Da Art Attack al suo nuovo libro, Giovanni Muciaccia si racconta: «La tecnologia non sostituirà mai la creatività umana»
Se siete nati negli anni Novanta, è molto probabile che almeno una volta abbiate provato a rifare uno degli attacchi d’arte che Giovanni Muciaccia proponeva nella storica trasmissione Disney ‘Art Attack’. Un programma che voleva dimostrare con leggerezza e divertimento come tutti quanti nel loro piccolo potevano diventare dei grandi artisti sfruttando i materiali che si trovavano in giro per casa. Conduttore, divulgatore e attore teatrale, Muciaccia si è reso famoso per diverse espressioni che hanno fatto la storia dello show contribuendo a renderlo ancora più famoso, come le forbici dalla punta arrotondata che il conduttore consigliava sempre ai bambini di usare. Un volto noto e apprezzato che negli anni si è dedicato anche ad altri progetti ed esperienze, mantenendo sempre l’arte come sfondo colorato della sua vita e delle sue attività. Durante il weekend appena passato, Muciaccia è stato presente come ospite al Game Ground, il festival del videogame di Bolzano. Insieme alla streamer Twitch Kurolily si è improvvisato per la prima volta level designer costruendo i livelli del videogioco Super Mario Maker. Noi ne abbiamo approfittato per farci una chiacchierata.
Partiamo da una domanda che sorge quasi spontanea: cosa fa oggi Giovanni Muciaccia?
Fino a un anno e mezzo fa ho lavorato su Rai 2 occupandomi di divulgazione e conducendo programmi come ‘Sereno Variabile’, ‘La porta segreta’ e ‘5 cose da sapere’. Da un annetto invece mi occupo di social, ideando e realizzando contenuti sui miei canali Facebook, Instagram e Tik Tok. Sto portando avanti diversi format, tra cui uno di tre minuti in cui racconto opere e aneddoti d’arte. Una preparazione al 16 novembre, giorno in cui uscirà il mio primo libro, edito da Rizzoli, che si chiamerà “Attacchi d’arte contemporanea”, in cui cerco di semplificare il linguaggio dell’arte moderna e contemporanea per renderlo fruibile anche al grande pubblico. Il libro vuole essere anche una sintesi per chi di arte è già esperto o appassionato. Al tempo stesso spero di stimolare il lettore alla creatività. L’arte contemporanea è diventata anche concettuale, è legata alla nostra mente e al nostro pensiero. Per questo voglio cercare di tirar fuori il piccolo grande artista che è in ognuno di noi.
Tornando alla tua partecipazione a Game Ground: qual è il tuo rapporto con i videogiochi?
Da ragazzo ci giocavo tantissimo, sono figlio della generazione del Commodore 64. Poi ad un certo punto ho smesso perché purtroppo mi portavano via troppo tempo. Uno dei miei titoli preferiti era Doom. Al momento non gioco più, ma sono tornato comunque ad interessarmi a questo mondo e ad osservarlo da vicino grazie a mio figlio. Ha 11 anni e da poco gli ho regalato la Playstation, approcciandolo lentamente e con la dovuta calma al mondo della tecnologia e del gaming. Anche molti altri suoi amici di scuola ce l’hanno e quell’età penso sia necessario far parlare loro la stessa lingua, facendoli condividere passioni, interessi e passatempi.
I videogame possono essere considerati un vero e proprio linguaggio artistico?
Assolutamente sì, sono una forma di creatività. Basta pensare al lavoro che sta dietro alla creazione degli scenari, del design, dello storytelling, la scelta dei colori, le idee. Nel videogioco ci sono tutti una serie di fattori che attirano l’utente, come se fosse un cornetto da voler addentare perché ti piace e ispira fame. Possiamo dire che il meccanismo dell’arte è anche questo: attirare a sé il pubblico grazie ad una molteplicità di elementi dal forte impatto.
A proposito di arte: l’etichetta di ‘Signor Art Attack’ non ti ha stufato negli anni?
Art Attack è stato girato dal 1998 al 2005 a Londra poi Disney ha imposto uno stop ed il programma è stato cancellato. Nel 2010 poi, dall’Argentina, hanno deciso di farlo ripartire cambiando i conduttori di tutti i paesi tranne uno, io. Questo perché in Italia ha avuto un successo incredibile, un vero e proprio boom. Sicuramente il programma ha segnato la mia vita e ne fa parte, ma negli anni ho anche cercato di farmi trascinare un po’ dagli eventi andando a curare progetti diversi non per forza incentrati sull’arte (Sereno Variabile, ad esempio). È un’etichetta che porto addosso ancora volentieri perché mi identifica, ma mantengo comunque la mia filosofia zen: non sono uno che scalpita e sgomita per fare questo o quell’altro in televisione. Cerco di fare poche cose, ma che mi piacciono davvero. Non ambisco a condurre Sanremo. Penso che il lavoro non sia il fine, ma il mezzo per arrivare a raggiungere determinati risultati.
https://www.youtube.com/watch?v=RAglqpGzmWA
Una puntata di Art Attack
La televisione di oggi sembra aver perso quel ruolo educativo di una volta. Internet ha già preso il sopravvento?
La televisione ha avuto dei cali enormi d’attenzione per diversi motivi. In primis perché si è frammentata tantissimo negli anni e le persone non sanno più cosa guardare. E poi c’è stata una perdita d’interesse del prodotto da parte dei giovani, che la guardano sempre di meno, specie le reti generaliste. Gli ascolti registrati oggi sono quelli delle persone che non hanno ancora dimestichezza col web. Sui social è possibile portare contenuti nuovi e diversi che abbracciano diverse tematiche e interessi ed è quello che provo a fare io, anche se i meme rimangono lo strumento comunicativo numero uno e temo siano imbattibili (ride, ndr). Sicuramente gli smartphone hanno dato un’accelerata a tutto questo, perché permettono una maggiore fruibilità e velocità di connessione a piattaforme come Instagram o Youtube sulla quale io stesso ritrovo il mio pubblico che mi segue da anni e che riesco a raggiungere molto facilmente. Per questo penso che i telefonini siano ormai la nuova televisione.
Tu ci hai insegnato che con le forbici dalla punta arrotondata e la colla vinilica è possibile fare e riparare di tutto. Si può dire che oggi questi due strumenti sono stati rimpiazzati da stampanti 3D e nuove tecnologie digitali che ci semplificano la vita?
La tecnologia negli anni è andata di pari passo con l’innovazione, si è affinata tantissimo e fa parte della nostra vita. Se oggi vogliamo disegnare qualcosa con il computer ci impieghiamo pochi secondi e quelli che menzionati sono degli strumenti utilissimi. Io stesso ricorro ad alcuni di questi mezzi ogni tanto perché velocizzano il nostro lavoro. Essendo della vecchia scuola però mi piace fare anche molto lavoro a mano, miscelando colori, disegnando sulle superfici e vedendo l’opera che si realizza pian piano. Il computer e le nuove tecnologie possono aiutarmi a vedere in anticipo come devo muovermi e quale risultato dovrebbe venire fuori. Sono un supporto efficace per portarci avanti con il lavoro.
L’estro e la creatività dell’uomo rimangono però alla base di ogni opera…
Certamente, così come la manualità, l’ingegno e la possibilità di costruire cose fai da te. Realizzare un’opera d’arte vuol dire fare un lavoro di introspezione, guardando dentro di sé, senza pensare ad altro. È una cosa che fa bene all’animo per cui è necessario calarsi nella propria intimità per riuscire a trovare un contatto con noi stessi. La tecnologia rimane un supporto eccezionale ma non consente di toccare il tuo io interiore durante la realizzazione di un progetto d’arte e non potrà mai rimpiazzare l’ingegno e la creatività della mente umana. Sono due dimensioni diverse ed è per questo giusto che rimangano separate, anche se possono coesistere e collaborare insieme.
Alexander Ginestous