"Fai lenzuola alla cannabis!" il Ministero rifiuta di registrare il marchio. L'assurdo caso di Steva Hemp
Si dice che la matematica non è opinione, mentre per le parole la questione è un po’ più complicata. Eppure in certi casi basterebbe un dizionario per evitare situazioni kafkiane, al limite del surreale. Come quella in cui si è trovata Gordana Stevancevic, giovane imprenditrice altoatesina che nel gennaio scorso si è vista rifiutare la registrazione del marchio della sua azienda “Steva Hemp” dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy perché il nome della ditta, che, lo precisiamo, vende lenzuola per alberghi in tessuto di canapa, farebbe pubblicità alla marijuana, o cannabis. Lenzuola da sballo insomma, secondo il Ministero, che così giustifica il rifiuto: “il segno proposto contiene la parola “hemp” tale da configurarsi come propaganda pubblicitaria di sostanze o preparazioni comprese nelle tabelle delle sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all’art. 14 del D.P.R. 309/90, il cui successivo articolo 84 ne vieta espressamente la pubblicità” . La lettera ha lasciato di stucco Stevancevic “Quando mi è arrivata la comunicazione sono rimasta di stucco… all’inizio ho pensato di non fare nulla, ma sarebbe stato come dare loro ragione, quasi che dormire nelle lenzuola di canapa farebbe alterare” ci racconta la giovane imprenditrice, rimasta vittima di una certa confusione che ancora oggi c’è nell’immaginario comune tra la canapa per uso industriale -secondo Treccani “pianta annua conosciuta e coltivata fin dal terzo millennio avanti Cristo di cui si può utilizzare tutto e … dal cui fusto si ottiene una fibra utile per tessuti- e la cannabis sativa o marijuna, droga leggera che si ottiene facendo seccare i fiori e le foglie dalla varietà della canapa indiana (Treccani, sito del governo, dipartimento antidroga). Una distinzione chiara anche nella lingua inglese, che definisce “hemp” la canapa a uso industriale e cannabis la cannabis appunto o marijuana ad uso ricreativo.
Gordana Stevancevic. Foto Lua Guadagnini, courtesy Steva Hemp
“Mi succede in privato che amici e conoscenti scherzino o mi guardino male su questo fatto chiedendomi se la biancheria si possa fumare” continua Stevancevic. Ma un conto è uno scherzo tra amici, un altro la confusione perpetrata nelle stanze del ministero, che può avere conseguenze pesanti, soprattutto per chi ha appena avviato un’attività. Ma cosa si può fare ora di fronte al rifiuto del Ministero? “A me interessa che il marchio risulti registrato dal primo di dicembre in Italia anche per tutelarmi anche contro altri eventuali concorrenti del settore, quindi devo mettere in moto gli avvocati per quello che in termine tecnico si definisce la domanda di replica. Certo potrei chiedere l’estensione del marchio a livello europeo, ma rimarrebbe un rifiuto registrato in Italia e potrebbero emergere altri problemi”.
Toccherà così spiegare attraverso gli avvocati la storia millenaria di questo tessuto, che nulla ha a che vedere con il consumo di cannabis: “La canapa dà un tessuto molto pregiato e sostenibile, ha una tradizione e una storia importante, basti pensare che anticamente le vele delle navi erano realizzate in canapa. Molti paesi al mondo – dalla Cina all’Est europeo, ma anche la Francia, non hanno mai smesso di produrla. Dal 2016 esiste una legge che incentiva proprio la coltivazione e la filiera industriale della canapa – ci tengo a precisare che la canapa che utilizzo per le mie lenzuola viene dall’Europa, da una filiera controllata da una varietà certificata” spiega Stevancevic, convinta sostenitrice del tessuto di canapa anche per una questione di sostenibilità “E’ molto traspirante e ha bisogno di meno lavaggi rispetto al cotone – questo porta ad un grande risparmio di acqua ed energia, credo sia un aspetto importante per gli alberghi in Alto Adige considerato l’overtourism”. La passione di Stevancevic per i tessuti in canapa -che racconta da tempo in un blog dedicato e su cui ha scritto un libro – l’ha spinta a lasciare il suo lavoro da dipendente per inseguire il suo sogno imprenditoriale. In questo senso, il nome scelto per l’azienda racchiude anche un elemento personale, per cui vale la pena combattere, anche se Stevancevic avrebbe impiegato volentieri in altro modo i costi extra che dovrà pagare ai legali “Steva Hemp contiene il mio cognome Stevancevic e questo rifiuto va a ledere la mia personalità, quello legato alla storia e alla mia passione per il tessuto”.
Caterina Longo
Immagine in apertura: le lenzuola di Steva Hemp in tessuto di canapa. Foto Luca Guadagnini, courtesy Steva Hemp