Il sorriso sul mondo di Su, la designer che viene dal freddo
All’anagrafe è Yansu Wang, ma per tutti è Su. Viene da Harbin, città cinese a metà strada tra il confine russo e quello nord coreano. Dieci milioni di abitanti, nel mese di gennaio, quando la temperatura media è di meno venti gradi, con picchi di meno quaranta, Harbin ospita lo straordinario “Festival internazionale delle sculture di ghiaccio e neve”.
Su, però, non è arrivata in Alto Adige seguendo un’insana passione per la neve o gli sport invernali, ma per iscriversi alla Facoltà di Design e Arti di unibz. Dopo la laurea si è trasferita a Venezia, poi, un po’ a sorpresa, ha deciso di tornare a Bolzano. Raramente una domanda è sorta così spontanea: “E perché???”
“Perché mi piace la natura… e ho un fidanzato sudtirolese” ha precisato sorridendo.
La scelta di vivere nel capoluogo altoatesino ha, effettivamente, pochissimo a che fare con il lavoro. Su lavora come designer per un’azienda di Bergamo e crea libri illustrati per ragazzi per una casa editrice veneziana. “Ormai non è più così strano, soprattutto dopo il Covid. Credo ci chiamino nomadi digitali e trovo sia un buon modo per gestire la combinazione tra vita e lavoro”. Bastano pochi minuti di conversazione per comprendere come Su sia una perfetta cittadina del mondo dell’anno ventitré del terzo millennio. Appassionata di cinema, ha formato una sorta di piccolo club per parlare di cinema. “Di recente – racconta – abbiamo visto “A Clockwork Orange/Arancia meccanica” di Stanley Kubrick e abbiamo discusso dell’importanza della musica nel film. Siamo in sette, c’è chi ha studiato filosofia e chi musica e, a turno, ognuno di noi seleziona un film o un regista e spiega agli altri il motivo della scelta”.
Non ci sarebbe nulla di particolarmente nuovo e originale, se non fosse che ogni appartenente al “club” vede il film a casa propria in tre continenti diversi: “Ci siamo conosciuti online perché abbiamo interessi simili, ma nessuno vive nella stessa città dell’altro. In quattro viviamo in Europa, due vivono negli Stati Uniti e una in Cina, alcuni di loro non li ho mai incontrati di persona”.
Questo non significa avere unicamente amicizie, frequentazioni o passioni “virtuali”, anzi. Su ha amicizie nate negli anni dell’università e si è abbonata alla stagione teatrale dello Stabile. Apprezza il contatto personale e frequenta gli spettacoli dal vivo, semplicemente prova a sfruttare al meglio quel che oggi le offre il mondo. Quando, però, si passa al domani e si parla di futuro, il tono cambia radicalmente.
All’ormai classica domanda di questo speciale: “Come ti vedi tra dieci anni?”, risponde con un lungo sospiro, sbuffa, poi prova a spiegarsi attraverso un esempio: “Quando avevo vent’anni, ho scritto una lettera a me stessa da aprire solo quando ne avrei compiuti trenta. Poi l’ho consegnata a un’amica e lei mi ha affidato la sua. Ce le siamo tornate a scambiare l’anno scorso, l’ho letta e mi sono accorta che mi sono accadute cose che non avevo previsto, però non avevo scritto nulla su cosa sarei voluta diventare. Anche adesso non ho grandi obiettivi, faccio tante cose, ma non so se le faccio perché mi capita l’occasione o perché mi piacciono davvero”. Ma lo dice sorridendo.
La visione del futuro di Su non appare quindi molto diversa da quella emersa nelle altre interviste di questo speciale. Ampliando lo sguardo al resto del mondo, però, apre uno spiraglio suggestivo: “Credo che tutti, in particolare i giovani, decidano di cambiare solo quando non stanno bene e quando trovano un obiettivo comune. In Cina, per esempio, il lockdown è stato molto più lungo e rigido che nel resto del mondo e la popolazione non si è ribellata fino all’incendio che ha ucciso una decina di persone a Urumqi, città dello Xinjiang. I soccorsi sono arrivati in grave ritardo proprio a causa delle restrizioni dovute al lockdown e da Urumqi è partita una protesta che ha coinvolto molte città cinesi. Il governo ha, però, proibito queste manifestazioni in cui si accendevano candele e si mostravano le foto delle vittime, per cui qualcuno si è ispirato a una vecchia storiella dei tempi dell’Unione Sovietica. Una barzelletta in cui si raccontava di un uomo a cui veniva continuamente sequestrato il cartello con la scritta “ho fame” e per questo aveva deciso di scendere in piazza con un cartello bianco, senza scritte, tanto la gente capiva comunque. Ecco, i manifestanti cinesi sono scesi in strada con lo stesso spirito, esponendo dei semplici fogli bianchi A4 restando in silenzio e senza slogan. A quel punto, il governo cinese ha deciso di allentare le misure di isolamento contro il Covid ”.
Massimiliano Boschi
Questo articolo fa parte dello speciale My Generation: un progetto che dà voce alle nuove generazioni attraverso strumenti creativi. Il progetto – promosso dalla cooperativa Young Inside con il sostegno dell’Ufficio Politiche Giovanili della Provincia Autonoma di Bolzano e un contributo del Comune di Bolzano– oltre alle interviste pubblicate in questo speciale, esporrà opere di poster art che permetteranno di potenziare le parole e le narrazioni dei ragazzi e delle ragazze coinvolgendo tutta la città di Bolzano.