Daniela Hey, ricercatrice alla Laimburg e la lotta allo spreco alimentare a colpi di chimica
Il problema dello spreco alimentare rappresenta una sfida significativa che richiede soluzioni concrete ed innovative. Delle misure di intervento a riguardo previste dal “Piano Clima Alto Adige 2040” abbiamo già parlato qui, ma quella allo spreco è una lotta che si combatte anche – se non soprattutto – all’interno dei laboratori. Per questo abbiamo intervistato Daniela Hey, chimica e ricercatrice al Laboratorio per Aromi e Metaboliti presso il Centro di Sperimentazione Laimburg. Proprio qui, infatti, insieme ad altri colleghi ed altre colleghe lavora per contribuire a ridurre gli scarti alimentari e allo stesso tempo sviluppare prodotti innovativi benefici per la salute umana, animale e delle piante.
Daniela, lei è di Monaco. Come è arrivata in Italia?
Sono nata e cresciuta in un piccolo paese vicino a Monaco di Baviera, dove mi sono trasferita negli anni dell’università per studiare chimica alla Technische Universität München (TUM). Nello specifico, mi sono interessata fin da subito alla chimica sia organica che inorganica, grazie alle quali ho potuto sviluppare conoscenze approfondite in tutto il settore. Dopo la tesi di dottorato, conseguita sempre all’Università di Monaco, era finalmente arrivato il momento di approfondire la chimica alimentare, iniziando a lavorare come ricercatrice. Per motivi personali mi sono trasferita a Bolzano, e dopo poche settimane al Centro di Sperimentazione Laimburg ho capito che si trattava del posto giusto.
Quindi si può dire soddisfatta della decisione di trasferirsi in Alto Adige?
Moltissimo. Avendo iniziato la mia carriera qui non ho altri termini di paragone, ma sono sicura che l’esperienza a Bolzano sia ottima. Il fatto di vivere in una piccola città consente la creazione di un ambiente lavorativo raccolto e stimolante, in cui ricercatori e ricercatrici di tutti gli ambiti riescono non solo a confrontarsi in merito ai propri studi, ma anche a conoscersi a livello personale. Anche per quanto riguarda la mia vita privata, infatti, non ho faticato ad inserirmi, anzi, faccio già parte di un gruppo sportivo e di molte altre iniziative locali.
A questo punto la domanda sorge spontanea: dove ha imparato così bene l’italiano?
Ho sempre avuto una certa predisposizione per lo studio delle lingue straniere, ma c’è dell’altro. Durante gli anni dell’università ho fatto l’Erasmus qui in Italia, precisamente a Udine. Lì ho imparato gran parte dei vocaboli e delle espressioni che utilizzo oggi quotidianamente.
Come mostra il Gender Gap Report 2022, le donne in ambito STEM risultano sottorappresentate, soprattutto in campi come ingegneria e ICT. Tuttavia, non molti sanno che il settore chimico costituisce un’eccezione. Com’è la sua esperienza a riguardo?
Hai detto bene, il settore chimico e quello farmaceutico sono – fortunatamente – un’eccezione. Sia durante il mio percorso universitario che in quello lavorativo ho sempre trovato una buona percentuale di donne, quasi la metà, e ciò ha fatto sì che non mi sentissi mai discriminata o svantaggiata. Anzi, soprattutto qui a Bolzano ho sperimentato una forte collaborazione tra tutti i colleghi e le colleghe, un vero e proprio senso di comunità che trovo ideale per la crescita professionale e personale.
Qual è la “giornata tipo” di un/a ricercatore/trice al Centro di sperimentazione Laimburg?
È piuttosto difficile rispondere, dato che le giornate al Centro sono molto varie e si lavora a tanti progetti diversi in contemporanea. Direi che la maggior parte del tempo viene dedicata agli esperimenti in laboratorio o in campo, ma anche la parte di analisi dei risultati è fondamentale. Quest’ultima, infatti, è utile non soltanto alle aziende agricole, ma anche all’intera comunità scientifica, perché permette di condividere i risultati delle ricerche e tradurli in soluzioni concrete.
Attualmente al Centro di Sperimentazione Laimburg state lavorando al progetto “puRipiaNtA”: in cosa consiste e come si inserisce nella lotta allo spreco alimentare?
Il progetto è finanziato dal programma Fusion Grant, a sua volta promosso dalla Cassa di Risparmio di Bolzano, e mira a creare un nuovo ingrediente alimentare sfruttando le proprietà degli “small Rna”. Queste molecole svolgono funzioni vitali nelle piante e si trovano all’interno di frutta e verdura, anche nel torsolo e nella buccia, parti spesso considerate scarti nella fase di lavorazione. Personalmente, mi occupo di sviluppare e ottimizzare i metodi di separazione e purificazione di questi “small RNA” dalle altre molecole presenti nelle cellule della pianta. In questo modo, è possibile estrarle e studiarne i numerosi aspetti benefici, tra cui il potenziale antinfiammatorio e antivirale.
Come coinvolgete i produttori agricoli e le aziende alimentari?
Il progetto è nato da una stretta collaborazione tra il Centro di Sperimentazione Laimburg e l’azienda Mirnagreen di Bolzano. In questo contesto, l’esperienza e la passione di ricercatori e ricercatrici del Centro si è unito al know-how dell’azienda altoatesina, che ha brevettato il processo di estrazione di “small RNA”, purificati successivamente tramite un sistema sviluppato nel nostro laboratorio. Inoltre, coinvolgiamo in modo indiretto anche produttori e aziende agricole della Provincia e di tutta Italia, che ci forniscono la frutta e la verdura che utilizziamo in laboratorio.
E quali strategie/tecnologie usate per sfruttare al meglio gli scarti?
Direi che la tecnica più utilizzata è quella della “cromatografia”, un metodo di purificazione molto efficace che consente di ottenere “small RNA” puri dalle piante. In questo modo, è possibile sfruttarli come nuovo ingrediente alimentare, con una buona compatibilità con il settore food. Già dalla nascita del progetto, infatti, l’idea era quella di ottimizzare e sfruttare al massimo questo processo, in modo da poterlo applicare anche alla realtà industriale, oltre che a quella di laboratorio. Insomma, volevamo implementare processi sostenibili all’interno della produzione alimentare su larga scala.
Un’ultima domanda: quali consigli o suggerimenti ha per le persone che vogliono contribuire a combattere lo spreco alimentare nella loro vita quotidiana?
Sono contenta che tu me lo abbia chiesto, perché credo che la lotta allo spreco alimentare si combatta anche all’interno delle nostre case, quotidianamente. Personalmente, utilizzo due metodi piuttosto semplici ma altrettanto efficaci: il primo consiste nel non considerare scarti alcuna parte di frutta a verdura, come ad esempio la buccia, che spesso contiene al suo interno alcuni nutrienti importanti non presenti invece nella polpa. Anche torsoli, semi e altri “avanzi” possono essere riutilizzati per fare infusi o condimenti, seguendo le migliaia di ricette che si trovano oggi in internet. Il secondo metodo, invece, è legato alle scelte che facciamo tutti quotidianamente in quanto consumatori. Al supermercato o dal fruttivendolo, infatti, bisogna acquistare anche quella frutta e verdura che risulta un po’ storta, ammaccata, insomma, imperfetta. Sembra superficiale, ma fa tanto: ogni giorno molti alimenti vengono buttati perché considerati “invendibili” per via di qualche piccolo difetto estetico, e questo è uno spreco enorme.
Vittoria Battaiola
Immagine in apertura: foto di Daniela Hey, scattata da Agnese Martinelli