Gli occhiali di Pasolini e l'equivoco del profeta
“PPP. Profeta Corsaro” è uno spettacolo riuscito. Non era semplice mantenere in equilibrio la forza e la retorica pasoliniana con le musiche eseguite dal vivo dall’orchestra Haydn, tenendo presente che non tutti conoscono le opere e la biografia di Pier Paolo Pasolini.
Agli attori Marco Brinzi, Alex Cendron, Milutin Dapcevic, Gianluca Pantosti e Maria Pilar Perez Aspa manca ancora un pizzico di alchimia, ma rispettano ed esaltano al meglio i testi intelligentemente selezionati dal regista Leo Muscato e da Laura Perini, mentre le proiezioni video contribuiscono a mantenere alto il ritmo e l’attenzione del pubblico.
Affrontare oggi i testi di Pasolini è un’impresa ad altissimo rischio, ma lo spettacolo prodotto dallo Stabile di Bolzano evita cadute di stile ed eccessi retorici celebrando Pier Paolo Pasolini con grande “onestà”. Lo fa attraverso una selezione di scritti interpretati da attori che prestano la voce a Pasolni e, soprattutto, ne indossano gli occhiali, evidenziando pregi e difetti di una visione particolarissima.
Come noto, Pasolini utilizzava occhiali da miope che gli servivano per vedere meglio quel che era lontano, perché – e lo spettacolo lo mostra inequivocabilmente – quel che gli capitava vicino lo vedeva e percepiva benissimo.
L’equivoco, piuttosto, sta nel titolo, nel “Pasolini profeta”, perché a PPP il futuro non interessava per nulla. Era orgogliosamente una forza del passato, un uomo solitario, dichiaratamente senza speranza, che rimpiangeva un’Italia che non esisteva più.
Pier Pasolini denunciava l’orrenda degenerazione consumista del popolo italiano mezzo secolo prima che i centri commerciali diventassero la meta preferita dei loro week end. Si scagliava contro l’omologazione televisiva prima dell’avvento delle televisioni private e del loro ideatore e padrone che sarebbe diventato l’uomo più ricco e potente della nazione.
Già negli anni Settanta, sottolineava la malsana passione dei giornalisti per quel che accadeva nel “Palazzo”, nelle stanze del potere politico, non potendo nemmeno immaginare che decenni dopo le parole – nemmeno i fatti – di personalità politiche sempre più improbabili avrebbero finito per monopolizzare i palinsesti mediatici.
Ma, soprattutto, è bastata la proiezione di pochi secondi dei film di Pasolini per comprendere quanto il suo sguardo fosse lontano dal mondo di oggi. Interpreti con visi arcaici e popolari scelti ed esaltati proprio per quei tratti che il botulino e i bisturi della chirurgia estetica di oggi rimuovono drasticamente perché considerati imperfezioni intollerabili.
In brutale sintesi, a Pasolini non interessava descrivere un futuro distopico, denunciava il suo presente e ne preferiva il passato. Per vedere lontano gli servivano occhiali che mal sopportava, mentre agli italiani andava benissimo così. Quel che per lui era terribile, per gli italiani era un sogno.
Servisse un’ulteriore dimostrazione, al termine dello spettacolo, siamo tutti corsi a controllare i nostri rassicuranti cellulari che filtrano le nostre relazioni e soprattutto le nostre vergogne.
Perché quel che Pasolini adorava è proprio quello di cui si vergognavano i nostri genitori o nonni: la povertà e le imperfezioni fisiche. Solo l’ignoranza ha smesso di essere fonte di vergogna.
Non sono state le bombe o la repressione a imporcelo, anzi, le differenti bigotterie democristiane e comuniste hanno anche provato a tenerci al margine delll’edonismo consumista, ma le abbiamo spazzate via insieme alle macerie del muro di Berlino.
In definitiva, lo spettacolo “PPP. Profeta Corsaro” chiarisce quanto Pasolini sia ormai un personaggio totalmente fuori dal tempo. Non abbiamo più nemmeno le parole per definirlo. O qualcuno pensa che il citatissimo poeta, scrittore, regista e drammaturgo omosessuale possa essere definito un “influencer gay”?
Massimiliano Boschi
Lo speciale su “PPP. Profeta Corsaro“
Immagine di apertura: ©Venti3