Anna Carol: la musica, il successo, la vellutata di zucca. E su Sanremo…

Musica. E’ il 31 dicembre, mancano poche ore alla fine del 2024 e Anna Carol, come tutti, si sta preparando per il cenone. Poco prima dell’appuntamento per l’intervista, avvisa che tarderà cinque minuti a causa della vellutata di zucca che sta cucinando con la pentola a pressione: “Non so se si può interrompere la cottura, non sono sicura di quel che può succedere, comunque arrivo”. L’occasione per l’intervista, la fornisce l’uscita del suo nuovo singolo “Diversi tipi di dolore” (INRI Records/Metatron), il secondo del nuovo album in fase di lavorazione. Ma quella vellutata di zucca…

Anna Carol, all’anagrafe Anna Bernard, si mostra carica. Merito della lavorazione dell’album a cui sta lavorando, ma non vuole svelare troppo, a partire dal titolo, ma non nasconde la sua soddisfazione: “Sì sono contenta, ogni canzone ha una sua piccola identità e non vedo l’ora che l’album sia completo”.

Nonostante tutto, continui a ragionare in termini di album e di disco?

Sì, credo sia inevitabile, un album segna comunque la fine e l’inizio di un percorso. Poi, sono cresciuta con gli album, con i cd, ancor più con le musicassette e ragionare in termini di album permette di concentrarsi su alcuni temi importanti. Siamo sommersi di nuove uscite e da un flusso continuo di informazione e si rischia di perdere il filo, credo sia importante ragionare su un percorso narrativo preciso.

Un percorso che ti sta soddisfa…

Sì, le canzoni hanno una loro identità e mi viene detto che sto realizzando qualcosa di particolare nella musica italiana di oggi. Ho firmato con un’etichetta più grande con un team più strutturato. Questo mi carica notevolmente.

Ne serve molta? Come ci si confronta con un mondo musicale sempre più sfilacciato e complicato? 

Sto cercando di trovare una mia collocazione in un ambiente che mi piace e che mi carica di energia positiva. E’ vero, il mondo discografico di oggi è problematico, è molto cambiato negli ultimi anni, ammetto di aver perso molto tempo nel trovare la quadra.

Sembra una strada che non prevede più punti di riferimento…Hai un traguardo?

Innanzitutto, non è una strada che si intraprende per  fare per soldi, sarebbe davvero irrazionale. Non è nemmeno una questione di “successo”. E’ un processo lento, direi una fioritura. Io sento la necessità di scrivere e di fare ascoltare le mie canzoni, e questa o la si ha o non la si ha. Il mondo della musica è molto cambiato, non è più come qualche anno fa. Oggi sono pochissimi quelli che hanno un grande successo mentre moltissimi sono seguiti da una nicchia, ma la somme della nicchie forma un mercato enorme. La musica è in mano a chi ascolta,

In attesa di trovare il tuo posto definitivo, come ti ci trovi? Davvero va tutto bene?

E’ un discorso complicato. Per i cantautori, oggi è più facile produrre un disco, ma è più complicato trovare un pubblico perché non ci sono più autostrade da seguire. Si tentano molte strade, ma ammetto che è frustrante non sapere come arrivare a un pubblico che sai che esiste e che ti potrebbe apprezzare. Magari non è così numeroso, ma so che esiste

Faticoso?

A tratti è estenuante, fra alti e bassi si cerca di mantenere un sano equilibrio mentale.Le frustrazioni vengono fuori nei momenti bui. A volte riesco a ricaricarmi solo dedicandomi ad altro. Ma al momento sono soddisfatta, ho molte piccole soddisfazioni che mi spingono ad andare avanti. I complimenti ricevuti da chi stimo, per esempio, mi rigenerano.

E’ sempre stato così, ma ora l’immagine dei cantanti, e soprattutto delle cantanti, sembra contare in maniera fondamentale. Come ti ci confronti?  

Nei live cerco di darmi un’identità precisa, ma non si può gestire tutto, è anche una questione di risorse a disposizione. La comunicazione di quel che si fa è davvero complicata. Rispetto alla questione femminile, se ti riferisci a Elodie o Annalisa, quello non è il mio “campionato”, non punto a quello. Quando scrivo le canzoni cerco la profondità, sono molto attenta al contenuto, non mi chiedo continuamente cosa possa funzionare.

Domanda retorica, essere una cantautrice donna rende il percorso  più difficile?

Sicuramente sì. Per una donna è più difficile che per un uomo. Persistono ancora alcuni pregiudizi, per esempio, i fonici non si rivolgono mai a me per la parte tecnica. Nell’ultima tournè chiedevano sempre al batterista che non sapeva cosa rispondere…

Sei passata dal cantare in inglese col progetto “Carol might now” all’italiano di Anna Carol, come mai?

Fa parte di un percorso di crescita, ho capito quanto è stata importante per me la musica italiana, sono cresciuta ascoltando Lucio Dalla e Pino Daniele. La lingua italiana è tornata a esercitare un forte richiamo. In italiano non ho filtri, alcune cose le dico e le penso solo in italiano. E’ la mia lingua intima

Ora dividi il tuo tempo tra Bolzano e Milano. Come va? Dopo le esperienze di Rotterdam e Londra come sta andando?

Come dicevo, sono cambiata anche io. MIlano mi piace moltissimo, mi sento a casa, è una città grande ma il quartiere in cui vivo è come un paese di provincia.

E Bolzano?

Ecco, è fin troppo casa. Qui chi ha talento viene cullato e coccolato e questo rischia di smorzare fame ed entusiasmo. Forse è una questione di risorse a disposizione, ma credo che questo finisca per uccidere la fame e il talento. E’ vero qui è più facile campare di arte e musica, ma col tempo viene a mancare quello spirito di necessità, quella mancanza di sofferenza che ti spinge a dare di più e a provare nuove strade.

Questa intervista uscirà a metà gennaio, saremo vicini a Sanremo? Che ne pensi? Mai pensato di andarci?

Al momento giusto con la canzone giusta, ci andrei volentieri. Il Festival è una vetrina molto importante, ma è un evento televisivo. Però c’è l’orchestra, una settimana di follia… Comunque un giorno mi piacerebbe andarci, ma con una canzone che mi rappresenti veramente.

E cosa ti rappresenta veramente?

Io scrivo e suono, e nel mondo musicale di oggi non è così normale. Mi sento musicalmente libera, non sono schiava del mercato né del pubblico. Faccio quello che mi rappresenta, voglio registrare in studio per avere un suono preciso. Non cerco scorciatoie.

Ti fa onore, ma non ti sembra di salire su una scala mobile che sta scendendo? Pensi che un po’ più di rabbia potrebbe aiutare? 

Io sono sicura di quello che faccio, sono critica e mi arrabbio, ma credo che ci sia un momento giusto per ogni cosa. Sì, forse sono troppo educata e mi autocensuro. Però, anche questo continuo definire come elegante la musica che faccio e come sono comincia a stancarmi…

Ecco questo proposito, a che punto è la vellutata di zucca nella pentola a pressione? Non è che sta per esplodere?

Massimiliano Boschi

Immagine di apertura: foto ©Rosario Multari

 

 

 

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