Api e cambiamento climatico, Matteo Anderle racconta l'apiario urbano sul tetto dell'Eurac

“Allarme api, produzione di miele in calo” e “api decimate dal cambiamento climatico” sono frasi che sentiamo ricorrere nelle cronache nazionali. L’Alto Adige non fa eccezione; secondo l’ultima relazione agraria e forestale della Provincia i raccolti di miele degli ultimi anni sarebbero stati pessimi. Per capire un po’ di più della relazione tra api e cambiamento climatico, abbiamo interpellato Matteo Anderle, ricercatore presso l’Istituto per l’Ambiente Alpino di Eurac Research. Insieme alla collega Chiara Paniccia, Anderle gestisce da diversi anni un apiario urbano sul tetto dell’Eurac di cui fanno parte ben dieci famiglie per un totale di centinaia di migliaia di api. BeEurac, questo il nome dell’iniziativa, è un vero e proprio progetto di apicoltura urbana, che ha l’obiettivo di sensibilizzare alla natura e alla biodiversità ed è anche un osservatorio di monitoraggio dell’ecosistema urbano. Sono parte di BeEurac anche una stazione meteo che, posizionata vicino alle arnie, rileva continuamente parametri della loro temperatura interna ed esterna, l’umidità dell’aria, le precipitazioni medie, la direzione ed intensità del vento.

“Le api sono un divertimento e un hobby e le utilizziamo anche per fare divulgazione a livello cittadino”  spiega Anderle, che di formazione è ornitologo. Sorprende un po’ la sua precisazione: “se la produzione di miele è scarsa non significa necessariamente che le api stanno male, piuttosto sarà un problema per l’apicoltore, per chi il miele lo produce. Le api domestiche mellifere (quelle allevate per fare il miele, ndr) sono quelle che stanno meglio, perché sono allevate e possono essere gestite, un po’ come le mucche, per fare un parallelo” specifica Anderle. E qui si arriva ad un’importante distinzione da fare: quella tra api domestiche e api selvatiche – quest’ultime sono quelle più minacciate dai cambiamenti climatici. Anche su questo aspetto il progetto BeEurac mira a porre l’attenzione. “Delle api sappiamo ancora relativamente poco. Nel campo dell’ornitologia, che è il settore in cui sono specializzato, siamo più avanti: ci sono 150 tipi di uccelli nidificatori in Alto Adige e sono molto più studiati. Le specie di api selvatiche in Alto Adige sono ca 500 e sono difficili da monitorare, catturare e identificare al microscopio“, precisa Anderle.

Matteo Anderle, foto courtesy Eurac Research

Perdenti e vincitori

Eppure, quello che accade di fronte ai cambiamenti climatici è molto simile, sia che si tratti di api che di uccelli: è un gioco di incastri ed equilibri, in cui sopravvive chi ha più capacità di adattamento. “In natura ci sono perdenti e vincitori, che approfittano dei cambiamenti climatici, come ad esempio gli uccelli che amano vivere nelle zone calde. Per altri, come ad esempio la pernice bianca o il fringuello alpino, che sono relitti glaciali e che vivono sopra i 2000 metri con le nevi perenni, l’aumentare della temperatura fa sì che si spostino sempre più in alto. Un ‘alto’ che non esiste più, e quindi queste specie rimangono isolate, non si riproducono e spariscono” spiega Anderle.

“Il cambiamento climatico minaccia allo stesso modo anche le api selvatiche: a lungo termine, si prevede che nel 2070 ci sarà un innalzamento del range, il cosiddetto shift attitudinale. Le api che ora si trovano nel fondovalle si sposteranno più in alto; e l’altra minaccia è l’agricoltura intensiva, immense monoculture e l’uso di trattamenti fertilizzanti,  rappresentano una minaccia diretta e indiretta per api selvatiche.” dice Anderle. Con la generale diminuzione di biodiversità le api selvatiche hanno, infatti, sempre più difficoltà a trovare fonti di cibo sufficientemente varie; come noto, le api selvatiche, grazie alle loro diverse forme e dimensioni possono raggiungere fiori che sono inutilizzabili per l’ape domestica, come alcune piante ad uso alimentare che arrivano sulla nostra tavola, ad esempio la frutta. “La natura sopravvive, come è stato con le meteoriti e le glaciazioni, mentre l’essere umano dovrà adattarsi al fatto che per certe piante ed ortaggi ci sarà un calo o un drastico cambiamento”, continua Anderle.

BeEurac, l’apiario urbano sul tetto dell’Eurac a Bolzano. Foto courtesy Eurac Research

Una vulnerabilità, quella delle api selvatiche, dovuta anche al fatto di essere per lo più “solitarie”, al contrario dell’ape domestica mellifera che è parte di una complessa organizzazione sociale. A proposito di cambiamenti, l’ape mellifera viene già sfruttata, in Alto Adige per le sue capacità di adattamento, per l’impollinazione dei meli in zone di coltivazione intensiva come la valle dell’Adige o la Val Venosta “vengono portati interi container di api con i camion”, racconta Anderle.

Tornando all’apiario urbano sul tetto di Eurac, come ricordato all’inizio, la sua funzione è anche quella di monitorare la qualità ambientale perché, “Le api selvatiche e mellifere sono sentinelle del cambiamento e BeEurac sfrutta la loro sensibilità” si legge nella descrizione dell’apiario. “Osserviamo gli andamenti stagionali, anche in base alle fioriture e al miele. Quest’anno, dopo un inizio molto secco è seguito il maltempo, una situazione che non ha favorito le fioriture, ad esempio c’è poca acacia. Ma, come precisato all’inizio, la scarsa produzione di miele non significa necessariamente una sofferenza per le api”. Il progetto BeEurac collabora anche con l’università di Bolzano: campioni di api vengono prelevati per studiare gli inquinanti, mentre allo stesso tempo, all’interno di Eurac, Lisa Obwegs sta portando avanti un progetto di dottorato sulle api selvatiche

Al di là degli obiettivi scientifici, chiediamo ad Anderle cosa lo appassiona nel dedicarsi all’apiario urbano: “è una sorta di relax, quando me ne occupo, magari al ritorno da una giornata di monitoraggio, faccio aerosol di miele propoli. E poi è utile per rendere consapevoli le persone e sensibilizzare per la biodiversità e la sua importanza”. Una curiosità: è mai stato punto da un’ape? Si sono stato punto, loro sentono se quando ti avvicini sei di fretta; ci vuole calma e attenzione.

Caterina Longo

Immagine in apertura: l’apicoltori al lavoro sull’apiario urbano BeEurac. Foto courtesy Eurac Research 

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