"Dulan la sposa": la violenza dei privilegiati
“Dulan la sposa” è un testo che Melania Mazzucco ha scritto oltre vent’anni fa per la radio prendendo spunto da viaggi e incontri personali. E’ un testo che parla di chi vive nella parte ricca e “civile” del mondo, frequentato da quei “cannibali con la forchetta” di cui si erano già occupati Henry Miller e Filippo Dini nel Crogiuolo.
In scena un uomo e due donne, a Lui il nome non serve, intriso nei suoi privilegi: ha un buon lavoro, casa e soldi, eppure non è felice, è violento e insoddisfatto. La sua compagna sta diventando sua moglie e in quel ruolo è relegata, conscia dei privilegi e delle umiliazioni che comporta. L’altra donna non ha nome perché è un fantasma, una clandestina senza documenti e senza speranza, in balia delle voglie e delle rabbie di Lui.
Ma sono dialoghi tra i protagonisti creati da Melania Mazzucco a rendere straordinario lo spettacolo. Illustrano il nostro rapporto con lo straniero, l’immigrato, il “clandestino” in maniera precisa e intelligente e valgono il prezzo del biglietto. Valerio Binasco interpreta in maniera perfetta l’uomo dei privilegi, violento ma bonario, in grado di saltare da aggressivi scatti d’ira a grandi gesti d’affetto con incredibile facilità, così come dalla violenza gratuita alla richiesta di perdono.
Il contesto in cui vivono i protagonisti ha orizzonti limitati come gran parte delle nostre vite. Gli spettatori sanno sin dall’inizio che una donna senza documenti è affogata nella piscina di un condominio, un piccolo Mediterraneo che rumina nella nostra coscienza. Qualcuno è morto appena fuori da casa nostra, nelle acque che frequentiamo durante le vacanze, e la prima cosa che pensiamo è che non è colpa nostra.
Ma. come detto, è soprattutto nei dialoghi tra Lui e la clandestina che emerge la totale incoscienza di chi vive nella parte ricca del pianeta. Il protagonista si ritrova, suo malgrado, a far fronte agli effetti delle sue scelte, dei suoi comportamenti e ne resta talmente turbato da non comprendere che le sue paure e i suoi incubi, tutti relativi alla sua “roba”, sono ridicoli di fronte a quel che vive quotidianamente una donna clandestina, sola, senza documenti, senza tetto né legge. Intriso di privilegio e vittimismo, continua a cercare compassione per le sue ansie, per i suoi incubi, sordo ai drammi vissuti dalla ragazza straniera.
Quando i nodi della loro relazione giungono al pettine, vorrebbe limitarsi ad accompagnare la straniera alla porta, ma a lei non rimane che un’unica strada e prova a ribellarsi, inutilmente.
Tra i vari pregi di Dulan c’è quello di mostrare il vero motivo per cui mal tolleriamo gli immigrati: perché tirano fuori il peggio di noi. Evidenziano le nostre ridicole paure, il nostro egoismo, la nostra violenza repressa.
Non è facile gestire tutto questo e la regia di Binasco ci prova con comprensibili difficoltà. La messa in scena dei momenti più delicati, i più violenti e scabrosi, desta alcune perplessità, non era un compito facile, ma un registro comune per tutte avrebbe favorito l’immersione in un testo in cui è giusto affogare.
Massimiliano Boschi
Dulan la sposa
di Melania Mazzucco
regia Valerio Binasco
con Valerio Binasco, Mariangela Granelli e Cristina Parku
produzione TEATRO STABILE DI TORINO – TEATRO NAZIONALE
Fino a domenica 27 novembre al Teatro Comunale di Bolzano all’interno della stagione del Teatro Stabile. (Giovedì e sabato ore 20.30, venerdì ore 19, domenica ore 16)