Il commercialista Andrea Gröbner: «Così la "mensa diffusa" incontra la tecnologia»
La spirale dell’aumento dei prezzi innescata dalla pandemia continua ancora oggi, aggravata dalla guerra in Ucraina, e preme su due settori tra loro contigui: la ristorazione e il welfare aziendale. Sì, perché una delle forme più comuni di welfare aziendale sono i ticket buoni pasto che dovrebbero costituire un circuito virtuoso tra: azienda che può beneficiare della deducibilità fiscale e risparmiare il costo di gestione di una mensa in house; dipendenti che possono consumare quotidianamente un pasto senza intaccare il proprio reddito; ristoratori che possono contare su una clientela fissa e incassi assicurati. «Il condizionale è però d’obbligo» spiega Andrea Gröbner, dottore commercialista, revisore legale e amministratore unico di Reviconsult Srl, società specializzata nella consulenza aziendale e direzionale.
Le criticità del sistema buoni pasto
L’attuale sistema delle mense aziendali si regge, infatti, sui buoni pasto che però stanno creando una serie di problemi ai tre attori in campo, ovvero lavoratori, aziende e ristoratori. «Per i lavoratori – spiega Gröebner – l’aumento dei prezzi degli alimenti e della ristorazione riduce le capacità di spesa dei buoni pasto. Le aziende hanno quindi la necessità di garantire il welfare aziendale senza però perdere i vantaggi della deducibilità delle spese in capo all’azienda. Infine, i ristoratori hanno la necessità di semplificare le procedure di gestione dei pagamenti con buoni pasto e soprattutto recuperare la redditività che si perde a causa delle alte commissioni dovute alle società che emettono i ticket, attualmente variabili tra il 18% e il 20% nel settore privato».
Se la mensa diventa un network
La soluzione che ottimizza contemporaneamente gli interessi di tutte le parti coinvolte nella ristorazione aziendale (impresa, dipendente, ristoratore) è nel sistema della “mensa diffusa”. Questo istituto, espressamente previsto dalle norme tributarie, si valorizza al massimo introducendo un elemento di innovazione tecnologica di processo. È qui che entra in campo Cibuspay, startup digitale nata dall’intuizione di due ristoratori altoatesini, Nick Preda e Davide Baio.
L’app Cibuspay permette al singolo ristorante convenzionato di disporre di una innovazione digitale nel sistema dei pagamenti e di gestire in maniera automatica il prepagato che l’azienda mette a disposizione dei propri dipendenti fino al pagamento del ristorante. In pratica, questa piattaforma telematica è lo snodo ideale che mettendosi al centro tra impresa, dipendenti/consumatori e ristoratori, gestisce in unica procedura tutta la filiera, con semplificazione, risparmio di tempo e di costi.
Inoltre, attraverso la piattaforma Cibuspay si sta ampliando giorno dopo giorno una rete di mense aziendali diffuse in svariate province del nord Italia cioè «esercizi convenzionati – spiega Gröebner – presso i quali fruire del servizio di mensa aziendale, senza ingerenze nella gestione del ristoratore, senza vincolo di continuità per i lavoratori ma beneficiando, per le aziende, dell’Iva agevolata al 4%, come se si trattasse di una mensa interna» e della relativa deducibilità fiscale dalle imposte sui redditi per importi superiori a quanto attualmente possibile con il ticket restaurant.
Come funziona Cibuspay
«Cibuspay – prosegue il commercialista – è uno dei primi operatori sul panorama nazionale ad aver sviluppato un impianto contrattuale semplice e trasparente nei confronti delle imprese e dei propri dipendenti. Il tutto funziona attraverso un portale nel quale sottoscrivere digitalmente i contratti di mensa diffusa. Attivato il contratto, l’impresa può acquistare un credito che viene caricato sui singoli profili dei dipendenti e da questi utilizzato, tramite l’app, per pagare i pasti consumati. Il pagamento avviene senza passare per la cassa ma tramite il proprio smartphone». In questo modo per azienda e lavoratori, a differenza dei normali buoni pasto, «si ha una situazione completamente esentasse. I normali ticket, infatti, non sono interamente deducibili perché sul valore che supera una certa soglia (4 euro per il ticket cartaceo, 8 euro al giorno per quello elettronico) vanno calcolate le aliquote Inps e Irpef».
Numerosi sono anche i vantaggi per il ristoratore, «che si vede inserito in un network di mense diffuse, riduce le code alle casse e l’utilizzo di Pos o moneta, ha un controllo immediato sugli incassi e commissioni più basse rispetto ai normali buoni pasto».
Un altro elemento importante da evidenziare è che «Nel caso di Cibuspay non sono previste commissioni di attivazione del servizio – conclude Gröebner –. Ci significa che per l’impresa l’intera spesa si traduce in effettivo potere d’acquisto perché qui non gravano i costi di intermediazione tipici del ticket restaurant. Un modo brillante per combattere il caro prezzi nel settore alimentare».