Il design che toglie la paura dell'ospedale: il progetto di Vittoria Battaiola al World Usability Day
Innovazione. “Designing for a Better World” è il tema del prossimo World Usability Day (WUD), in programma il 6 e il 7 novembre prossimo al NOI Techpark (ne abbiamo parlato qui). Tra i protagonisti dell’evento, Vittoria Battaiola presenterà il suo progetto di tesi, con cui si è laureata quest’anno alla Facoltà di Design e Arti di unibz. Il suo lavoro, intitolato “Healthcare Odyssey,” è un caso studio mirato a migliorare l’esperienza dei pazienti all’interno del pronto soccorso dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Un’idea che incarna perfettamente il tema del WUD di quest’anno, proponendo un approccio inclusivo che pone al centro il benessere e la serenità dei pazienti: un esempio tangibile di come il design possa davvero migliorare la qualità della vita delle persone.
In cosa consiste il progetto “Healthcare Odyssey”?
“Healthcare Odyssey” è un progetto che utilizza il design dei servizi per migliorare il percorso dei pazienti all’interno del pronto soccorso dell’Ospedale Santa Chiara di Trento. La mia ricerca si è concentrata in particolare sui pazienti che soffrono di nosocomefobia, più comunemente nota come paura degli ospedali. Nello specifico, si tratta di un disturbo da stress post-traumatico talvolta causato da esperienze ospedaliere traumatiche, che possono ostacolare l’accesso alle cure mediche. Attraverso la co-creazione con il personale sanitario e gli altri stakeholder, l’obiettivo primario è quello di rendere migliore e più rassicurante l’interazione dei pazienti con il sistema sanitario d’emergenza.
Da quale necessità sei partita e come è nato il progetto?
L’idea è nata dall’esigenza di migliorare l’esperienza delle persone all’interno del pronto soccorso, un ambiente che può diventare opprimente per molti, specialmente per chi soffre di nosocomefobia. Ho iniziato analizzando le criticità delle esperienze vissute dai pazienti mappando ogni fase del loro percorso: dall’accettazione all’attesa, fino agli esami e alla comunicazione della diagnosi. Successivamente, ho individuato i punti deboli – i cosiddetti ‘pain points’ – e applicato pratiche e metodi del design dei servizi per trasformarli in punti di contatto rassicuranti e informativi.
Quali strumenti hai utilizzato per la ricerca?
Ho condotto un’approfondita ricerca con le persone, cosiddetta user experience research, distribuendo due questionari distinti: uno rivolto ai pazienti nosocomefobici e uno più generico per tutti i pazienti del pronto soccorso. L’idea era di raccogliere dati sul modo in cui viene percepita l’attesa, sulle informazioni disponibili e sulla qualità della comunicazione del personale sanitario. Grazie a questi questionari e a numerose interviste è stato possibile comprendere meglio il percorso ideale e le reali esigenze di tutte le persone coinvolte nel servizio.
Quali sono i principali risultati emersi dalla tua ricerca?
Dai dati raccolti, è emerso che l’88% dei pazienti considera insufficiente la quantità di informazioni a loro disposizione. L’attesa risulta la parte più problematica: la maggior parte delle persone ha infatti la sensazione che il tempo di attesa sia molto più lungo rispetto a quello effettivo. Questi ed altri elementi negativi incidono notevolmente sul livello di stress e ansia dei pazienti, nonché sulla loro esperienza complessiva.
Come si articola concretamente il progetto?
Il progetto si compone di una serie di prodotti phygital, cioè strumenti che combinano elementi fisici e digitali, pensati per facilitare le interazioni all’interno della struttura ospedaliera. Ho creato un prototipo di piattaforma online che guida i pazienti nel loro ‘viaggio’ attraverso il pronto soccorso, spiegando in modo chiaro le diverse fasi e le tempistiche previste. Ogni fase è descritta nel dettaglio, in modo che i pazienti sappiano cosa aspettarsi e le loro aspettative non vengano deluse. Per chi soffre di nosocomefobia, il sito offre anche tecniche di rilassamento e suggerimenti su come comunicare le proprie paure al personale sanitario. Inoltre, sono presenti due sezioni personalizzate: ‘Il mio percorso’ e ‘Il mio turno’, accessibili tramite QR code fornito al triage. La prima sezione permette ai pazienti di vedere in tempo reale quali fasi sono già state completate e quali devono ancora venire, offrendo loro una maggiore consapevolezza del processo in corso. La seconda mostra l’ora di accesso e il tempo stimato di attesa, riducendo così il divario tra percezione soggettiva e realtà”.
Vittoria Battaiola
In che modo quindi il design può contribuire a migliorare la vita delle persone?
Il design è strumento potente per migliorare la qualità della vita delle persone, soprattutto in ambiti critici come quello sanitario. Attraverso il design dei servizi è possibile condurre ricerche approfondite, coinvolgendo direttamente gli utenti e i professionisti del servizio per comprendere le loro esperienze, sfide e aspettative, individuando gli aspetti critici e le opportunità di miglioramento. Il risultato quindi, è la progettazione di soluzioni mirate e integrate che non solo rispondono ai bisogni reali, ma contribuiscono a creare esperienze positive. Sebbene il design dei servizi sia una disciplina ancora poco conosciuta ed applicata, ha le potenzialità di diventare una leva strategica per affrontare le sfide emergenti, ridefinendo la fruizione dei servizi e mettendo al centro le persone e i loro reali bisogni. Insomma, investire in figure professionali di questo genere significa credere in un futuro in cui i servizi in qualsiasi ambito non siano solo più efficienti, ma anche sostenibili ed accessibili per tutti.
Chiara Caobelli
Immagine di apertura: Il prototipo del sito. Foto courtesy Vittoria Battaiola