Roberto Luigi Pagani, l'italiano in Islanda che visita l'Alto Adige
Quando si sente parlare di influencer, sopratutto a Cremona, si pensa subito a Chiara Ferragni. Ma c’è un altro cremonese che spopola sui social network con oltre 220.000 follower su Facebook e 28.000 su Instagram: Roberto Luigi Pagani, meglio noto come “Un italiano in Islanda”. Nato nel 1990, vive in Islanda dal 2014. È scrittore, divulgatore e ricercatore dottorando in linguistica e paleografia islandese all’Università di Islanda, dove ha lavorato come professore a contratto fino al 2021. Dal 2017 è anche guida turistica e collabora con importanti tour operator locali. Da poco ha lasciato temporaneamente la sua amata Terra del Ghiaccio per recarsi in Alto Adige per qualche giorno, in compagnia della sua fidanzata. Lo raggiungiamo al telefono, in collegamento diretto Bolzano-Reykjavík.
Come è nata la passione per l’Islanda?
Il mio primo approccio all’Islanda risale agli anni delle elementari: a scuola, infatti, ricordo di aver partecipato ad un laboratorio su folklore, elfi, folletti e più generalmente tutte le creature nordiche. Negli anni seguenti, man mano che crescevo, l’interesse per il Nord Europa aumentava sempre di più, ed ero estremamente affascinato dai suoi paesaggi naturali, dalle montagne, dalle isole remote negli oceani nebbiosi… insomma, sognavo tutte queste cose un po’ stereotipate, nella speranza, un giorno, di riuscire a vederle dal vivo.
È sempre stato abituato a viaggiare fin da piccolo?
Non proprio, non ho mai viaggiato molto con la mia famiglia. In vacanza si andava sempre negli stessi posti, in giro per l’Italia, e poche volte è capitato di scegliere una meta alternativa. Ai miei genitori piaceva molto al mare – che io invece ho imparato ad apprezzare soltanto da adulto – mentre io sognavo sempre la montagna. Fortunatamente i miei nonni avevano a disposizione una casetta in una specie di baita sul sull’appennino piacentino, dove però trascorrevamo sempre troppo poco tempo per i miei gusti. Nonostante si trattasse soltanto di un paio di giorni, in quelle occasioni riuscivo a sentire il forte legame con la natura che tuttora cerco nei paesaggi islandesi.
E come hanno reagito i suoi genitori quando hanno saputo del trasferimento all’estremo nord?
Il corso di laurea che mi piaceva non era ad accesso libero, era necessario sostenere un esame e superarlo, quindi già in precedenza avevo accennato ai miei le mie intenzioni. A una decina di anni di distanza so che in quel momento hanno avuto delle diffidenze, ma non me le hanno comunicate, se non soltanto dopo diversi mesi dal mio trasferimento, quando era ormai chiaro che fossero infondate. Da questo punto di vista mi ritengo estremamente fortunato, perché fin da subito la mia famiglia si è informata per aiutarmi e ha sostenuto la mia (ennesima) scelta strana.
Come è nata l’avventura sui social e l’idea della nuova identità “un italiano in Islanda”?
Già ai tempi dell’università avevo un blog, che per me era un modo di diffondere le conoscenze che e stavo accumulando e contemporaneamente ripassare per gli esami. Ricordo che all’epoca c’era davvero poco sul Nord Europa nel panorama editoriale italiano, forse qualcosa sulla Scandinavia e poco altro. Dal momento che io stavo studiando lingue e letterature nordiche e antiche, ho pensato che fosse interessante condividere quel mondo con altri utenti, considerando che l’interesse per l’argomento era molto ma il materiale online molto scarso. Una volta trasferito qui in Islanda ho voluto continuare questa esperienza digitale aggiungendo però l’elemento personale: ho infatti cominciato a raccontare parte della mia vita quotidiana, mostrando i luoghi che avevo visitato, i ristoranti in cui avevo mangiato e via dicendo. Da allora, l’anno del Covid è sicuramente quello in cui sono cresciuto di più a livello di follower, dal momento che l’università era chiusa, avevo il tempo di leggere di tutto, scrivere articoli ed essere molto presente sui social.
E al giorno d’oggi, ha obiettivi specifici riguardo la sua presenza sui social media o i messaggi che intende trasmettere?
Faccio ancora molta fatica a definirmi influencer, date le modalità con cui mi sono approcciato al mondo dei social anni fa; il mio obiettivo principale resta sicuramente quello di fare informazione. Per quanto riguarda invece i messaggi che voglio trasmettere, sono principalmente due: il primo, più “spirituale” – e anche un po’ più banale se vogliamo – è quello di avere il coraggio di rincorrere i propri sogni e di non avere paura di intraprendere percorsi di vita non convenzionali. Io stesso sono cresciuto sentendomi dire “E dopo cosa fai?”, “Questo percorso di studi cosa ti da?” e via dicendo, ma ho scelto di non dare ascolto a queste opinioni; conosco però molte persone che non hanno fatto lo stesso e negli anni se ne sono pentite amaramente. Il secondo invece, più “contenutistico”, è quello di insegnare agli italiani a riconoscere ed apprezzare la cultura anche quando si esplica in maniera molto differente rispetto a come siamo abituati.
Fa la guida turistica “soltanto” dal 2017… perché ha aspettato tre anni per raccontare l’Islanda ai visitatori?
In tutta onestà, tornando indietro aspetterei anche di più. Più faccio questo lavoro più mi rendo conto di quanto sia difficile e di grande responsabilità, non soltanto nei confronti delle persone che accompagni, ma anche del Paese che stai introducendo. Insegnare ai visitatori a rispettare un luogo così morfologicamente e culturalmente diverso dal loro non è affatto semplice. In questi anni ho capito quanto mi piaccia questo lavoro, ma purtroppo ho anche assistito a delle mancanze di rispetto verso il territorio, come l’attitudine a sminuire quello che si vede perché “noi c’è l’abbiamo più grande, più bello, più alto”. Ma faccio di tutto per presentare al meglio ai visitatori l’Islanda, in tutta la sua complessità e maestosità.
Instagram testimone, è stato da poco in Alto Adige. Dove esattamente e per quanto tempo? Era la prima volta che veniva qui?
In passato ero stato diverse volte in Trentino, ma mai in Alto Adige. Purtroppo, il soggiorno è durato solo quattro giorni, perché la mia compagna (islandese) non aveva abbastanza ferie. È stata proprio lei a proporre la meta, dato che abbiamo girato tutta l’Italia e da tempo voleva vedere l’Alpe di Siusi. Eravamo di base a Merano, in un bellissimo castello convertito in albergo, dove la mia fidanzata ha assaggiato i canederli per la prima volta. Inutile dire che le sono piaciuti moltissimo. Nei giorni seguenti siamo stati anche in Val di Funes e a Curon, che dopo aver visto insieme la serie su Netflix ci sembrava un must. Insomma, alternando montagna e città, paesaggi e architettura, i giorni sono trascorsi veloci e ci siamo trovati benissimo.
Sotto un post scrive:“Ho trovato un posto in Italia che mi fa battere il cuore tanto quanto fa l’Islanda di solito”…
Confermo tutto. Sull’Alpe di Siusi ho avuto un vero e proprio momento di epifania guardando il Sassopiatto ed il Sassolungo, mentre la mia ragazza si è persino commossa. Credo che la sensazione di piccolezza di fronte alla natura sia una delle più belle da provare, e ritrovarla in un luogo che non sia l’Islanda mi ha sorpreso. Più in generale, credo che in Italia e nel mondo sia pieno di bellissime città da scoprire, ma soltanto la natura incontaminata – proprio come quella delle Dolomiti – ha un fascino così folgorante.
Che complimento! Grazie. E per quanto riguarda invece la cultura, le persone, l’ospitalità?
Ho sicuramente visto tantissima gentilezza, disponibilità e accoglienza. Personalmente però, forse perché sono un nerd della linguistica, ciò che più ho apprezzato è stato l’incredibile multilinguismo della regione. Ovunque, in Italia, si è bilingui per via dei forti dialetti delle varie zone, ma mai come qui ho assistito ad una miscela così ricca di culture. La mia speranza più grande è che un domani in Alto Adige tutti – anche i più restii, specialmente se di una certa età – saranno tranquillamente bilingui e non ci sarà più bisogno di distinguere i gruppi tedeschi da quelli italiani. Già adesso, però, è possibile trarre il meglio dalle due sfere culturali; in malga, infatti, insieme al tagliere e ai canederli, io e la mia fidanzata non ci siamo privati di un buonissimo spritz!
Vittoria Battaiola
Immagine in apertura: foto di Roberto Luigi Pagani