Evviva l'A22 pubblica, a patto che...
Diventare uno strumento per migliorare la vita delle popolazioni che abitano i territori attraversati: la sfida dell’A22 in mani totalmente pubblica non può che essere questa. A freddo, a qualche giorno di distanza dall’accordo storico firmato a Roma, volevamo fare qualche riflessione sul rinnovo della concessione per 30 anni dell’A22. Non è certo una vittoria del libero mercato, ma può andare bene così visto che la privatizzazione delle autostrade in Italia si è ridotta in una farsa ai danni del cittadino con innalzamenti continui dei pedaggi.
Dando per assodato che la trattativa con la Brescia-Padova e il braccio di ferro con il Veneto si risolvano in modo positivo (conviene a tutti: e anzi anche quest’ultima società potrebbe diventare totalmente pubblica) ci sono dei “se” che vanno imposti in modo chiaro e alla politica.
- L’A22 non si trasformi per 30 anni in un poltronificio e in una macchina generatrice di posti di lavoro elargiti alle clientele della politica
- Cantieri e lavori sì, per mantenere elevata la sicurezza, ma non se fatti solo per elargire appalti ad aziende amiche e garantire l’occupazione del territorio
- Aumentare l’automazione e i servizi innovativi
- Studiare un modo per garantire ai residenti del territorio (soci diretti attraverso gli enti pubblici) delle tariffe agevolate. Alto Adige e Trentino sono territori difficili per chi deve fare business: gli spostamenti, già difficoltosi, devono essere incentivati al massimo
- Investimento dell’utile a vantaggio dell’ambiente e delle infrastrutture: l’A22 è una gallina dalle uova d’oro, ma anche una grande fonte di inquinamento. Se fa utili lo fa a scapito di chi paga il pedaggio quindi è giusto che l’utile venga reinvestito in infrastrutture che migliorano il territorio, dal punto di vista ambientale
- Continuare gli investimenti sulla ferrovia: la situazione dell’A22 non è sostenibile nel lungo periodo, l’impegno a spostare le merci sui binari deve essere certificato di anno in anno da uno spostamento dei flussi
Sono semplici indicazioni di buon senso, in gran parte già espresse dai presidenti Kompatscher e Rossi ai cui impegni crediamo. Ma trent’anni sono lunghi e si sa come vanno le cose. Meglio essere chiari fin da subito