"La gioia" di Pippo Delbono porta la sabbia del deserto agli eschimesi

In tempi di pandemia, Pippo Delbono porta a Bolzano “La gioia” ed è un po’ come se portasse sabbia del deserto agli eschimesi. Perchè la gioia, come illustra con precisione  “Una parola al giorno: “Se e troppo compassata, troppo contenuta, difficilmente ci viene di chiamarla gioia. Deve avere la sfrontatezza e la spontaneità dell’emozione primaria – altrimenti possiamo ricorrere a letizia, contentezza, soddisfazione. Una gioia ingessata è difficile da riconoscere come gioia. Si deve leggere in faccia, nella voce”.
Ma di questi tempi, non solo per colpa delle mascherine, nulla si legge in viso, mentre sfrontatezza e spontaneità non sono le caratteristiche distintive degli altoatesini.

Foto di Luca Del Pia

Delbono rivendica esplicitamente un percorso verso la gioia decisamente tortuoso, tra racconti da lager e manicomi, follie di danzatori e terroristi e immagini di naufragi nel Mediterraneo.
Nel farlo, però, mette in scena mali del mondo che non toccano direttamente noi spettatori che assistiamo a distanza, più o meno coinvolti a queste tragedie. Un lusso immeritato che non basta a renderci felici e nemmeno spinge ad astenerci dal mediocre vittimismo del #maiunagioia.

Lo spettacolo inizia con un innaffiamento di fiori (finti) sulle note di “Don’t worry be happy” per poi passare rapidamente a melodie meno allegre, partendo dal tango fino ad arrivare a “Le petit fleur” di Sidney Bechet con voce e testo di Henry Salvador.
Delbono passa poi a ricordarci che la gioia non va cercata, ma colta e conservata il più a lungo possibile, come le giornate di primavera che arrivano dopo l’inverno e come i fiori che sbocciano prima di sfiorire.
Un ciclo inarrestabile e perenne che la società del benessere ha preferito espellere da sé, buttando il bimbo con l’acqua sporca.  Nemmeno l’umanità sovraesposta e luminosa che Delbono porta sul palcoscenico sembra essere in grado di farci rinsavire e non ci resta che godere dell’irresistibile forza delle immagini che “La gioia” porta in scena.

Un mondo coloratissimo che un non elegantissimo Delbono attraversa con passo incerto e respiro affannato. Ma ogni volta che si china con fatica a raccogliere i fogli da terra o che scende traballante i gradini dal palco alla platea, evidenzia le sue e le nostre fragilità, quelle che dovrebbero convincerci definitivamente a cogliere ogni momento di gioia, rompendo le catene che ci legano all’ansia.

Massimiliano Boschi

 

La gioia
di e con Pippo Delbono
con Compagnia Delbono: Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Margherita Clemente, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Grazia Spinella e con la voce di Bobò
musiche Pippo Delbono, Antoine Bataille, Nicola Toscano e autori vari
Produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
coproduzione Théâtre de Liège, Le Manège Maubeuge – Scène National

Immagine di apertura: credit Luca Del Pia

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