Chi sono? Quanti anni hanno? Dove sono nati? Il “Dossier immigrazione” commentato da Daniela Zambaldi
Come nel resto d’Italia, anche in Alto Adige è stato presentato il “Dossier statistico sull’immigrazione 2022 ” curato dal Centro studi e ricerche IDOS su incarico dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali.
Il dossier pubblica numeri che troppo spesso vengono letti sbrigativamente, cifre a cui si butta un’occhiata solo per capire “quanti ne sono sbarcati” o “quanti ne sono arrivati in Alto Adige”.
Da questo punto di vista, la pratica si può sbrigare rapidamente: secondo i dati provvisori dell’Istat, il numero dei residenti stranieri in Alto Adige è cresciuto dello 0,7% rispetto all’anno precedente. L’incidenza degli stranieri sulla popolazione complessiva è ora del 10,6% e supera, come l’anno precedente, quella rilevata a livello nazionale (8,8%). Per quel che riguarda le nazionalità, l’Albania resta al primo posto (l’11,0% del totale stranieri), mentre al secondo si colloca la Romania (8,2%), poi la Germania (8,0%), il Pakistan (7,%) e il Marocco ( 6,5%).
Passando a una lettura più attenta, però, si possono scoprire dati particolarmente interessanti, se non addirittura sorprendenti. Soprattutto riguardo alle fasce più giovani.
La scuola
Nella parte del dossier relativa all’Alto Adige emergono importanti differenze rispetto a cicli e lingue in cui è suddiviso il sistema scolastico locale. “Nell’anno scolastico 2021/2022 – si legge – 15.452 bambini si sono iscritti nelle scuole d’infanzia della provincia. Tra questi, i bambini stranieri sono 2.025, 13,1% del totale: 729 frequentano una scuola d’infanzia di lingua italiana (con un’incidenza del 22,3% sul totale degli studenti), 1.254 in lingua tedesca (10,9%) e 42 in lingua ladina (6,7%)”.
La percentuale di stranieri iscritti nelle scuole d’infanzia italiane è quindi circa il doppio di quella tedesca. Un dato che si conferma anche nelle scuole primarie 1.505 iscritti nelle scuole in lingua italiana (incidenza 24,5%), contro i 2.099 in quelle in lingua tedesca (incidenza 10,2%). Discorso simile per le scuole medie: incidenza del 26,4% nella scuola italiana e per il 9,7% in quella tedesca e per le scuole superiori, 16,1% nella scuola italiana contro il 5,4% della scuola tedesca.
Il dato più sorprendente e significativo pubblicato nel Dossier sull’immigrazione è, però un altro. Quello che ci dice che erano 10.053 gli studenti stranieri iscritti all’anno scolastico 2020-2021 in Alto Adige. Di questi, la stragrande maggioranza, il 62,3% (oltre 6.200) è nato in Italia. Si tratta quindi, di bambini e ragazzi nati e cresciuti qui che, pandemia permettendo, tornano nei paesi di provenienza dei genitori una volta all’anno, al massimo due.
Daniela Zambaldi responsabile dell’ufficio di coordinamento per l’integrazione della Provincia. (Immagine da video Asp)
Per non perderci tra i molti dati presentati, abbiamo chiesto un commento a Daniela Zambaldi, responsabile dell’ufficio di coordinamento per l’integrazione della Provincia. Partendo proprio da quest’ultimo grafico: “La speranza – ha premesso – è che passi almeno lo ius scholae che considero un compromesso necessario e sensato. Nell’attesa, le amministrazioni locali, Comuni e Provincia, potrebbero percorrere altre strade. Per esempio, cercando di sensibilizzare il personale, il corpo docente o chi, per esempio, conduce i colloqui di orientamento scolastico e lavorativo, per evitare che chi proviene da famiglie immigrate venga facilmente dirottato verso una certa tipologia di scuole superiori o di mansioni professionali. Sono ragazzi e ragazze che vivono all’incrocio di due o tre culture, quella di provenienza e quelle italiana e tedesca dell’Alto Adige Südtirol. Hanno potenzialità che possono essere sfruttate, non è obbligatorio indirizzarli verso tirocini o corsi di studio brevi e una rapida collocazione lavorativa. E’ nell’interesse di tutta la comunità cercare di intercettarne le vocazioni e comprenderne le capacità come si fa con gli altri studenti. Troppo spesso, invece, vengono catalogati come qualcosa di diverso”.
I dati mostrano anche una decisa crescita delle imprese guidate da cittadini nati all’estero. Eppure si continuano a fare ironie sulle “risorse”. La crisi occupazionale non sta insegnando nulla?
“E’ vero e credo valga la pena mettere in evidenza i dati sulle rimesse che mostrano come i migranti non siano un costo per il paese. Pochi di loro sono pensionati (solo il 5,9% supera i 65 anni Ndr)i e molti sono giovani e in età lavorativa. Se ci fosse una maggiore regolarizzazione, il vantaggio per le casse dello Stato sarebbe ancora maggiore. Un altro aspetto rilevante è che i due terzi degli stranieri non comunitari residenti in provincia hanno un permesso di soggiorno di lunga durata; si tratta quindi di cittadini e cittadine stabilmente presenti sul territorio. Sarebbe opportuno che anche i media mettessero l’accento su questi dati”.
Esistono particolari difficoltà per chi emigra in Alto Adige rispetto ad altre regioni o province italiane? In fondo, l’Autonomia nasce anche e soprattutto per tutelare e proteggere chi è nato e risiede qua…
“Tendenzialmente chi viene da fuori qui fatica a integrarsi e alcuni strumenti dell’Autonomia sono figli di una società diversa da quella di oggi. Forse si potrebbero attivare misure più innovative per far fronte alla crisi occupazionale. Il cambiamento ci sarà, sta già avvenendo, ma è una strada in salita”.
Possiamo restare ottimisti?
“Sì, perché credo che le esperienze personali di chi frequenta i nuovi cittadini e le nuove cittadine possano rendere immuni da certe ideologie. La paura e l’intolleranza sono spesso figlie della mancanza di conoscenza e frequentazione. Forse chi ha avuto esperienze positive con gli immigrati dal punto di vista, lavorativo, famigliare, di amicizia, dovrebbe comunicarlo più facilmente agli altri. E ci vorrebbe un po’ di coraggio da parte di tutte le persone: ognuno può fare qualcosa all’interno della propria sfera di azione, sia limitatamente alle proprie conoscenze, sia, quando possibile, da una posizione istituzionale o politica che crea le condizioni per il cambiamento. Il razzismo si contrasta anche così”.
Massimiliano Boschi