Ernst Hess: il magistrato ebreo che Hitler “pensionò” e protesse a Bolzano
“Ora che H. è tornato nel Reich a causa degli accordi interstatali, bisogna assicurarsi che H. sia accolto secondo i desideri del Führer. Le chiedo pertanto, in accordo con tutte le autorità e i dipartimenti competenti, di garantire che H. venga lasciato indisturbato sotto ogni aspetto”. L'”H.” citato in queste poche righe era Ernst Hess, nato a Gelsenkirchen il 20 marzo 1890, un magistrato costretto ad abbandonare la carriera e il proprio paese in quanto ebreo.
Quelle citate, sono solo tre righe di un documento per molti versi eccezionale, che la ricercatrice Susanne Mauss ha scovato negli archivi di Düsseldorf nel 2012: una lettera inviata dal RKFDV (Reichskommissariat für die Festigung deutschen Volkstums – Commissariato del Reich per il rafforzamento della germanicità) alla polizia di Düsseldorf il 19 agosto del 1940. Un documento che invitava le autorità competenti a garantire l’incolumità di Ernst Hess su esplicita richiesta del Führer. La lettera, e il riferimento esplicito alla volontà di Adolf Hitler, si erano rese necessarie perché Ernst Hess era “ebreo con 4 nonni completamente ebrei” e solo l’intervento del Führer poteva garantirne la protezione.
Come precisato nello stesso documento del RKFDV: “Durante la guerra 1914/18, H. fece parte della stessa compagnia del Führer e temporaneamente, fu anche comandante di compagnia del Führer. In altre occasioni, H. ha presentato richiesta per la concessione di un permesso eccezionale e il Führer, pur respingendola, ha espresso il desiderio che H. ricevesse un trattamento di favore. Di questo desiderio del Führer si tenne inizialmente conto quando H. ricevette l’approvazione per il trasferimento dei suoi benefici pensionistici in Italia”.
Più precisamente, Hitler e Hess avevano combattuto nelle file della stessa divisione, la “Königlich Bayerische Reserve-Division” nelle trincee della Somme nell’autunno del 1916, Hess come ufficiale e Hitler come soldato semplice. Rimasti feriti, vennero curati nello stesso ospedale e decorati dalle autorità militari.
Nel primo dopoguerra, Hess intraprese la carriera da magistrato a Düsseldorf, successivamente si trasferì con la famiglia a Wuppertal , dove il 1° gennaio 1936, a seguito delle restrizioni antisemite della legge sulla cittadinanza del Reich, venne licenziato e qualche mese dopo venne brutalmente malmenato dalle SS davanti al portone di casa. Decise quindi di lasciare la Germania, negatagli la possibilità di emigrare in Svizzera, si trasferì in Alto Adige con la moglie Margarete Witte “ariana e protestante” e la figlia undicenne Ursula che voleva far crescere in “ambiente germanofono”. I tre giunsero a Bolzano il 12 ottobre del 1937 dove affittarono una bella casa in via Monte Tondo.
Dall’archivio storico del Comune di Bolzano
Come ricordato nel documento del RKFDV citato in apertura, la famiglia Hess riuscì a sopravvivere a Bolzano grazie ai benefici pensionistici concessi eccezionalmente dalle autorità naziste. Nel 1939, però, Hitler e Mussolini stipularono le “Opzioni” e Hess fu costretto a lasciare l’Alto Adige. Vistosi nuovamente rifiutare il permesso per l’ingresso in Svizzera, fece rientro in Germania rendendo necessaria la protezione del Führer.
A giugno del 1941, però, cessarono le protezioni dall’alto. Hess finì prima in un campo di concentramento, poi ai lavori forzati, ma riuscì ad arrivare vivo anche al termine del secondo conflitto mondiale. Nel dopoguerra gli fu offerto un posto come giudice presso il tribunale distrettuale di Düsseldorf, ma rifiutò perché, a suo avviso, vi lavoravano troppi nazisti. Nel 1946 venne assunto come dirigente dalle ferrovie tedesche dove restò fino a quando raggiunse l’età pensionabile, nel 1955. Nel 1970 è stato insignito della Targa d’Onore della Città di Francoforte, dove è morto il 14 settembre del 1983, a novantatré anni.
Alla sorella minore, Bertha, ebrea senza protezione, le cose andarono molto diversamente. Nell’aprile del 1942 venne deportata a Terezin ed il 9 ottobre del 1944 venne trasferita ad Auschwitz, dove morì poco dopo.
Massimiliano Boschi