Decarbonizzazione, governance e sostenibilità: ecco come si comportano le Top 100 altoatesine
Questo articolo trae spunto dal database costruito ed elaborato dal Dott. Fabio Zanderigo Jona nella sua tesi di laurea magistrale «ESG practices and firm performance: evidence from South Tyrolean private companies». Tale Tesi ha ricevuto il premio della Camera di commercio di Bolzano per le «Tesi di laurea triennale e magistrale sull’economia altoatesina».
Come si misura il successo di un’impresa? Fino ad una quindicina di anni fa il rendimento di un’impresa era valutato con riferimento a solo due parametri: il fatturato e il profitto. Il primo indicava la quota di mercato coperta e il secondo quanto l’azienda fosse «ben gestita». Oggi ciò non è più ritenuto sufficiente: la resa finanziaria dell’impresa è affiancata dalla necessaria valutazione del suo impatto ambientale e sociale.
Il nuovo e più ampio criterio di valutazione nasce dal mutamento storico e culturale del concetto stesso di capitalismo. La rinnovata filosofia economica guarda non più solo alle performance finanziarie ma anche al «progetto aziendale» complessivo, il «purpose»: la creazione di profitto per gli azionisti «shareholders» non rappresenta più l’unico e ultimo fine, ma diventa un presupposto, un mezzo per realizzare un più ampio progetto aziendale rivolto ad una più vasta platea di portatori di interessi «stakeholders», non più solo agli azionisti, ma anche ai dipendenti, ai clienti, ai fornitori e alla comunità in generale.
Farsi guidare nelle scelte aziendali dal «purpose» non significa diventare un’azienda senza fine di lucro, bensì rendere evidente come tramite l’innovazione e il miglioramento delle proprie politiche aziendali si possa continuare a creare profitto e al contempo ridurre l’impatto negativo della produzione sulle persone e sull’ambiente.
Misurare l’impatto
Ma cosa è in concreto un modello aziendale sostenibile? La soglia minima è rappresentata da una produzione che non danneggia l’ambiente sociale e naturale, il punto di arrivo è la creazione di valore positivo per una platea allargata di soggetti rispetto ai soli soci e azionisti attraverso il miglioramento della qualità del proprio impatto ambientale, sociale e delle regole di governance (da qui la sigla ESG – Environmental, Social, Governance).
Le imprese che vogliono produrre e crescere in modo sostenibile devono pertanto misurare il loro successo in modo diverso da come, sino ad ora, era considerato adeguato.
In questo mutato contesto storico e concettuale, misurare la sostenibilità significa pertanto prevedere oltre alle tradizionali e conosciute misurazioni del rendimento economico-finanziario anche la valutazione degli effetti sociali e ambientali prodotti dall’impresa. A titolo di esempio: le emissioni di CO2, il corretto uso delle risorse interne ed esterne, il grado di circolarità della produzione, gli ambienti e le condizioni in cui il lavoro è svolto in termini di sicurezza e salute, il grado raggiunto dalle politiche aziendali per tutelare la parità di trattamento e l’inclusione… e altre ancora.
In Europa la trasparenza nella comunicazione dei dati relativi all’impatto ambientale e sociale delle attività di impresa ha subito una accelerazione con la previsione a decorrere dal 2024 dell’applicazione della Direttiva europea sul bilancio di sostenibilità – Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) – a tutte le grandi aziende.
In Alto Adige saranno circa 130 le imprese interessate e oltre 50.000 in tutta Europa (14 stati in tutto). Queste aziende dovranno inserire nella relazione sulla gestione (ossia uno dei documenti già previsti dalla normativa civilistica sul bilancio) ulteriori informazioni contenute negli standard europei di rendicontazione della sostenibilità (European Sustainability Reporting Standars – ESRS).
La proposta di un ranking innovativo
«La luce del sole è il miglior disinfettante…», così scriveva il famoso giurista Louis Brandeis, uno dei padri della regolamentazione dei mercati finanziari introdotta negli Stati Uniti nella prima parte del XX secolo. Nei mercati finanziari – sosteneva Brandeis – in molti casi la trasparenza è da preferire alla regolamentazione. La trasparenza dei dati sull’impatto ambientale e sociale è, in buona sostanza, un modo per rendere evidente e conosciuto ai clienti, consumatori finali, ai dipendenti, alla pubblica amministrazione, ai cittadini in generale quali sono le imprese che attuano politiche aziendali nel rispetto dei valori sociali e ambientali (per esempio, quali sono le imprese che si impegnano per la riduzione della CO2 oppure che tutelano maggiormente i propri dipendenti …).
L’obiettivo è che la consapevolezza rispetto all’operato dell’impresa che è raggiunta dai soggetti interessati grazie alla comunicazione di questi dati, conduca questi stessi stakeholders a esercitare pressione che incentivi le aziende a migliorare in termini di sostenibilità. Ma al tempo stesso le imprese che sono «più avanti» nella transizione verso una gestione sostenibile hanno un vantaggio competitivo sul mercato nazionale e internazionale.
Per tale motivo, si auspica che nelle prossime edizioni dei ranking delle imprese altoatesine (per esempio: “La classifica delle maggiori aziende altoatesine” o “SWZ FOKUS Südtirols Top 50”) si aggiungano ai due criteri di classificazione fin qui utilizzati – fatturato e utili conseguiti – anche ulteriori parametri di valutazione mutuati dal bilancio di sostenibilità. Questo consente di apprezzare le imprese che raggiungono i migliori risultati nelle varie categorie così come valutarne i progressi nel tempo.
Per dare qui un contributo concreto verso un nuovo modo di osservare il rendimento e l’efficienza delle imprese, si allega a questo articolo una rielaborazione de «La classifica delle maggiori aziende altoatesine» in cui sono aggiunte alcune informazioni per ciascuna azienda relative al suo impatto sociale, ambientale e di governance (le informazioni sono raccolte sulla base della disponibilità dei bilanci di sostenibilità delle imprese oppure stimate sulla base del database Refinitiv Eikon per quanto riguarda il dato delle emissioni).
Le evidenze empiriche
Pur tenendo conto del limite legato al fatto che è necessario utilizzare delle approssimazioni in relazione agli impatti ambientali e sociali, e tanto perché solo 7 imprese tra le prime 100 presentano un bilancio di sostenibilità, possiamo comunque delineare una prima identificazione del grado di sostenibilità delle aziende altoatesine classificate.[1] In questa analisi si utilizzano le seguenti misure (indicatori):
a) Per gli aspetti ambientali: Tonnellate di Emissioni CO2 equivalenti (CO2-eq); Intensità delle emissioni in percentuale sul fatturato (Intensità di CO2-eq); Costo Sociale delle Emissioni (conosciuto nella letteratura internazionale come Social Cost of Carbon); Utile al netto del Costo Sociale delle Emissioni (Utile netto Adjusted); numero di certificazioni ambientali
b) Per gli aspetti sociali: retribuzione media dipendenti; numero di certificazioni sociali.
c) Per gli aspetti di governance: percentuale di donne nel Consiglio di Amministrazione, numero di certificazioni di governance, presenza di un sistema di codice etico e di condotta o di whistleblowing oppure dell’organismo di vigilanza ai sensi del D.lgs. 231/01.
Guardando agli impatti ambientali, si nota come a fronte di un fatturato delle prime cento imprese che cresce nell’arco dei 3 anni analizzati di circa il 50%, la produzione stimata di C02-eq cresce solo di circa il 3%. Questa dinamica è ben apprezzabile guardando alla intensità di CO2-eq che si riduce di più di 1/4 dal 2,29% al 1,70%. Questi valori sono migliori della media delle aziende quotate italiane ed in linea con i dati europei sia in termini di valori percentuali che di trend di discesa.[2] A tale proposito, occorre sottolineare l’importanza di prendere a riferimento l’intensità in percentuale al fatturato e non i valori di emissioni in assoluto; poiché è fisiologico che al crescere del fatturato crescano anche le emissioni.
Oltre alla intensità delle emissioni si introduce anche una misura del costo associato alle emissioni stesse (Social Cost of Carbon). Per ogni azienda, si calcola il prodotto delle emissioni dirette equivalenti di anidride carbonica (CO2-eq) e il costo sociale del carbonio (SCC) -il risultato è il valore monetario dei danni associati al rilascio di una tonnellata aggiuntiva (o al beneficio ottenibile dalla riduzione) di CO2-eq. Il SCC è stimato utilizzando il valore di $190 (tradotto al cambio corrente in 175 Euro) per tonnellata di emissioni equivalenti di CO2 (tCO2e), introdotto dall’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti (US Environmental Protection Agency). Nonostante il valore dei danni provocati dalle emissioni vari molto fra le varie aziende per il nostro campione in media il SCC assorbe nel 2022 lo 0,35% dei ricavi e il 6,7% dell’Utile netto. Infine, per quando riguarda le certificazioni il 45% delle aziende del campione nel 2022 hanno conseguito una certificazione ambientale.
Passando alla analisi degli aspetti sociali, la remunerazione media dei dipendenti sale nel periodo considerato dell’11%. Si passa infatti da 51.000 del 2020 a 56.500 Euro del 2022. Per quanto riguarda le certificazioni si osserva sui dati del 2022 come 35% del campione (35 aziende) abbia conseguito una certificazione sociale.
Focalizzandosi invece sugli aspetti di “Governance”, ben 78 imprese hanno un organismo di vigilanza o un codice etico e/o di comportamento, mentre solamente 2 aziende possiedono la certificazione ISO anticorruzione. Inoltre, per quanto riguarda la presenza di donne nei Consigli di Amministrazione (CdA). Si osserva che più di 60 CdA sono composti solamente da uomini. Fra le imprese che registrano la presenza di donne nel CdA la componente femminile rappresenta 1/3 dei membri del CdA anche se in 7 aziende (dati 2022) la maggioranza del CdA è composta da donne. La presenza femminile nei vertici aziendali è comunque in crescita nel triennio analizzato.
Si sottolinea come all’interno del campione vi siano ampie diversità fra le singole aziende, tuttavia l’analisi è stata fatta a livello complessivo in quanto le imprese che operano in settori diversi sono difficilmente comparabili fra di loro.
Chi dovrebbe essere interessato a queste misure
Rendere trasparenti gli impatti sociali e ambientali delle imprese ha effetti importanti per più di una tipologia di soggetto interessato. Per l’Amministrazione della Provincia perché questi dati riescono a fotografare lo stato dell’arte ad oggi, sia il grado futuro di miglioramento se l’analisi viene ripetuta ogni anno. Per esempio, si potrebbe valutare di anno in anno se l’impegno profuso dalle imprese per la transizione ecologica corrisponde in termini di progressi con l’obiettivo finale della neutralità climatica come auspicato nel piano clima provinciale. Sarà più facile, per esempio, stimare quale sarebbe l’effetto se le imprese che emettono più della media riuscissero ad avvicinarsi ai valori medi di settore. Inoltre, i clienti e le comunità in cui le imprese operano hanno il diritto di conoscere gli impatti di certe produzioni. Infine, queste informazioni sono diventate sempre più cruciali per orientare le proprie scelte anche per i finanziatori. In particolare, gli istituti di credito sono chiamati a ripensare profondamente i propri modelli di valutazione del merito creditizio affiancando alla solidità economico-finanziaria dell’impresa anche la sua sostenibilità, misurata attraverso specifici indicatori e parametri quantitativi e qualitativi di natura ambientale, sociale e di amministrazione.
Dal canto loro, anche gli imprenditori dovrebbero essere consapevoli che l’impatto dell’impresa più o meno sostenibile è percepito all’esterno.
I dati che abbiamo raccolto per costruire il database allegato sono pubblici; ciò sta a significare che non si può escludere che anche altri soggetti portatori di un interesse all’impresa (si pensi per esempio alle banche) abbiamo svolto la stessa indagine e valutato la sostenibilità anche di quelle aziende che non hanno fornito informazioni in tal senso. Gli stessi stakeholders saranno indotti, in assenza di informazioni fornite dalla stessa impresa, ad assegnare in questi casi una valutazione nell’ordine della media. Pertanto, se l’impresa ha raggiunto risultati migliori ha ogni interesse a comunicarlo per non essere penalizzata nelle valutazioni operate dagli stakeholders.
In un mercato ove non sono comunicati e resi trasparenti i dati relativi alla sostenibilità si crea una asimmetria informativa, in questo ambito, tra l’impresa e i suoi stakeholders. Queste situazioni di asimmetria informativa sono state approfonditamente analizzate da Akerlof in “The market for lemons” (articolo che gli è valso il premio Nobel nel 2001) e che potrebbe essere tradotto come “Mercato dei Bidoni” dove i “pessimi affari” – i bidoni per l’appunto – sono nell’articolo in questione le automobili usate.[1] La conseguenza della applicazione della teoria di Akerlof alla situazione descritta è la seguente: gli imprenditori che hanno una performance di sostenibilità superiore alla media hanno l’incentivo a comunicare in modo credibile i dati relativi alla propria azienda (per esempio con un bilancio di sostenibilità certificato). Al contrario, gli imprenditori i quali invece non rendono trasparenti i propri dati, con ogni probabilità sarà assegnata una valutazione inferiore alla media; tanto per la plausibile ragione che se avessero raggiunto migliori risultati avrebbero avuto tutto l’interesse a comunicarlo al mercato.
In conclusione, riteniamo che misurare e comunicare gli impatti sociali, ambientali e di governance delle imprese altoatesine possa essere un primo concreto passo per avviare un confronto pubblico sul contributo delle aziende per un Alto Adige più sostenibile. Questo dibattito andrebbe a stimolare politiche pubbliche e/o incentivi di mercato volti a riconoscere un valore aggiunto a quelle imprese che si distinguono per ridurre l’impatto della propria produzione. In altri termini, è difficile immaginare un Alto Adige più sostenibile che non si fondi anche sulla precisa rilevazione e comunicazione delle nuove misure di sostenibilità.
Massimiliano Bonacchi (Ordinario Economia Aziendale, Università di Bolzano)
Luca Menicacci (Assistant Professor Economia Aziendale, Università di Bolzano)
Fabio Zanderigo Jona (Laureato Magistrale Accounting e Finanza Università di Bolzano)