che si pagano alle elezioni successive. Non sembra sapersi liberare dall’ormai tradizionale tafazzismo per cui preferisce dividersi in una moltitudine di partiti invece di cercare alleanze. La destra, invece, ha capito benissimo che se si divide non vince e si comporta di conseguenza.
L’intervento al convegno di Bolzano su cosa si concentrerà?
Si intitola Le vittime e l’eredità della violenza squadrista negli anni venti e trenta e si concentra su un caso specifico di violenze su una persona non nota. Nel libro Anni neri, che uscirà a novembre, ho tracciato la vita delle vittime per evidenziare come queste violenze abbiamo messo in moto cambiamenti epocali. Credo che sia una metodologia che permetta di comprendere la centralità della violenza fascista prima della marcia su Roma.
Ci sarà spazio anche per la “marcia su Bolzano”?
No, forse farò un accenno. L’ho studiata in preparazione del libro, era una sorta di prova generale della marcia su Roma che ha evidenziato come ormai lo Stato non ci fosse più. Gli squadristi avevano mano libera e praticamente avevano sostituito l’esercito.
“Anni Neri” segue lo stesso taglio?
Sì, è uno studio sugli effetti globali, indiretti e a lungo termine della violenza fascista. Ho analizzato casi noti e meno noti studiandone le conseguenze che sono durate anche fino al dopoguerra. La vita delle vittime non è mai più stata la stessa.
Una violenza che era esposta e non nascosta…
Sì, solo in alcuni casi i fascisti hanno agito di notte a viso coperto. Solitamente erano spedizioni organizzate e annunciate alla luce del sole. Le minacce erano esibite pubblicamente, tutti dovevano temere le violenze fasciste, non solo quelli materialmente aggrediti. Era il colpirne uno per educarne cento molto prima di Mao.
Massimiliano Boschi