L’attesa. Viaggio dentro l’ospedale di Bolzano, seconda puntata

Se si vuole raccontare l’ospedale di Bolzano come una città, non si può pensare di andarci un paio di volte buttando una rapida occhiata in giro. Occorre visitarlo in più occasioni, in giornate e orari diversi. Per arrivarci è sempre stato utilizzato un bus della linea 10/a in partenza dal centro e almeno in un terzo delle occasioni e il viaggio è risultato completamente gratuito grazie alle obliteratrici guaste. Si potrebbe ringraziare la Sta (Struttura Trasporti Alto Adige) per l’omaggio e passare oltre, non fosse che il perdurare del problema impedisce di conoscere quanti siano gli utenti che ogni giorno raggiungono in autobus le varie fermate e quella dell’ospedale risulta strategica, non solo a causa del consistente numero di persone che ogni giorno lo raggiunge.
Non è una questione meramente statistica e l’arrivo in ospedale lo dimostra sin dalla prima occhiata. E’ evidente che le fermate dell’autobus, così come gli ingressi pedonali, con scale o discesa, quelli automobilistici con relativi parcheggi per pazienti e dipendenti, gli arrivi delle ambulanze e dell’elisoccorso e quelli di moltissime persone a mobilità ridotta, vanno attentamente monitorati e soprattutto gestiti. Ovviamente, un’ambulanza non può trovarsi in coda all’ingresso o bloccata da un parcheggio in doppia fila, una persona con mobilità ridotta non può permettersi scale o lunghe passeggiate o file in attesa di entrare in ospedale e gli autobus non possono trovarsi incolonnati bloccando la principale strada di accesso. Conoscere il numero delle persone che arrivano in bus non è, quindi, un dato secondario, perché le oltre 12.000 persone che ogni giorno si recano per motivi diversi all’ospedale di Bolzano vanno gestite sin dal loro arrivo.

L’attesa

Tutti gli ospedali sono pieni di sale di attesa, ci chiamano “pazienti”, ci sarà un motivo. Quello di Bolzano non fa eccezione, l’ingresso principale al primo piano, aperto ogni giorno dalle sei alle ventidue, si apre su un atrio che è anche una grande sala d’aspetto dotata di bar e “portineria”.
Sono le nove di mattina e la sala è affollata da oltre settanta persone. Il bar è a pieno servizio, ma la maggior parte è evidentemente in attesa di qualcosa o qualcuno. Lo stato d’animo, ovviamente, non è lo stesso di chi aspetta un treno o di pagare un bollettino in posta. In ospedale, l’ansia mitiga la fretta, perché la possibilità che arrivino notizie che possono cambiare la propria vita è decisamente più alta che altrove. Una diagnosi può limitarsi a modificare la dieta quotidiana o cambiare la propria vita per sempre, l’ansia si fa sempre più concreta mano a mano che si avvicina al dolore. Questo, però, è solo uno dei molteplici aspetti che deve considerare chi quell’ospedale deve “mandarlo avanti”.
Perché, mentre quelle settanta persone e altre decine sparse per l’ospedale restano in attesa di una risposta di qualche tipo, altre centinaia stanno semplicemente svolgendo il proprio lavoro. C’è il barista che sta servendo il caffè al cinquantenne con la stampelle in debito di chiacchiere, la signora che si occupa delle pulizie china sui suoi strumenti di lavoro, il personale addetto alla cassa del ticket e all’accettazione e quello che cerca di aiutare chi si sta perdendo nell’arcobaleno di colori e lettere che indicano il percorso per i vari reparti.

I prelievi

Come già annunciato, non è la prima visita in ospedale e per comprenderne la complessità si sa già dove dirigersi: la sala prelievi dove ogni giorno centinaia di persone vanno a farsi prelevare il sangue. Il susseguirsi del suono che avvisa del passaggio al numero di prenotazione successivo rende concreto un dato già sottolineato nella prima puntata di questo “viaggio”. Ogni giorno l’ospedale di Bolzano fornisce oltre 9000 prestazioni ambulatoriali. Nonostante questo, la sala di attesa per i prelievi non è piena, l’orario di punta è già passato, ma cinque sportelli sono aperti: uno per l’accettazione e quattro per la verifica delle carte e la consegna del numero. Poi si entra nell’ambulatorio e il personale sanitario si appresta all’ennesimo prelievo della giornata. Si inizia col discorso di prammatica, poi, verificato lo stato d’ansia del paziente, si passa a disinfettare il braccio e all’inserimento dell’ago. Terminato il prelievo si applicano i codici a barre sulle provette, si saluta e si passa al prossimo. Così, tutti i giorni per tutto l’anno. Per chi lavora è routine, quasi una catena di montaggio, per i “pazienti” è comunque un evento, anche se si tratta di una banale visita di controllo.
Pensate sia un’esagerazione? Verificate i calendari o le agende di chi è anziano, di chi è in pensione da qualche tempo.  E’ molto probabile che ci troviate solo gli orari delle visite mediche. (segue)

Massimiliano Boschi

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