Imballaggi alimentari: i miti da sfatare tra normative europee e il piano Clima Alto Adige
Ogni anno vengono gettate circa otto milioni di tonnellate di plastica nei mari e negli oceani di tutto il mondo. Secondo un report redatto da Ecco in collaborazione con Greenpeace e Spring, l’Italia è il secondo Paese consumatore di plastica in Europa: nel 2020 sono state consumate 5,9 milioni di tonnellate di polimeri fossili, corrispondenti a quasi 100 kg a persona. In occasione della revisione del “Packaging and packaging waste regulation”, il regolamento europeo che prevede una drastica riduzione degli imballaggi e che è attualmente in discussione, il movimento europeo Zero Waste Europe ha pubblicato un rapporto con cui prova a sfatare alcuni miti sull’igiene alimentare, sullo spreco di cibo, sull’impatto degli imballaggi riutilizzabili sulla salute e sul corretto riciclo degli imballaggi. Ecco dunque presentati i quattro miti e le corrispondenti verità.
Al primo posto, quello secondo cui “gli imballaggi monouso aiuterebbero a ridurre gli sprechi alimentari”. Mentre alcuni imballaggi possono effettivamente contribuire ad aumentare la durata di conservazione dei prodotti, un recente studio dell’Unep ha evidenziato che, qualora il tipo di alimento lo consenta, questi dovrebbero essere venduti non imballati o tuttalpiù in imballaggi riutilizzabili. Tuttavia, negli ultimi vent’anni, lo spreco alimentare e i rifiuti in plastica nei Paesi Ue sono aumentati parallelamente. Si tratta di un dato riconducibile ai comportamenti sbagliati dei consumatori, propensi ad acquistare cibo in eccesso, incuranti dell’imballaggio che lo contiene.
Un’altra convinzione riguarda l’idea che “gli imballaggi monouso proteggano la nostra salute”. Al contrario. Numerosi studi dimostrano che molti imballaggi monouso realizzati in plastica, carta e cartone, possono contenere centinaia di sostanze chimiche dannose che, a contatto con il cibo, lo infettano e finiscono direttamente nel corpo del consumatore. In merito a ciò, attualmente sono 388 le sostanze chimiche presenti nei materiali che, in accordo con la Chemicals Strategy for Sustainability della Ue, sono classificate come cancerogene, mutagene, tossiche per la riproduzione, persistenti e bioaccumulabili.
Il terzo mito da sfatare riguarda la scarsa igiene degli imballaggi riutilizzabili e riutilizzati. Secondo il Rapporto, si tratta di problema che non sussiste, dal momento che esiste un regolamento (CE 852/2004) che disciplina tutti gli aspetti dell’igiene nelle industrie alimentari, imballaggi compresi. Questa norma sottolinea come gli imballaggi debbano essere mantenuti puliti e, se necessario, disinfettati, al fine di evitare qualunque forma di contaminazione. Tra l’altro, i riutilizzabili non sono certo una novità nel settore dei beni di consumo: esiste infatti una lunga tradizione, in molte parti del mondo, legata all’utilizzo di questi imballaggi per trasportare latticini, carni, frutti di mare, frutta e verdura, cereali e altri alimenti.
Infine, l’ultimo mito da sfatare è legato all’idea che “il riciclo possa risolvere il problema dei rifiuti”. Purtroppo, non è così. Il Rapporto mostra chiaramente i limiti degli impianti, partendo da un dato importante: gli attuali livelli di utilizzo delle risorse sono incompatibili con l’agenda climatica. Nella maggior parte dei casi, infatti, le infrastrutture per la gestione dei rifiuti non hanno la capacità di gestire diversi formati di imballaggio; ciò significa che maggiore è il mix di materiali all’interno dell’imballaggio, minore è la qualità complessiva del materiale riciclato. Il riciclaggio della plastica, osserva il report, non è dunque una soluzione all’uso eccessivo delle risorse naturali, né una misura efficace per ridurre i rifiuti di imballaggio. Alla luce di questo e dei precedenti risultati, quindi, è necessario iniziare a progettare e utilizzare gli imballaggi in maniera differente.
Focus Alto Adige
In questo contesto, l’Alto Adige non presenta misure d’intervento specifiche per contrastare lo spropositato utilizzo della plastica negli imballaggi. Nel “Piano Clima Alto Adige 2040” infatti – adottato dalla Giunta Provinciale di Bolzano e parte integrante della Strategia per la sostenibilità “Everyday for Future” – compare il “Campo d’azione alimentare e consumi” (misura 5.5), che mostra gli interventi proposti dal Piano Clima in merito allo spreco alimentare, ma non prevede l’adozione una pratica di imballaggio plastic free. Tra queste misure, invece, la proposta di espandere il settore dell’usato (second hand) in funzione di un’economia circolare, di sviluppare dei moduli per la prevenzione degli sprechi in tutte le scuole e i centri di formazione interessati, e di organizzare una campagna di sensibilizzazione sulle corrette modalità di acquisto di beni alimentari (es. buona pianificazione degli acquisti, corretta interpretazione delle date di scadenza dei prodotti).
Tuttavia, in Alto Adige è da tempo possibile acquistare prodotti sfusi e senza imballaggi. Sono diversi gli alimentari “zero waste” che hanno aperto negli ultimi anni sul territorio altoatesino e che offrono non soltanto cibo monouso senza imballaggio, ma anche bevande, detersivi e prodotti per l’igiene personale. Inoltre, sul territorio altoatesino è possibile acquistare prodotti freschi bio senza l’utilizzo della plastica nei tradizionali mercati dei contadini.
Vittoria Battaiola
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