Un giorno di vita e di lavoro nella città sotterranea del Brennero

Sono le 13.01 di venerdì 15 marzo 2019, quando entro nella galleria del tunnel del Brennero a Mules. Ai piedi larghi stivali di gomma, in testa uno stretto caschetto di sicurezza, al collo un rilevatore Gps, a fianco, al volante dell’auto di servizio su cui procediamo all’interno della montagna, il geologo bolognese Stefano Casale che sarà la mia preziosissima guida. Preziosa e assolutamente necessaria perché senza di lui mi metterei a piangere al primo incrocio di gallerie, tutte uguali, tutte grigie, tutte apparentemente infinite. Anche la prima che percorriamo, quella che chiamano «discenderia», sembra non finire mai, potete osservarlo all’inizio del video che segue.

Prima di proseguire nella descrizione di quella che si rivelerà una sorta di città sotterranea, è utile spiegare come chi scrive sia finito dentro una montagna. L’articolo sul tunnel del Brennero uscito due settimane fa ha avuto un grande quanto inatteso successo. Probabilmente per questo, a pochi giorni dalla pubblicazione, Bbt ci ha contattati per organizzare un’intervista con l’amministratore di parte italiana di BBT SE: Raffaele Zurlo. Lo incontro negli uffici Bbt che sorgono a lato della stazione ferroviaria di Fortezza. Finite le presentazioni, Zurlo salta rapidamente i convenevoli per dichiarare con un sorprendente sprezzo del pericolo che «chi lavora nei cantieri del Bbt può considerarsi fortunato».

Cerco di nascondere il salto sulla sedia e lo lascio proseguire: «Ogni lavoratore dei nostri cantieri, dal più giovane al più vecchio, svolge un lavoro qualificato e garantito economicamente. Chi ha fatto esperienza in cantieri dello stesso genere sa che qui le condizioni di lavoro sono molto migliori che altrove, lo dimostrano i bassissimi indici di infortuni sia per quel che riguarda il numero che la gravità e la puntualità dei pagamenti. Personalmente mi ritengo fortunato a lavorare qui e credo lo siano tutti se paragoniamo le condizioni di lavoro con altri cantieri simili. Questo è un progetto al massimo livello e lo posso ragionevolmente sostenere alla luce di un’esperienza più che ventennale».

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In attesa di verificare l’opinione dei lavoratori stessi, non si può negare, ma era già stato sottolineato nell’articolo di due settimane fa, come le richieste dei lavoratori risultino ascoltate e Bbt cerchi di fornire risposte adeguate, Zurlo elenca le principali: «I problemi di areazione che abbiamo avuto nella prima fase di lavorazione del lotto Mules 2 e 3 sono stati affrontati grazie ad un investimento importante da parte del raggruppamento degli appaltatori. Il nuovo impianto di ventilazione è più efficace e se non lo abbiamo fatto prima è anche a causa di difficoltà oggettive. Per ridurre l’impatto ambientale sul territorio abbiamo ridotto le finestre di ventilazione, ne abbiamo una sola mentre, per esempio, in Austria ne hanno tre. Questo ha portato alcune problematicità che abbiamo sistemato. Ma ci siamo attivati anche rispetto a richieste più semplici, a breve avremo la fermata del bus di linea davanti al campo base di Mules e stiamo installando pannelli fonoassorbenti per permettere un riposo più tranquillo a chi dorme nelle vicinanze dell’autostrada. Alle richieste ragionevoli cerchiamo sempre di dare una risposta. Sappiamo che questo genere di lavorazioni è faticoso e usurante, che gli operai sono costretti a stare lontani dalle famiglie per molto tempo, ma da parte nostra facciamo il possibile per migliorare le condizioni di lavoro». Prima di lasciarci l’ingegner Zurlo precisa un ultimo importante aspetto: «Le cifre scritte nel precedente articolo sono giuste, ma nessuno dei nostri appalti era al massimo ribasso non lo permette la legge».

Finita l’intervista, è giunto il momento di infilarsi stivaloni di gomma, caschetto e di dirigermi verso il cantiere. Finita la «discenderia» descritta all’inizio, finiamo in quello che appare come un labirinto inestricabile. Galleria a destra e a sinistra, semafori o operai con la classica racchettona rossa e verde che dirigono l’intenso traffico di mezzi. Non ho la più pallida idea di come la mia guida riesca ad orientarsi. Al primo semaforo rosso scendo per verificare la qualità dell’aria. Non ho mezzi per valutarla con precisione, ma devo ammettere che è molto meglio di quanto immaginavo. Abbiamo percorso un paio di chilometri dentro la montagna e nonostante il via vai di mezzi l’aria sembra assolutamente respirabile e anche la temperatura interna non è male, molto meglio di quella esterna di poco superiore allo zero.

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Ripartiamo mentre Stefano Casale mi descrive con grande precisione e sana passione ogni lavorazione in atto. Proseguiamo prima verso nord e poi verso sud (almeno credo), osservando una miriade di cantieri diversi tra loro non solo per le dimensioni. Se in un punto si vede solo una ruspa al lavoro, in un altro gli operai stanno costruendo un nastro trasportatore, altri fanno rilievi in un camerone mentre in un’area vasta e luminosa si sta costruendo l’enorme fresa che procederà ai prossimi scavi. Non in tutte le zone l’aria appare sana come nella sosta precedente, ovviamente se un mezzo resta acceso a lungo l’aria ne risente ma le rilevazioni non toccano ovviamente a un giornalista.

Per altro, mi è difficile comprendere tutta la terminologia tecnica del racconto di Casale e i fraintendimenti non sono rari. Per esempio, quando parla di “spritz” non si riferisce all’aperitivo altrimenti noto come “veneziano”, ma allo “spritzbeton”, ovvero al “calcestruzzo proiettato”, quello con cui sono costruite le gallerie. Quindi, quando si dice che i lavoratori stanno aspettando lo spritz è meglio evitare di pensare a gente accomodata al bar. Occorre altresì ammettere che chi scrive ha compiuto l’ultimo lavoro manuale nello scorso millennio e risulta quindi particolarmente colpito dalla vastità e complessità del cantiere. Quello che viene genericamente chiamato “Tunnel del Brennero” è in effetti qualcosa di molto diverso da una lunga galleria in cui si procede un metro alla volta. E’ molto più simile a una città sotterranea in bianco e nero, la polvere e il grigio delle pareti uniformano tutto tranne le divise arancioni degli operai, unica nota di colore di questa particolare città.

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Detto con un pizzico di precisione in più, è come se tutti i cantieri presenti in una grande città fossero stati trasferiti sotto terra e illuminati da luce artificiale. Per fortuna l’ingresso è riservato unicamente al personale autorizzato, altrimenti gli umarells di mezza Europa si darebbero appuntamento sotto queste montagne per poter unire le mani dietro la schiena e scrollare la testa perplessi come da “copione”.

Dopo circa un’ora usciamo dal tunnel e la vista del cielo risulta molto molto rassicurante. Proprio in quel momento capisco perché i lavoratori citati da Pisetta due settimane fa non si considerassero per nulla fortunati. Passare otto ore in quella città sotterranea nelle corte giornate invernali e trovare all’uscita buio e freddo deve essere qualcosa di difficilmente tollerabile. Fortezza e dintorni, inoltre, non offrono svaghi particolarmente allettanti. Nel viaggio di ritorno incrociamo una birreria poi niente altro fino al piccolo bar di Fortezza. Ovviamente, nessuno incolpa Bbt o altri per la mancanza di svago, ma i numerosi lavoratori del Sud Italia che si ritrovano a vedere il cielo una volta alla settimana e il sole ancor più raramente, faticano parecchio a considerarsi fortunati. Non fosse altro che, come già scritto, non attendono che la buona sorte li colpisca casualmente, sono qui per afferrarla.

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