Case mobili per i senzatetto: a Merano spuntano le «capsule» anti-gelo
Da un po’ di mesi per le strade di Merano circola una capsula mobile che ha catturato l’attenzione e la curiosità di molti cittadini. A un primo impatto è difficile capire di che cosa si tratta, un oggetto dall’aria misteriosa, ma è avvicinandosi che viene svelato l’arcano: l’interno, infatti, è abitato. Dentro ci vive uno dei tanti senzatetto dell’Alto Adige che ha deciso di sfuggire dalla vita di strada e trovare riparo all’interno di quella che è a tutti gli effetti una sorta di roulotte trainabile. A idearla è stato il meranese Johannes Inderst, artista e insegnante di scuola media, che con l’aiuto di alcuni studenti della scuola media di Meltina ha voluto dar vita a un progetto in parte provocatorio che riportasse sotto la luce dei riflettori il problema della carenza di alloggi per le persone senza fisse dimora. “Un paio di anni fa con i miei studenti avevamo realizzato dei sacchi a pelo per i senzatetto di Bolzano. Durante gli sgomberi degli ultimi anni però molti di questi sono andati persi. Da lì è nata l’idea di realizzare qualcosa di più concreto per permettere loro di potersi spostare in base alle esigenze”, racconta Inderst.
Prendendo spunto dalle case mobili create dallo statunitense Paul Elkin, Inderst e i suoi aiutanti hanno creato tre modelli di capsule pensate per garantire un nuovo comfort alla persona che ci vive dentro, focalizzandosi soprattutto sul problema delle basse temperature invernali. Per questo sono state realizzate utilizzando materiali di riciclo e dispongono di un sistema di areazione. La base è composta da uno strato di legno, mentre il tetto e le pareti che rivestono la capsula sono in polipropilene, un materiale con una buona resistenza termica e all’abrasione. L’intera struttura è inoltre ricoperta da uno strato isolante ideale per offrire un riparo ai senzatetto dalle temperature rigide, e per non costringerli a dormire per strada o su una panchina (che spesso presentano delle barriere installate apposta per impedire loro di riposarci sopra). La capula, come detto, è mobile: oltre a disporre di ruote è anche possibile agganciarla ad una bicicletta.
Al momento delle tre capsule ne è in funziona una sola. Ma la soluzione sembra essere apprezzata dai diretti interessati: “La persona che abita dentro la capsula si trova molto bene ed è felice di non dover più dormire sui marciapiedi. Questa deve essere però solo una soluzione confortevole d’emergenza. Bisogna aprire gli occhi e insistere su nuove politiche attive di aiuto verso i senzatetto”, commenta Inderst. Quello delle capsule è un metodo che è stato adottato anche in altre città europee: a Ulm, ad esempio, città nel sud della Germania, sono state realizzate le Ulmer Nest (in italiano ‘Nidi di Ulm’), dei rifugi antigelo sostenibili ideati per fornire caldo alle persone più vulnerabili e che sono stati installati in diverse zone della città.
A mostrare grande interesse verso il progetto è stato Robert Vorhauser, operatore sociale e membro del progetto Housing First della Comunità Comprensoriale del Burgraviato. “Mi ha colpito subito questa idea tanto semplice quanto innovativa”, racconta. Un anno fa lo stesso Inderst aveva organizzato assieme la galleria Kunst Merano una manifestazione di supporto verso i senzatetto dove aveva presentato l’idea delle capsule e sollevato il problema della mancanza di case per le persone meno fortunate. “L’esperienze che arrivano dall’estero sono chiare e tolgono ogni dubbio: più tempo un senzatetto rimane per strada più difficile sarà riuscire a spostarlo da lì reintegrandolo nella società. Per questo non c’è più tempo da perdere”. La palla ora è in mano al Comune, con la quale i discorsi sono già stati avviati: “Bisogna trovare alloggi in cui sistemare queste persone garantendo loro l’affiancamento di un operatore. Solo così li si può ridare dignità”. Non è però una cosa facile: “Al momento manca una disponibilità concreta di appartamenti. L’ideale sarebbe riuscire a creare un mix tra l’aiuto pubblico e quello privato. L’inverno sta arrivando e pensare che nel ricco Alto Adige ci siano ancora così tante persone che dormono sotto i ponti e per strada è francamente inaccettabile”, conclude Vorhauser.
Alexander Ginestous