Coronavirus, i commercialisti: «A rischio il 70% del Pil»
Mantenere liquida l’economia per evitare il tracollo: è questa la principale preoccupazione dei commercialisti altoatesini di fronte alle stime elaborate dal Consiglio Nazionale dei Commercialisti che prevedono, come misura estrema, se il lockdown dovesse continuare, un crollo del 70% del Pil nazionale.
«È importante che Governo, Provincia ed Enti locali facciano la loro parte – interviene Claudio Zago, presidente dell’Ordine dei Dottori commercialisti ed Esperti Contabili di Bolzano – così come stanno già facendo le banche. Allo stesso tempo è importante che le imprese che hanno la liquidità adesso non smettano di pagare fornitori e dipendenti: se questa liquidità venisse congelata si rischierebbe un effetto domino che porterebbe a tracollo finanziario e gravissimi problemi occupazionali. I commercialisti altoatesini sono al lavoro per affiancare le aziende di ogni grandezza per realizzare piani di sostenibilità economica e finanziaria ed aiutarle ad orientarsi tra tutte le misure e i provvedimenti che si susseguono ad ogni livello».
La ricerca dei commercialisti: a rischio fino al 70% del Pil
Le attività economiche di cui è stata disposta la chiusura per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 avevano contributo alla formazione del PIL dell’anno scorso per il 34,42%. Quelle rientranti in settori per i quali è stata disposta una chiusura parziale, limitata ad alcune attività soltanto, avevano contribuito per il 23,39%. Le attività economiche per le quali è rimasto consentito il pieno svolgimento avevano invece contribuito per il restante 42,19%. Sono i dati che emergono da una elaborazione del Consiglio Nazionale dei Commercialisti su dati ISTAT relativi all’anno 2019.
Secondo i calcoli dei commercialisti, il “semaforo del PIL” (statistica completa nel comunicato allegato; rosso, per le attività dei settori economici interamente chiusi; giallo, per le attività dei settori economici chiusi solo parzialmente; verde, per le attività dei settori economici giudicati essenziali e pertanto interamente consentiti) evidenzia come, dei 1.787 miliardi di euro di PIL 2019:- 754 miliardi sono riconducibili ad attività di settori economici giudicati essenziali,
– 615 miliardi sono riconducibili ad attività di settori economici chiusi per COVID-19;
– 418 miliardi sono riconducibili ad attività di settori economici parzialmente chiusi per COVID-19
Sono numeri che, a parere della categoria, rendono tutt’altro che arbitrario ipotizzare, dal lato della produzione un crollo del PIL nell’ordine del 60-70% nel periodo di blocco, tenuto conto che anche molte delle attività economiche consentite sono comunque penalizzate in modo fortissimo, sul lato dei consumi e della domanda. Questi numeri equivalgono a una potenziale riduzione del PIL tra 85 e 100 miliardi per ogni mese di durata del “lockdown” nell’assetto attuale.
«Queste sono cifre che fanno tremare i polsi e che soprattutto fanno comprendere perché un periodo di lockdown superiore a due mesi avrebbe impatti a due cifre a fine anno – commenta ancora Zago – è del tutto evidente che servono provvedimenti che partano dalla consapevolezza di questi numeri e che siano connotati da un coraggio e una capacità di visione di quello che sarà lo scenario economico nei 12-18 mesi di convalescenza dell’economia, una volta terminata la fase più acuta della crisi sanitaria. Il punto non è dunque varare uno, due o tre decreti da 25 miliardi – conclude Zago – ma mettere in campo una strategia che metta al centro anzitutto il tema della liquidità con cui assicurare i consumi essenziali delle famiglie e la filiera dei pagamenti tra gli operatori economici fino a quando la macchina, mentre l’apparato produttivo riparte e in parte, si reinventa. Le recenti riflessioni di Mario Draghi sul Financial Times mostrano questa consapevolezza».