Dehors, il paradosso del Comune che ignora le regole che impone ai privati

Bolzano. “L’obiettivo è quello di valorizzare la nostra bella città, soprattutto il centro storico, e di venire incontro alle richieste degli esercenti. Occorre, però, trovare un equilibrio tra le varie esigenze: le necessità di Seab, di chi rifornisce i negozi e i locali, il diritto di parcheggiare dei residenti e le direttive della Sovrintendenza”.
L’assessora comunale Johanna Ramoser usa parole di buon senso per spiegare la logica che ha ispirato “Il disciplinare tecnico per l’occupazione del suolo pubblico con arredi esterni” e come torna a sottolineare: “L’amministrazione cerca di dare dei vantaggi agli esercenti, ci incontriamo spesso con le associazioni di categoria e sono soddisfatta del risultato”.
Ovviamente, l’assessora risponde solo per le competenze che la riguardano (Attività Economiche, Turismo, Stadtmarketing e scuola), ma conferma l’idea di un’amministrazione che prova a trovare un equilibrio alle varie esigenze e che cerca di dare risposta a ogni domanda.
Sembra tutto bellissimo e invece è un problema, in generale e nel particolare.

In generale, perché l’interesse pubblico non è la banale somma degli interessi privati. Non è una questione ideologica, ma lo spazio pubblico è ridotto e l’interesse di chi intende parcheggiare sotto casa quando torna dal lavoro, contrasta decisamente con quello di chi su quello stesso spazio basa bella fetta della propria attività economica.
Da anni si prova a far finta di nulla, ma gran parte delle decisioni amministrative, anche quelle dei Comuni, sono inevitabilmente politiche.
Perché le scelte si devono basare su criteri chiari e trasparenti e decidere se è meglio dare spazio al parcheggio delle auto, alle attività commerciali o a iniziative culturali, è una decisione politica.
Accontentare tutti non è possibile e limitarsi a rispondere a ogni singola lamentela mano a mano che qualcuno la presenta, significa ridursi a correre dietro ai problemi e moltiplicare a dismisura i rompiscatole.

L’amministrazione Comunale di Bolzano, lo abbiamo verificato in molti casi, risponde spesso e volentieri alle sollecitazioni: riapre il bagno pubblico chiuso, sistema la segnaletica, riposiziona una panchina…
Questo, però, non può e non deve essere sufficiente, occorre una visione complessiva che manca sulla cosiddetta movida e su molti altri aspetti. Che Caramaschi provenga dalla macchina amministrativa, che si tenga il più lontano possibile dalla “politica” (non si sa nemmeno per che partito voti) e che sia il sindaco più anziano d’Italia* non si può considerare una giustificazione.

Predicare bene e….

Come noto e riportato da tutti i media locali, gli esercenti, principalmente di Piazza Walther e di Piazza Erbe, si sono pubblicamente e ripetutamente lamentati della regolamentazione comunale sui cosiddetti “dehors”. Dopo due anni di pandemia, con la crisi energetica che moltiplica ogni spesa, non è piacevole dover riarredare gli esterni dei locali, soprattutto quando non si capiscono logica e modalità degli interventi.
Succede a Bolzano come in decine di altre città italiane, ma un breve giro tra gli esercenti ci ha confermato che considerano le direttive del Comune irrazionali, imprecise, ingiuste e punitive.
Il già citato “Disciplinare tecnico per l’occupazione del suolo pubblico con arredi esterni” non aiuta a comprendere meglio il quadro.
All’articolo 1 precisa di essere “uno strumento di riqualificazione dell’ambiente urbano: fornisce criteri formali e funzionali affinché i manufatti considerati siano utili allo scopo per cui sono preposti e motivo di ordine ed ornamento alla città”.
Al documento sono allegate dieci schede che contengono le disposizioni rispetto a tavoli, sedie, tende solari, pergolati, ombrelloni, fioriere, pedane, pavimentazione, tappeti, zerbini, dehors stagionali, gazebo e treppiedi.
Quelle relative agli ombrelloni sono particolarmente significative: “gli ombrelloni devono essere ancorati ad appositi basamenti non fissati al suolo, devono essere chiusi in caso di vento; analogamente devono essere chiusi o rimossi durante la notte. Sugli ombrelloni è vietata ogni forma di pubblicità, eventualmente è consentito il nome del pubblico esercizio e l’eventuale logo sulla mantovana. Nel centro storico i colori degli ombrelloni potranno essere il bianco, l’avorio e tutte le terre”.
Ecco, chi si stesse ancora chiedendo i motivi che hanno spinto un noto locale di via Streiter a cambiare i suoi coloratissimi ombrelloni, ha trovato la risposta.

Lo scontro con la Soprintendenza

Solitamente, il Comune invia agli esercenti “colti in fallo” una lettera in cui li invita a mettersi in regola tirando in ballo anche le Belle Arti inserendo la dicitura: “viste le linee guida indicate dall’Ufficio Beni Architettonici ed Artistici della Provincia in data 17.01.2022”.
Una consuetudine che ha fatto infuriare la Soprintendente Karin Della Torre che ha esplicitamente invitato il Comune: “a cancellare d’ora in poi dagli atti amministrativi per le concessioni la frase viste le linee guida indicate dall’Ufficio Beni Architettonici ed Artistici della Provincia in data 17.01.2022 e a non attribuire decisioni e motivazioni del Comune alla Soprintendenza ai beni culturali e ai suoi uffici”.
In soldoni, la Soprintendente ha chiesto al Comune di assumersi la responsabilità dei provvedimenti presi e di non scaricarli ad altri. A questa richieste ne andrebbe aggiunta un’altra banalissima: seguire le direttive che si impongono agli altri.

Per esempio, il Disciplinare del Comune impedisce agli esercenti di utilizzare fioriere con altezze superiori al metro e venti e specifica che “I vasi devono essere mantenuti in buone condizioni e le piante devono essere resistenti agli agenti esterni” e che “la manutenzione sono a completa cura e spese del titolare della concessione”.
Nel contempo, colloca vasi giganti ispirati a sculture dell’Oceano Pacifico a fianco del Duomo e del Municipio. Enormi vasi fuori contesto che, a pochi mesi dall’installazione mostrano evidenti segni di deterioramento.
Non solo, se il Disciplinare intende privilegiare “manufatti considerati utili allo scopo per cui sono preposti e motivo di ordine e ornamento alla città” come si spiegano i vasi a guardia di Matteotti nella piazza omonima e le insensate colonne alle sue spalle?


Perché, mentre si controllano peso e colore degli ombrelloni e altezza delle piante, si continua a permettere che le strade vengano occupate da numerosi espositori di souvenir di gusto più che discutibile? (Tra cui orrendi calzini “nazionalisti” con l’immagine del “Padrino”).
Sembra ripetersi quanto già evidenziato con il rumore: l’Amministrazione Comunale si vanta dei buoni consigli, ma prosegue con il cattivo esempio.

Massimiliano Boschi

*Renzo Caramaschi, 76 anni, è il sindaco più anziano tra le città capoluogo di provincia sopra i 100.000 abitanti. Segue Napoli, sindaco di Salerno con 72, tutti gli altri hanno meno di settant’anni. L’età media è di 52,72 anni.

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