Una Provincia maliziosa e quella passione altoatesina per la commedia sexy all'italiana
Il cinema italiano, soprattutto quello della fine del secolo scorso, ci aveva abituato ad alcuni classici stereotipi. Per esempio, il carabiniere o il marito geloso avevano spesso l’accento siciliano, l’ingenuo quello lombardo o veneto, il cafone quello ciociaro, il cocciuto quello sardo, le domestiche il veneto, gli imbroglioni il napoletano e le “donne facili” l’emiliano. Da bolognese ho sempre sorriso di quest’ultimo luogo comune. In una città in cui sócc’mel è l’intercalare più diffuso, l’ipocrisia e il perbenismo faticano ad attecchire. Non meraviglia nessuno, quindi, che una delle “icone” della commedia sexy all’italiana fosse Gloria Guida, cresciuta tra Bologna e la Romagna dove il padre gestiva un locale in cui la giovane Gloria si esibiva come cantante. Nata nel 1955, ha girato quasi trenta film tra il 1974 e il 1982. I primi hanno titoli che illustrano chiaramente il genere: “La ragazzina”, “La minorenne”, “Quell’età maliziosa” “La liceale” e “Il medico la studentessa”, tutti usciti in sala tra il 1974 e il 1976. Terminata la “fase adolescenziale”, arrivarono titoli come “Il solco di pesca” e “L’infermiera di notte”, fino all’ultimo film della carriera “Sesso e volentieri” del 1982. Un film composto da 10 episodi di cui 5 vedono protagonista Gloria Guida insieme al marito Johnny Dorelli.
Insomma, gli stereotipi sembrano confermati, non fosse che Gloria Guida non era nata a Bologna e nemmeno in Romagna, ma a Merano, a quaranta chilometri e ventisette anni di distanza dalla “Malafemmina” per antonomasia, quella di “Totò Peppino e la Malafemmina”. Un film reso immortale dalla celebre lettera che i due protagonisti inviano proprio alla “Malafemmina”. (“Signorina veniamo noi con questa mia a dirvi, adirvi, una parola….”). Come molti ricorderanno, la lettera era indirizzata alla ballerina di avanspettacolo Marisa Florian che “insidiava” il nipote dei fratelli Capone. Un ruolo interpretato da Dorian Gray, nome d’arte di Maria Luisa Mangini nata a Bolzano nel febbraio del 1928. La non semplicissima vita di Dorian Gray, morta suicida nel 2011, è stata recentemente celebrata da un documentario e da una mostra itinerante, ma tra i suoi film più importanti ricordiamo “Il Grido di Michelangelo Antonioni”, “Le notti di Cabiria” di Federico Fellini, e “Mogli pericolose” di Luigi Comencini.
https://www.youtube.com/watch?v=vn-6QVcOe2U&ab_channel=gia5757
Iscriviti al canale Telegram! 👉🏻 https://t.me/altoadigeinnovazione
Seguici su Facebook 👉🏻 https://www.facebook.com/altoadigeinnovazione
Seguici su Linkedin 👉🏻 https://www.linkedin.com/company/alto-adige-innovazione/
Molto diverso, invece, il curriculum di un’altra attrice locale, Linda Veras, all’anagrafe Sieglinda Veras, nata a Bolzano nel 1939. Negli anni Settanta si era specializzata nei ruoli femminili tipici degli “spaghetti western” girando, tra gli altri: “Corri uomo corri” di Sergio Sollima e “Ehi amico… c’è Sabata. Hai chiuso!” di Gianfranco Parolini. Ma nel decennio precedente era stata la protagonista del non indimenticabile “Sexy Gang” e co-protagonista di “Gungala la vergine della giungla” in cui Linda Veras ha interpretato il ruolo della fidanzata dell’ingegnere alla guida di una missione in Congo. (Per gli appassionati del genere, il film completo è disponibile gratuitamente su YouTube).
Cambiando il decennio, non cambia il “filone”. Tra il 1979 e il 2002, Margie Newton, pseudonimo di Margit Gansbacher nata a Bolzano nel 1962, ma originaria della Val Sarentino e cresciuta in Val Gardena, ha girato 15 film. Il più noto è “In viaggio con papà” di Alberto Sordi, in cui interpreta un piccolo ruolo, mentre è l’assoluta protagonista di “La puritana” film del 1989 diretto da Ninì Grassia. Wikipedia riporta un’unica recensione di questa pellicola, quella di Fabio Bo de “Il Messaggero”: “Inqualificabile film spazzatura diretto da Ninì Grassia è inconsistente, il sesso esplicito ignora del tutto erotismo e buongusto. Ai limiti del peculato”. Probabilmente, gli adolescenti degli anni Ottanta, ma non solo, ricorderanno Margie Newton per alcune copertine di Skorpio o Playmen, sempre che non si accontentassero di Postal Market…
Carla Brait, invece, non è nata a Bolzano, ma ci è cresciuta. Nata a Innsbruck da padre austriaco a madre africana, ha girato 15 film tra il 1968 e il 1983 principalmente in ruoli minori in alcuni spaghetti western, commedie erotiche all’italiana e poliziotteschi. Non sono mancati, però, gli incroci con vere e proprie star. Nel 1971 ha interpretato il ruolo di una cameriera di colore in “Blindman” film italiano che vedeva protagonista il batterista dei Beatles, Ringo Starr. Quattro anni più tardi, nel 1975, si ritrovò negli stessi abiti di lavoro, grembiule e crestina, in “Yuppi Du” di e con Adriano Celentano. L’anno seguente, arrivò finalmente un ruolo da protagonista in un film di Mario Bianchi. Il titolo ci dice molto di come funzionava certo cinema italiano dell’epoca: “La cameriera nera”. La trama conferma l’ipotesi: “Il maggiore Galeazzo, il cancelliere Enea, il portiere Placido, il giornalista Antenore e altri ancora vivono in un condominio di città. Tutti sono attratti dal fascino morboso di Mariolina, prorompente cameriera veneta. Ma ben presto Aminta, cameriera di colore, la spodesterà irrimediabilmente”. Stufa dei ruoli che le venivano offerti, Carla Brait decise di interrompere la carriera da attrice nel 1983 per dedicarsi all’insegnamento della danza.
La “passione” altotesina per la commedia sexy non riguardava, però, solo le attrici. Chi è infatti il regista di “L’ingenua” (Protagonista Ilona Staller”, “Che dottoressa ragazzi!” e “Da Scaramouche or se vuoi l’assoluzione baciar devi sto… cordone!”? Il meranese Gianfranco Baldanello, regista e sceneggiatore nato sulle sponde del Passirio nel 1928. Tra il 1965 e il 1979, ha girato sedici film in gran parte spaghetti western e commedie erotiche. Ovviamente, quel che attira oggi la maggiore attenzione è “Da Scaramouche or se vuoi l’assoluzione baciar devi sto… cordone!” un film di cui Wikipedia ci ricorda anche le vicissitudini con la censura. Il 7 marzo 1973, il film ottenne il visto n. 62.056 a condizione di eliminare le seguenti scene: “La scena in cui una donna cerca il sapone lavando in una tinozza il protagonista e lo tocca tra le gambe; Le due scene in cui il protagonista incomincia a unirsi con due donne; Alleggerire tutte le altre scene di accoppiamenti carnali”.
Il 23 marzo 1973 la Commissione decretò il divieto ai minori di 18 anni per le numerose scene di nudo e i ripetuti accoppiamenti, ma questo non condizionò particolarmente Baldanello che due anni più tardi decise di dirigere “Quella provincia maliziosa”.
Purtroppo, però, il film non è stato ambientato in Alto Adige ma in Lombardia. A questo punto, un vero peccato. Chissà come si dice sócc’mel in dialetto sudtirolese?
Massimiliano Boschi