Claudia Tremonti, l'ingegnera al lavoro sul futuro dei veicoli elettrici
Non sono tante, ma sono in crescita: parliamo delle donne laureate in Ingegneria in Italia. Secondo il rapporto annuale del Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri pubblicato qualche giorno fa, sarebbero 277.201, pari al 26,6 % del totale dei laureati in questa disciplina. Claudia Tremonti è una di loro. Nata Pieve di Cadore, in provincia di Belluno e laureata in Ingegneria meccanica all’Università di Padova, Tremonti lavora da diversi anni alla Röchling Automotive di Laives. Qui ha seguito, come project manager, lo sviluppo di un prototipo per un innovativo modulo di batteria per veicoli elettrici. “COOL-CAR: Management termico di autovetture elettriche e ibride: strategie di ottimizzazione per l’incremento delle prestazioni e per una mobilità sostenibile” – questo il titolo esteso della ricerca, che, finanziata dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, è stata condotta da Röchling insieme alla Facoltà di scienze e tecnologie di unibz, leader del progetto. Abbiamo contattato Claudia Tremonti per farci condurre – non senza timori e tremori per gli inevitabili tecnicismi – nel mondo delle batterie per auto elettriche. Oltre a farci raccontare di come si sta è stato sviluppato il progetto e dei suoi impieghi, le abbiamo chiesto da dove nasce la sua passione per la meccanica, disciplina considerata tradizionalmente appannaggio maschile.
Cominciamo dal prototipo per la batteria che avete sviluppato, come nasce il progetto?
L’obiettivo della ricerca è stato quello di sviluppare dei componenti per batterie che andassero a migliorarne la “gestione termica”.
Aiuto…
In realtà è un’esperienza che facciamo tutti: come noto, le batterie lavorano bene a temperatura ambiente, ma male al freddo e se la temperatura è alta c’è il rischio che esplodano. Il modulo sviluppato va ad agire sui flussi termici, per regolarli e quindi far funzionare al meglio la batteria.
Su cosa avete lavorato per raggiungere l’obiettivo?
L’ Università ha approfondito gli aspetti riguardanti il funzionamento della batteria, sviluppando un software che ha aiutato a prevederne i comportamenti nelle diverse fasi di funzionamento (carica, manovre). Noi abbiamo messo a disposizione la nostra esperienza nel settore della lavorazione della plastica; i risultati ottenuti da unibz sono stati quindi tradotti in informazioni utili per sviluppare i componenti della batteria, in modo che rispettassero i requisiti di partenza del progetto.
Come funziona esattamente il prototipo?
La batteria della macchina è molto grande, occupa quasi il fondo del veicolo ed è suddivisa in tante celle; per ognuna di queste abbiamo sviluppato un sistema di gestione termica, con elementi metallici integrati. Come detto, i dati raccolti dall’Università sulla generazione di calore della cella nei diversi utilizzi ci hanno permesso di sviluppare le strutture ideali per mantenere la batteria costantemente ad un intervallo di temperatura in cui potesse funzionare bene.
E come siete riusciti a capire dove intervenire?
Attraverso calcoli e test di laboratorio, , intervenendo sui materiali e sulla geometria dei componenti.
Il prototipo verrà ora sviluppato e prodotto in serie?
Non può essere commercializzato 1:1 così com’è perché nel settore Automotive in genere le componenti vengono adattate all’architettura del veicolo del singolo cliente. Ma il prototipo ci è stato molto utile per sviluppare delle competenze aggiuntive e dimostrarle ai clienti, ottenendo la loro fiducia ed incrementando il nostro impegno verso la sostenibilità.
A proposito del settore Automotive, nell’immaginario comune alle automobili si associa in genere metallo e carrozzeria e invece molto della struttura è in plastica.
A parte il telaio, realizziamo tutti quei componenti che, nell’automobile, sono in plastica, e non sono pochi. Basta aprire il cofano di una macchina: molto di ciò che si vede -serbatoi, coperture- è in plastica (e per molte auto lo abbiamo prodotto noi!). La plastica ha tante sfumature ed è adattabile entro certi limiti, ma esistono temperature e sforzi meccanici a cui non regge.
Claudia Tremonti al lavoro sul prototipo di batteria. Foto courtesy Röchling
Tu lavori nel settore da oltre 15 anni, cosa è cambiato rispetto a quando hai iniziato?
Con la spinta verso l’elettrificazione, negli ultimi anni c’è stata una vera e propria rivoluzione e sono cambiate molte cose. Prima lavoravamo su tecnologie consolidate, con i motori a combustione interna. In questo campo, su cui si lavorava da decenni, tutto ciò che c’era da sapere era stato affrontato in lungo e largo … e invece adesso è tutto nuovo, per noi e per i clienti.
Insomma, un grande cambiamento
Si, è tutto in evoluzione, non ci sono soluzioni standard. E, anche ci si può sentire disorientati, è un bel momento, c’è molto da scoprire e ottimizzare, è stimolante.
Si sente la passione per il tuo lavoro. Quando hai capito che volevi fare l’ingegnera?
Mi interessavano la fisica e la matematica, capire il funzionamento delle cose e come sfruttare certi fenomeni e leggi della fisica per ottenere un dato obiettivo. Ho scelto quindi ingegneria meccanica perché, rispetto alla fisica e matematica, avrei avuto più sbocchi professionali.
Come ti sei trovata, come donna, in una facoltà a prevalenza maschile?
All’Università eravamo circa il 5% di donne, ma me l’aspettavo e non è mai stato un grande problema. Anzi, considerata la vasta scelta all’interno di un’ampia popolazione maschile, non è stato difficile trovare persone con cui condividere interessi comuni, e che non cadessero nei tipici argomenti maschili!
Ti sei mai sentita discriminata o guardata dall’alto in basso?
Non ho mai fatto troppo caso a queste cose; certo mi è capitato nella vita, ma da parte di persone per cui non avevo stima, e quindi pazienza.
E in azienda sei l’unica ingegnera?
No, ho anche altre colleghe, un paio fanno il mio stesso lavoro.
Cosa vorresti fare da grande?
Mi ritengo fortunata, perché per la gran parte del tempo mi occupo di cose molto interessanti e il mio lavoro mi piace molto. Ciò nonostante, mi piacerebbe viaggiare, ma a lungo e lontano… questo si concilia ben poco con la necessità di avere uno stipendio, e due figli in tenera età.
Caterina Longo
Immagine in apertura: Claudia Tremonti e Chiara Albrizio, entrambe ingegnere presso Röchling.