Che fine ha fatto il cattolicissimo (Sud)Tirolo? Cosa dicono i dati e l’analisi di Paul Renner

Alto Adige. A due secoli dalla morte di Andreas Hofer, fucilato a Mantova per ordine di Napoleone mentre teneva un crocifisso tra le mani, a sud del Brennero cosa è rimasto del cattolicissimo Tirolo?
Fino a pochi decenni  fa, la risposta sarebbe stata semplice: moltissimo. A testimoniarlo, non solo il numero di croci campestri e crocifissi diffusi su sentieri e  strade dell’Alto Adige, ma anche alcuni dati precisi. Per esempio, cinquant’anni fa, nel 1974, si tenne il referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio. A livello nazionale il “No” ottenne  il 59,25% dei voti e la legge che permetteva il divorzio venne confermata. Anche in provincia di Bolzano vinse il “No”, ma con un risicato 50,35%,  solo 1647 voti lo distanziarono dal “Sì”. Lo scorporo dei voti rende meglio l’idea, se a Bolzano città il “No” ottenne il 72,47%, a Bressanone vinsero di stretta misura i “Sì” (17 voti di differenza) mentre in Valle Aurina e a Moso in Passiria i “Sì” trionfarono rispettivamente con il 76,4% e l’’85,2%..
Nei sette anni successivi la situazione non subì grossi cambiamenti. Nel maggio 1981 si tennero cinque referendum tra cui due riguardanti l’aborto. Uno dei due era promosso dal Movimento per la vita in chiave antiabortista. A livello nazionale la proposta del Movimento per la vita venne rifiutata con il 68% di “No”, in Alto Adige/Südtirol, invece, i “No” furono in minoranza. Con il 54,18% di “Sì”, quella di Bolzano fu l’unica provincia italiana in cui la proposta del Movimento per la vita risultò maggioritaria.
(Per gli appassionati al tema, a Moso in Passiria i “Sì” furono l’81,24%).

L’Alto Adige oggi

Fino a pochi decenni fa, quindi, l’Alto Adige Sudtirol si confermava legatissimo ai tradizionali valori cattolici, ma oggi? A mezzo secolo dal referendum sul divorzio, qual è la situazione?
Non potendoci basare sui risultati di referendum recenti, occorre cercare segnali in altri dati, a partire da quelli demografici. Per esempio, nel 2022 solo il 25,4% delle coppie altoatesine  ha optato per un matrimonio religioso, il 74,6 % ha scelto di sposarsi con rito civile. Un dato molto diverso da quello nazionale. Nel resto d’Italia, sempre nel 2022, i matrimoni civili sono stati il 56,4% contro il 43,6% dei matrimoni religiosi. Quasi venti punti percentuali di differenza.
(Sempre per gli appassionati, negli ultimi dieci anni a Moso in Passiria si sono tenuti 103 matrimoni, 72 civili e 31 religiosi).
Il grafico dell’Astat pubblicato di seguito compara il numero di matrimoni religiosi con quello dei matrimoni civili in Alto Adige a partire dal 1990. Un grafico che evidenzia il grande cambiamento avvenuto negli ultimi trent’anni.

Decisamente interessante anche il dato dei figli nati fuori dal matrimonio. La media italiana è del 41,5%, mentre in Provincia di Bolzano è del 48,4%, la più alta del Nord-Est. Come interpretare anche questo dato? L’Alto Adige/Südtirol, non solo non è più cattolicissimo, ma è diventato più laico di molte altre province italiane?
Nel dubbio, abbiamo girato la domanda a Don Paul Renner, teologo, professore emerito di Scienze della Religione e Teologia Fondamentale, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Bolzano e dell’Istituto “De Pace Fidei”. Insomma, un esperto della materia raggiunto telefonicamente mentre percorre valli e gallerie dell’Alto Adige per far fronte a uno dei suoi numerosi impegni.
“Oggettivamente – premette – i dati segnano una crisi di fedeli in tutta Europa e per tutte le confessioni cristiane. Viviamo nel mondo della concretezza materiale, la spiritualità tradizionale fa fatica a tenere il passo coi tempi. In altre parti del mondo le chiese cristiane sono molto vivaci, forse per le diverse condizioni di vita, sentono maggiormente la presenza della provvidenza. Qui da noi, la provvidenza è rappresentata da mamma Provincia o dal turismo…”.  Poi ci sarebbe la questione delle vocazione e  proprio dai territori più poveri arrivano molti dei nuovi sacerdoti: “Il problema non si può negare, il numero dei futuri preti è in forte calo, nel seminario di Bressanone sono tredici gli studenti che diventeranno sacerdoti, uno proviene dalla Val Pusteria, due dall’India e dieci dalla Tanzania. Il pusterese intende restare in Alto Adige mentre gli altri, dopo la formazione e un servizio di cinque anni, potranno scegliere dove andare”.

Ma…

Quelli citati fino ad ora, però, sono solo alcuni degli elementi che delineano il contesto. “Alcuni dati  – precisa Don Renner – vanno approfonditi. Per esempio, ho potuto verificare personalmente come molti celebrino il matrimonio in Comune per vari motivi e poi si sposano in chiesa. ma figurano comunque e unicamente come sposati con rito civile. Non solo, i battesimi sono ancora molto richiesti anche dalle coppie non molto praticanti. Noi, ovviamente, chiediamo che di conseguenza ai battezzati venga garantita un’educazione cristiana, poi da grandi faranno le loro scelte. E’ una scelta libera, noi non spariamo nella schiena a chi lascia la pratica cristiana”.
Ma, aggiunti questi elementi, Don Paul Renner propone soprattutto un’analisi non banale del contesto in cui tutto questo sta avvenendo. Un ragionamento che può cogliere in “contropiede” chi preferisce adagiarsi sui luoghi comuni. Proprio per questo risulta decisamente interessante.
“Per quel che riguarda il nostro territorio, vorrei ricordare che non esiste un solo Alto Adige, ma ne esistono tanti. L”italiano’ di via Resia a Bolzano è diverso dal ‘tedesco’ di Gries che a sua volta è molto diverso dal ‘tedesco’ della Valle Aurina. Esistono diversità culturali importanti e a San Genesio, sul Renon o sullo Sciliar la tradizione e l’appartenenza a una comunità sono ancora molto importanti. Se mi è permesso citare Byung-chul Han, i riti danno accasamento, mentre i telefonini avvicinano i lontani e allontanano i vicini”.

Don Paul Renner

Purtroppo, le gallerie interrompono ripetutamente l’intervista telefonica, nell’attesa che la conversazione possa riprendere, Don Renner canticchia e fischietta, poi, una volta tornato a “cielo aperto”, allarga gli orizzonti portando tutti fuori dal tunnel.
“Mi preme ricordare che attualmente la Chiesa ha un taglio critico verso la società consumista che viene poco apprezzato dai media. I potenti non amano certi discorsi su pace, giustizia, promozione dello sviluppo etc. e le encicliche papali orientate a solidarietà, cura del Creato e contrarie alla società dei consumi non godono dei favori dei principali media. Predicare la sobrietà, cosa che fanno tutte le principali religioni, è in controtendenza rispetto all’ordine mondiale che prevede di vendere, vendere, vendere, consumare, consumare”. Una Chiesa, quindi, che sarebbe passata di moda anche perché “antagonista” al sistema e al modo di pensare comune. “Le differenze con le politiche che godono attualmente di grande consenso sono evidenti. Le comunità religiose hanno una prospettiva mondiale non campanilista,  una visione globale del bene comune che attualmente non va di moda. La Chiesa, che una volta lavorava su inferni e diavoli in agguato, oggi parla di giustizia e misericordia, sono altri a diffondere la paura facendo il gioco di un sistema consumista senza futuro”.
Pensare globale, agire locale è ormai poco più di uno slogan, ma in conclusione, Don Paul Renner torna al locale, all’Alto Adige per mostrare, anche con un certo orgoglio, il lavoro svolto dalla diocesi locale. “Rispetto alle vocazioni, per esempio, abbiamo fatto un grosso investimento sui laici. In Alto Adige, già dagli anni Ottanta uomini e donne studiano insieme. Dalle nostre parti, le donne oggi presiedono consigli pastorali e sono referenti parrocchiali dove non è presente un parroco, sono parroci facente funzione. Non solo, dove non è possibile celebrare una messa, viene offerta una Liturgia della Parola dove anche le donne proclamano la Parola di Dio, e anche in questo si mostrano molto più brave degli uomini”.
Da questo punto di vista, è fin troppo facile ricordare che sono parole che andrebbero rivolte al Vaticano più che ad altri: “E’ vero, le donne non possono diventare prete, ma spero in uno scenario in cui in futuro si potranno accettare preti sposati e donne prete. Il Vaticano non sembra ancora pronto, ma speriamo nelle prossime generazioni. Detto questo, però, oso dire che in certi ambiti in Alto Adige siamo più avanti del resto d’Italia e del resto della società civile. Per esempio, i futuri preti altoatesini-sudtirolesi studiano entrambe le lingue, più in generale in provincia di Bolzano su processione, cresime e questione femminile abbiamo aperto molti cantieri che richiedono coraggio e creatività. Non ci spaventiamo, non puntiamo al consenso, ma a proporre ciò che è giusto e nobile”.

Massimiliano Boschi

Immagine di apertura: un crocifisso impolverato (foto Venti3)

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