
Agrifood TEF, tra ricerca e agricoltura digitale. Intervista a Raffaele Giaffreda
Innovazione. Unire ricerca, tecnologia e agricoltura per accompagnare le imprese verso un futuro più sostenibile e competitivo: è questo l’obiettivo di Agrifood TEF, uno dei progetti europei più ambiziosi nell’ambito dell’intelligenza artificiale e della robotica applicata all’agroalimentare.
Co-finanziato dall’Unione Europea e dagli Stati membri, il progetto coinvolge nove Paesi e una fitta rete di enti di ricerca e aziende, tra cui spiccano anche realtà del Trentino-Alto Adige. Ne abbiamo parlato con Raffaele Giaffreda, coordinatore del progetto per la Fondazione Bruno Kessler, che ci ha raccontato come Agrifood TEF sta supportando startup e imprese agricole nel testare soluzioni ad alto contenuto tecnologico direttamente sul campo. Dalle mele alle viti, fino al monitoraggio delle spore, ecco come l’innovazione prende forma tra i filari e i frutteti d’Europa — passando per l’Alto Adige.
Ci può raccontare cos’è il progetto Agrifood TEF e qual è il suo ruolo all’interno di questo progetto?
Certamente. Io sono coordinatore del progetto Agrifood TEF, che si inserisce all’interno del programma europeo Digital Europe. Questo programma mira a finanziare l’innovazione, creando un ponte più diretto tra ricerca e mercato.
“TEF” sta per Testing and Experimentation Facilities, ovvero strutture dedicate alla sperimentazione e al test di tecnologie innovative. Il progetto coinvolge una rete di partner e nove paesi europei che mettono a disposizione infrastrutture, campi sperimentali e ambienti reali dove le aziende tecnologiche possono testare e validare soluzioni di intelligenza artificiale e robotica, con il supporto di esperti e in condizioni reali, prima del lancio sul mercato.
Quindi Agrifood TEF può essere visto come un abilitatore tra aziende che sviluppano tecnologie e quelle che le implementano?
Esatto. Il progetto si rivolge in prima battuta alle aziende tecnologiche, ma la validazione avviene poi sul campo, in contesti agricoli reali. Questo permette di raccogliere feedback direttamente dagli utenti finali, ovvero gli agricoltori, per migliorare le soluzioni proposte.
Agrifood TEF è un progetto da 60 milioni di euro, iniziato nel 2023: 30 milioni sono finanziati dalla Commissione Europea e gli altri 30 dagli Stati membri. L’Italia, come nodo, ha uno stanziamento di 10 milioni di euro e noi come Fondazione Bruno Kessler siamo i coordinatori.
A livello nazionale, partecipano realtà come la Fondazione Edmund Mach di Trento, il Politecnico di Milano, l’Università di Milano (Facoltà di Agraria), l’Università di Napoli Federico II, il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), e altri partner tra cui anche chi si occupa della comunicazione del progetto.
Per quanto riguarda le tecnologie coinvolte, quali sono le principali soluzioni che state testando?
L’ambito è molto ampio. Le soluzioni spaziano dal benchmarking di robotica, al posizionamento in campo, alla percezione ambientale tramite sensori e visione artificiale, fino all’attuazione di trattamenti di precisione.
Un esempio concreto è la startup trentina GeoInference, che ha sviluppato un sistema di computer vision per contare le mele e stimare la produzione nei frutteti. Questo sistema, montato su trattori, permette di stimare anche il calibro delle mele sia sull’albero che in fase di raccolta. Abbiamo collaborato con loro per migliorare la performance degli algoritmi, ottimizzarli per funzionare offline e in tempo reale e identificare eventuali colli di bottiglia nel software.
Questa soluzione è poi stata adottata da Revo Italia, azienda produttrice di macchine agricole per la raccolta delle mele, per caratterizzare i cassoni in base alla qualità della frutta raccolta e quindi ottimizzare la gestione post-raccolta e la conservazione in magazzino.
Abbiamo anche lavorato con soluzioni di computer vision per il riconoscimento delle spore responsabili della ticchiolatura del melo, utilizzando trappole e sistemi automatici di identificazione per prevenire le malattie con interventi mirati.
Come sta andando attualmente il progetto? Qual è la risposta delle aziende?
La risposta, soprattutto nel resto d’Europa, è stata molto positiva. Abbiamo superato i 100 servizi forniti in nove paesi. Le realtà che non hanno avuto grandi ostacoli burocratici legati agli aiuti di Stato sono partite in maniera più spedita.
Il primo anno è stato dedicato principalmente alla costruzione del network e alla condivisione di asset e competenze tra partner. Ora siamo entrati nella fase operativa e più concreta del supporto alle aziende.
Com’è la vostra operatività in Alto Adige?
Abbiamo avviato una collaborazione con PlantVoice, azienda del NOI Techpark di Bolzano, che sviluppa sensori per il monitoraggio del flusso linfatico nelle piante. Dopo una prima campagna di raccolta dati in un vigneto, stiamo ora preparando un servizio di validazione per verificare e interpretare i dati raccolti.
Il territorio del Trentino-Alto Adige è pronto ad accogliere e valorizzare queste tecnologie?
Assolutamente sì. Il territorio è molto fertile, sia in senso agricolo che tecnologico. Ci sono colture specializzate, come meleti e vigneti, ma anche un ecosistema di innovazione ben sviluppato, grazie al lavoro di enti come la Fondazione Mach, la Fondazione Kessler e le università.
Sia Trento che Bolzano hanno fatto scelte intelligenti nel tempo, investendo in autonomia e ricerca, e oggi sono territori in grado di connettere efficacemente aziende e centri di innovazione.
In chiusura, quali sono le prospettive future del progetto? Dove volete arrivare?
Siamo a metà percorso: il progetto dura cinque anni e ne sono passati quasi due e mezzo. Ora ci concentreremo su come rendere questo modello sostenibile nel lungo periodo, anche dopo la fine del finanziamento europeo.
Punteremo a rafforzare i servizi più utili per la sostenibilità ambientale ed economica del settore agroalimentare, aiutando le aziende a migliorare le proprie marginalità e a promuovere l’adozione delle tecnologie. Vogliamo che le innovazioni non rimangano solo in laboratorio, ma arrivino davvero sul mercato, generando un impatto reale e concreto.
Nell’immagine in apertura Raffaele Giaffreda, coordinatore del progetto Agrifood TEF per Fondazione Bruno Kessler (foto Ufficio Stampa FBK)