Un altoatesino in Chiapas. Alessandro Zagato: l’arte, i “narcos” e l’Esercito Zapatista
Da una delle province più ricche d’Europa allo Stato più povero del Messico, da Bolzano al Chiapas, il percorso di “emigrazione” di Alessandro Zagato può apparire decisamente controcorrente, o almeno alquanto originale. E invece…
E invece, segue un percorso di crescita individuale e culturale decisamente lineare pur nella sua imprevedibilità. “Sono i percorsi della vita – premette Zagato- non c’è una linea logica ma faccio parte della generazione Erasmus, di coloro che hanno potuto studiare all’estero, io a Berlino, allargando la propria rete di conoscenze e opportunità. La mia mi ha portato in Irlanda, in Norvegia e, soprattutto in Messico”.
Curriculum alla mano, Zagato, nato a Bolzano, si è laureato a Bologna, ha svolto un Master a Lisbona, poi il dottorato in irlanda, il post dottorato a Puebla in Messico e ha proseguito come ricercatore in Norvegia. Attualmente vive a San Cristobal de Las Casas, in Chiapas, ma lavora come rappresentante per l’America Latina di Pen America che ha sede a New York, per l’esattezza a Broadway.
Nello specifico, è il rappresentante regionale dell’America Latina per “Artists at Risk Connection”, organizzazione che tutela il diritto alla libertà di espressione artistica in tutto il mondo. “Il passaggio dall’Europa all’America – precisa – è figlio di un incontro fondamentale avvenuto alla Maynooth University. Quello con John Halloway sociologo, filosofo e giurista irlandese che vive da oltre trent’anni in Messico. Per seguire un suo corso mi sono trasferito a Puebla e ho incominciato a sviluppare un progetto di ricerca sui gruppi di autodifesa comunitaria che sono piuttosto diffusi in Messico Si tratta di comunità che si auto-organizzano per difendersi dai cartelli dei narcos che vivono della produzione e traffico di droga. Comunità che hanno creato apposite milizie popolari”.
A proposito di incontri e di milizie popolari, tanto vale togliersi subito “il dente” per chiedere a Zagato se ha mai incontrato l’uomo che ha attirato l’attenzione dei media di tutto il mondo sul Chiapas: il subcomandante Marcos, portavoce dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (Ezln). “Sì, l’ho incontrato un paio di volte. L’ho conosciuto quando è venuto a San Cristobal per assistere al festival culturale CompARTE por la Humanidad che ospitava opere di artisti zapatisti e non. Per l’occasione ho presentato un mio lavoro sulla poetica dell’estetica dell’arte comunitaria zapatista. Il Subcomandante Marcos – che già si era ribattezzato Subcomandante Galeano – ha partecipato a diversi eventi e ho avuto l’occasione di stringergli la mano e di scambiare qualche parola con lui. Poi l’ho incontrato nuovamente in occasione della preparazione di una mostra che abbiamo tenuto a L’Avana”.
Arte e artisti che sono al centro del lavoro con Pen America. In cosa consiste?
Io mi occupo delle attività latino americane dell“Artists at Risk Connection” che tutela e difende gli artisti e le artiste latino americani oggetto di minacce e che sono impossibilitate a continuare il loro lavoro. Contemporaneamente porto avanti l’attività di ricerca che mi ha portato in Chiapas.
A proposito di questo, l’Ezln ha appena festeggiato i 30 anni dalla sua nascita, qual è la situazione attuale?
Sì, a gennaio c’è stata la festa a cui ho partecipato. Oggi la situazione è molto diversa rispetto a trent’anni fa. Nel gennaio 1994 l’Ezln aveva occupato molti territori con una rivolta armata che aveva permesso di ridistribuire l’uso della terra a molte famiglie rurali. Ai tempi i proprietari terrieri mantenevano i contadini in una sorta di schiavitù, mentre nelle città del Chiapas vigeva un regime di apartheid nei confronti delle popolazione indigene. La rivolta zapatista ha cambiato questo stato di cose. Negli anni successivi, però, l’esercito messicano ha imposto politiche che hanno progressivamente smantellato l’organizzazione zapatista del territorio. Lo ha fatto con politiche assistenzialiste e con il vecchio metodo della “guerra sucia”, una guerra sporca portata avanti finanziando gruppi criminali armati che agivano in maniera violenta contro gli zapatisti. Ricordo per esempio il massacro di Acteal del dicembre 1997.
Come ha reagito l’Ezln?
L’Ezln da anni ha rinunciato alla violenza come soluzione delle questioni politiche e ha avviato politiche di autonomia sanitaria ed educativa nei territori che ancora controlla. Politiche che si scontrano con un contesto molto complicato perché risulta evidente il tentativo degli Stati Uniti di spostare a sud, alla frontiera tra Messico e Guatemala, le tensioni relative al traffico dei migranti e della droga che hanno contraddistinto per anni il confine tra Stati Uniti e Messico. Di conseguenza anche in Chiapas sono aumentati gli atti di violenza di gruppi criminali che si stanno disputando il controllo dei traffici illegali. Questo ha spinto l’Ezln a ripensare alla struttura di autodifesa e dell’autonomia. Per quel che riguarda l’organizzazione, si è scelto di aumentare l’orizzontalità della struttura di potere e il potere è stato affidato ad assemblee popolari che tentano di coinvolgere maggiormente i contadini, nei processi decisionali. La struttura militare è invece rimasta simile ma sono cambiati i vertici e oggi è guidata dal subcomandante Moisès.
La città di San Cristobal è una città “zapatista”?
No, ma la sua storia recente è molto legata al movimento zapatista. La città si è fatta un nome durante la rivolta di trent’anni fa e, paradossalmente, proprio grazie alla rivolta sono arrivate le infrastrutture che l’hanno collegata con il resto del Paese. L’esercito messicano ha costruito strade e autostrade per poter controllare meglio il territorio, così, a partire dal 1994, San Cristobal si è potuta riempire di persone di provenienza molto diversa tanto da avviare anche qui un processo di gentrificazione.
Il turismo ha cambiato anche San Cristobal?
Sì, le persone arrivate qui per conoscere meglio il Chiapas zapatista e la spiritualità maya hanno cambiato la vita della città. Ai pochi antropologi che la usavano come base per incontrare e studiare la popolazione della selva si sono aggiunti ricercatori, giornalisti, artisti e hippies. Inoltre, la città è stata inserita nell’itinerario dei Pueblos magicos messicani che hanno aumentato i flussi turistici.
Un turismo decisamente diverso da quello altoatesino…
Sì, ma non conosco molto bene la situazione attuale. Ho lasciato a Bolzano a 19 anni e ci torno solo per le vacanze di Natale, come un turista.
Un fan del mercatino?
Certamente (ride)
Massimiliano Boschi
Immagine di apertura. Alessandro Zagato con la figlia. Tutte le foto sono di Alessandro Zagato