Oltre le etichette e i pregiudizi. Le parole, le passioni e la fede di Oumar Ka

Oumar Ka è nato a Bolzano da famiglia senegalese di Dakar. Ha frequentato le scuole in lingua italiana dell’Alto Adige fino al quinto anno dell’Istituto Commerciale, ma non si è diplomato. Oggi è un giovane padre di famiglia, ma sui banchi ci tornerebbe volentieri. “Mi interessano diverse materie umanistiche che vorrei approfondire. Lavoro come libero professionista e non ho molto tempo, ma ora vorrei prendere il diploma e magari iniziare gli studi universitari in psicologia”.
Sono sufficienti pochi minuti di intervista per comprendere come Oumar abbia una straordinaria propensione per l’approfondimento. Si comprende rapidamente come senta la necessità che le sue parole vengano prese sul serio, che le sue idee vengano ascoltate indipendentemente dal suo background e dal colore della sua pelle. Per questo presta una grande attenzione al linguaggio e per questo si è preferito evitare la forma narrativa che ha caratterizzato molti articoli di questo speciale, per lasciare spazio a un botta e risposta che riporti il più fedelmente possibile le sue parole.

La prima domanda parte proprio da questa sua evidente necessità. Da cosa nasce?
Credo sia figlia del contesto in cui sono cresciuto. Chi ha un background migratorio, soprattutto se evidente come il mio, deve sempre dimostrare qualcosa in più. Non siamo “di qua”, dove viviamo, ma nemmeno “di là”, da dove proviene la nostra famiglia. Cresciamo in un contesto particolare, ovviamente i genitori ci dicono di studiare, ma spesso non sono a conoscenza del sistema scolastico del paese in cui sono emigrati, non hanno riferimenti per comprendere il percorso scolastico che il figlio sta intraprendendo e non hanno avuto il tempo per formarsi culturalmente. Senza dimenticare che spesso si confrontano con stili educativi molto diversi.

Questo può risultare uno stimolo per i giovani come te?
Non so, in linea generale chi proviene da una famiglia “autoctona” è spesso sostenuto in tutto e non deve fare fatica a portare avanti le proprie idee, anzi. Questo, è vero, può spingere verso l’inerzia. Ai ragazzi con background migratorio, invece, non è garantito lo stesso sostegno, economico e famigliare. Crediamo che certe strade ci siano precluse e siamo quindi portati a desiderare quello che non abbiamo. Questo credo generi voglia di fare.

Nel frattempo, gli immigrati e i loro figli continuano a essere spesso rappresentati come carnefici o vittime.
Sì. I media e la cultura ci rappresentano attraverso questo schema da cui è difficile uscire. Io, però, non voglio restare ancorato al ruolo di vittima. È vero, il razzismo esiste, ma esistono altre dimensioni da esplorare.

Esploriamole. Per esempio, cosa ti piace fare?
Mi piace leggere, mi appassionano la politica italiana ed estera, la geopolitica e le dinamiche di potere. Per questo leggo saggi, di storia, sull’imprenditoria e sulla religione

Scusa lo stupore, ti appassiona la politica italiana?
Mi appassiona…, la seguo. Devo dire che purtroppo il mondo sta affrontando una fase delicata, c’è molta incertezza, ma la leadership politica non mi sembra all’altezza dei problemi. I leader attuali mi sembrano fossilizzati unicamente sulle elezioni, non hanno una visione a lungo termine. Non mi sento in mani sicure.

 

Un momento dell’intervista a Oumar Ka (foto Venti3)

Pessimista anche tu?
No, io continuo a sperare che le cose cambieranno. Il Covid, in parte, lo ha fatto. Per esempio, ha avuto un forte impatto sul mercato del lavoro, molti si sono licenziati perché hanno avuto il tempo di chiedersi che vita stavano facendo.

E tu che vita stai facendo?
Io devo conquistarmi le cose centimetro su centimetro, per me è anche difficile trovare una casa in affitto. So di dover sempre dimostrare qualcosa in più degli altri miei coetanei, lo percepisco in maniera evidente in ogni colloquio di lavoro. Tornando ai temi trattati in precedenza, i genitori degli “autoctoni” cercano di aiutare i figli in ogni modo, spesso si mettono a loro completa disposizione. Per noi è diverso, noi sappiamo di dover aiutare i nostri genitori, ma credo che questo ci prepari meglio al futuro.

In tutto questo la tua fede gioca un ruolo importante?
Sì, io sono mussulmano e la fede mi da forza, mi ha dato un obiettivo trascendentale che supera il riprodursi, il mangiare e bere. Mi fa aspirare a qualcosa di diverso dall’ottenimento di un lavoro a tempo indeterminato o dalla possibilità di accendere un mutuo per comprarmi casa. La fede mi insegna che Dio ci ha creato per adorarlo e per fare del bene secondo le proprie inclinazioni e aspirazioni.

Questo tua forte spinta religiosa ti crea dei problemi?
No. Se qualcuno mi associa ai talebani o all’Isis non posso farci molto, non posso piacere a tutti. Così come so che a qualcuno non piace il colore della mia pelle, ma ripeto, cosa ci posso fare? Io sono responsabile di me stesso, di quel che faccio io. Ovviamente ripudio quel che fanno i talebani e non condivido le opinioni di chi segrega le donne, ma se mi vogliono mettere delle etichette lo facciano pure, sono cavoli loro. Per quel che mi riguarda, il dovere di ogni mussulmano è quello di ricercare la conoscenza dalla culla alla tomba.

Massimiliano Boschi

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