I giovani: indagine su cittadini al centro di ogni sospetto
Negli ultimi decenni, la narrazione mediatica del mondo giovanile sembra essersi modificata più nello stile che nella sostanza, ma il giudizio conclusivo spetta, ovviamente, a chi legge. Qui di seguito si cercherà di riassumere brevemente come la carta stampata abbia descritto il mondo giovanile nel secondo dopoguerra e, soprattutto, negli ultimi 40 anni, quelli su cui si è concentrato questo speciale.
Occorre premettere che non si può non evidenziare come nella storia moderna la narrazione dei giovani sia stata spesso collegata a episodi di rivolta e/o violenza collettiva. Per decenni, la violenza è stata individuata come la cifra più profonda dell’identità giovanile in particolar modo negli anni del primo dopoguerra e negli anni Settanta del Novecento.
Per comprendere quel che è avvenuto tra il 1983 e il 2023, al centro di questo dossier, è inevitabile ripartire dalla generazione nata negli anni del secondo dopoguerra in quello che veniva chiamato Occidente. Una generazione cresciuta negli anni del boom economico, dell’industrializzazione, dell’urbanizzazione, della diffusione dei consumi, dell’affermazione della televisione come principale media di massa e, soprattutto, in anni di boom demografico.
Come giustamente sottolineato da Alberto De Bernardi nel suo “Il mito della gioventù e i miti dei giovani”: “Il baby boom modificò in maniera significativa la piramide delle età in quasi tutti i paesi avanzati. Questa onda demografica si abbatté sulle strutture universitarie nella seconda metà degli anni Sessanta facendole sostanzialmente crollare (…) Nella contraddizione tra massa studentesca in crescita e università d’élite è dunque possibile rintracciare la base materiale della protesta giovanile e giustificare la sua collocazione cronologica”.
A partire dalla fine degli anni Sessanta del Novecento, quindi, i giovani rifiutarono di entrare nel mondo dei padri essenzialmente perché quel mondo non esisteva più. Le rivolte studentesche che sfociarono ANCHE negli “anni di piombo” lasciarono lentamente spazio agli anni Ottanta del “riflusso” mentre, negli stessi anni, le morti per eroina raggiunsero il picco a causa dell’Aids.
Questo, a grandi linee, è il contesto globale in cui iniziarono le attività del Servizio Giovani della Provincia di Bolzano nel 1983.
Le amnesie
I settantenni di oggi sono nati nel secondo dopoguerra, hanno quindi vissuto gli “anni di piombo”, hanno visto morire per droga i loro coetanei, sanno cosa significhino la violenza nelle piazze e quella negli stadi, eppure sembrano oggi terrorizzati dalla “mala movida” e dalle “baby gang”. Dati alla mano, la società italiana non è mai stata così poco violenta come in questi anni recenti e lo dimostrano proprio i media, che possono permettersi di evidenziare ogni episodio “criminale” proprio perché più “eccezionale” di cinquant’anni fa.
Mezzo secolo fa le risse tra ragazzi, ma anche tra adulti, non venivano filmate e non diventavano l’apertura dei giornali locali. Altre notizie ben più gravi le relegavano nelle pagine interne o sparivano del tutto.
Gli esempi potrebbero essere numerosi, li limitiamo per questioni di spazio. Per esempio, il titolo “Studentessa litiga con una compagna di scuola. Colpita con un pugno ha il naso fratturato“ non è del 2023, ma del 24 febbraio 1979. La notizia compariva in taglio basso a pagina 5 del quotidiano “Alto Adige”. Una notizia molto simile uscita a febbraio 2019 ha invece occupato le prime pagine per giorni.
È invece, del 3 gennaio 1973, la notizia, pubblicata in taglio basso a pagina 4 dell’Alto Adige: “Incredibile gesto vandalico a Prato Isarco. A colpi di pietra fracassate tre autovetture”. Collocazione pressoché identica per la notizia del 2 ottobre dello stesso anno: “Sgominata gang di ladruncoli. I sei giovani- cinque ragazzi e una quattordicenne – sono stati arrestati e portati in carcere a Bolzano”. Passando agli anni Ottanta, si possono citare: “ladri minorenni rubano in hotel. Se ne sono andati con due milioni in contanti…” (Alto Adige 11 giugno 1983) e sempre lo stesso giorno sullo stesso giornale: “Notti troppo rumorose a Merano”.
Abbandonando la cronaca nera, può risultare interessante la riproposizione di una notizia del 3 ottobre 1983, quando l’Alto Adige titolava “Alienazione da computer pericolo degli anni ‘80” (con intervista a Peppe dell’Acqua).
Ecco, invece, un paio di articoli tratti dalla stampa nazionale, anzi da “La Stampa” tout court, di qualche anno più tardi. “Perché si scatena l’aggressività dei giovani”. Questo il titolo di un articolo del 28 novembre 1986 in cui si sottolinea l’importanza della scuola e dello sport “che possono fare moltissimo” . Mentre il 10 agosto 1991, il quotidiano torinese titolava: “Consigli per utilizzare l’aggressività dei giovani” partendo da un preciso fatto di cronaca: “Qualche giorno fa due ragazzini intorno ai dodici anni hanno intimato a un loro coetaneo di consegnargli lo skateboard sul quale stava compiendo evoluzioni per strada (lo skateboard per intenderci è quella specie di piccolo pattino su quattro ruote che va tanto di moda). Lo skateboardista si è rifiutato e così i due coetanei aggressori lo hanno menato, gli hanno preso l’amato monopattino e per non lasciare le cose a metà, gli hanno anche fregato l’orologio da polso: un Bulova subacqueo”.
Passando all’attualità, non si può non sottolineare la tendenza a considerare patologici molti atteggiamenti giovanili di cui non si vuole sottovalutare l’importanza, ma che andrebbero contestualizzati in maniera più articolata.
Davvero sono i giovani ad essere malati di ansia? Non sono altre le fasce di popolazione troppo ansiose se non impaurite? Oggi, in tutta Europa, ma soprattutto in Italia, prosegue, infatti, una lenta rivoluzione figlia della sproporzione raggiunta tra anziani e nuovi nati che incide evidentemente sulla percezione della normalità che abbiamo come adulti. La grande differenza rispetto a mezzo secolo fa è soprattutto
questa: i giovani da moltitudine attiva, anche politicamente, sono passati a porzione minore e isolata dalla popolazione italiana. Sono marginali, contano pochissimo dal punto di vista elettorale e appaiono ridotti a proiezioni di una popolazione, un elettorato, in maggioranza anziano.
Massimiliano Boschi
Immagine di apertura tratta dal periodico “Alto Adige Giovani” a cura del “Servizio Giovani” del febbraio 1986
Articolo in collaborazione con Ufficio Politiche Giovanili della Provincia Autonoma di Bolzano
Qui gli altri articoli dello speciale: “Giovane a chi”