"È il lavoro che mi sono creata": Tessa Moroder e Lottozero, centro per il tessile unico in Italia
“A me sembra di fare esattamente come tutte le altre donne che conosco, non credo di avere una particolare energia” ci risponde sorpresa Tessa Moroder quando le chiediamo dove riesce a trovare la forza per tutto quello che fa. La incontriamo virtualmente in un call tra Bolzano e la Toscana. Alle sue spalle si vedono gli scaffali pieni di libri della biblioteca di Lottozero textile laboratory, il centro per il design, l’arte e la cultura tessile di Prato, che ha fondato insieme alla sorella Arianna nel 2016. Nata e cresciuta a Bolzano, Moroder si divide tra Parigi, Prato e il capoluogo altoatesino, è madre di un bimbo piccolo, vive in una famiglia allargata e soprattutto è in un fermento continuo tra nuovi progetti e idee da realizzare. Tra le tante, c’è anche il Group of Sisters creato su Facebook ormai otto anni fa – “è nato per disperazione, la notte in cui ha vinto Donald Trump non avevo dormito, sentivo il bisogno di fare qualcosa. Se ci ripenso mi viene da sorridere, quanto ingenui eravamo collettivamente, rispetto ai disastri che si sarebbero verificati dopo…”- ricorda. Il gruppo non ha mai smesso di crescere e oggi conta oltre 7300 aderenti da tutta Italia, e non solo.
Insomma, sei un vulcano.
Si, ma devo essere sincera, ho tolto tanto alle cose che fanno più piacere a me, al tempo libero con le amiche, alle serate fuori.
E ti pesa?
Si mi pesa.
Sei diretta…
Siamo così tante nella stessa barca, perché non dovrei dirlo. Mi pesa, mi manca la vita più libera e me-centrica. Proprio pochi giorni fa ho letto l’ennesima indagine su una cosa che sappiamo benissimo, gli uomini non sacrificano mai il tempo libero, a noi donne non è concesso farlo.
Insomma, ci vuole molta energia
Si, ma mi ritengo molto fortunata perché faccio un lavoro bellissimo che mi sono creata io e che mi da molte soddisfazioni, magari non finanziarie, ma di altro tipo: quante persone e soprattutto donne possono dire la stessa cosa? Ci pensavo proprio ieri mattina presto mentre aspettavo il volo per Prato, guardavo le donne lavorare agli stand o al check in, non deve essere facile per loro uscire alle sei di mattina e lasciare il proprio figlio per venire a scansionare le nostre valigie…
Prima di arrivare al lavoro che, come dici tu “ti sei creata” non hai esitato a rinunciare ad una carriera in Fiat
Finiti gli studi in Economia politica alla Bocconi di Milano ero stata reclutata alla Fiat e allora mi sembrava un grande onore: c’era un bell’ambiente, era la Fiat di Marchionne ai suoi inizi e stavano per lanciare la nuova Cinquecento. Ma presto ho capito che non era il mio: dopo un anno e mezzo ho mollato per fare dei viaggi, mi dicevano tu sei matta. In effetti non ho mai più guadagnato così tanto in vita mia.
Perché dici che non era il tuo ?
Era un ambiente iperstrutturato, tanto del lavoro era di facciata preparare presentazioni su presentazioni, se tornassi indietro mi direi: studia. Ora dico una cosa che se la legge mio papà magari ci resta male, è un uomo adorabile, il giorno della laurea mi disse ‘ora ti sei laureata non ti do più un euro’ e quindi ho pensato di dover iniziare subito a guadagnare. In realtà senza l’aiuto di mio papà non esisterebbe Lottozero.
Come nasce Lottozero?
Non ci sarei arrivata se prima non avessi lavorato tre anni come direttrice commerciale per Franz a Bolzano, ho imparato molto di come funziona gestire un’azienda culturale e sociale. Quando mia madre è mancata io e mia sorella abbiamo ereditato a Prato quello che in Toscana si chiama fondo: un grande magazzino con terreno, appena fuori dalle mura storiche. Appena l’abbiamo visto ci è stato subito chiaro, dovevamo fare una cosa nostra.
I laboratori di Lottozero. Foto Rachele Salvioli
E di cose ne fate molte
In realtà sono due le attività principali, un servizio di consulenza tessile rivolto ad artiste, artisti, designer e persone interessate al tessile e poi abbiamo l’hub creativo sempre sul tema del tessile, con le residenze d’artista, la Kunsthalle, il co-working. Molte attività le facciamo anche in Alto Adige, ma non avendo un luogo fisico non si “vedono”: gli spazi a Bolzano costano molto più che a Prato, come è noto.
Siete un team tutto al femminile. Come vi siete organizzate?
In questa zona del Macrolotto Zero negli anni ‘50 si lavorava secondo un vecchio modello di casa e bottega, ogni famiglia aveva un suo telaio, erano piccoli imprenditori, ma secondo un modello egualitario. Pensando anche a questo aspetto, abbiamo scelto la forma della cooperativa, siamo tutte socie, con un organigramma orizzontale, ognuno ha il suo ambito e nessuno è il capo dell’altro, funziona molto bene.
Siete un unicum a Prato?
Non solo a Prato, ma anche in Italia. Ci siamo ispirate al Textielmuseum di Tilburg in Olanda e al loro laboratorio, ma rimodulando l’idea per renderla fattibile rispetto al nostro budget, ad esempio con macchinari meno cari. Abbiamo un importante distretto tessile alle spalle a cui possiamo appoggiarci per esigenze particolari.
Il team di Lottozero. Foto Rachele Salvioli
(da sin: Federica Valli, Tessa Moroder, Alessandra Tempesti, Rosa Sonntag, Arianna Moroder, Elena Ianeselli )
Com’è stata la risposta del mercato? A parte il design, nel settore dell’arte contemporanea rimane comunque un materiale non esente da pregiudizi…
In effetti, quando abbiamo aperto nel 2016 il mondo dell’arte ci guardava un po’ così secondo un’idea piuttosto antiquata della fiber art, ma ormai il pensiero è “shiftato” , devo dire che c’è molto interesse e non riusciamo a stare dietro alle richieste.
A volte hai parlato della difficoltà a ricevere finanziamenti come imprenditrice donna…
Si, ma non solo. Ora sto vivendo un momento di rabbia, che non ha a che fare con essere donna ma imprenditrice culturale in Italia e in Europa, per via di due cose: la moda dell’impacting investment, investimenti in realtà che servono a fare “bella figura” a chi li dà e con cui vengono lavati utili guadagnati sfruttando il lavoro delle persone – e i bandi “Tocc” – dai fondi del PNRR per sostenere, noi “organismi culturali e creativi”, come ci chiamano. Vengono costruiti in modo che in realtà stanno danneggiando, dalla complessità della compilazione della domanda alla rendicontazione fino alla quantità di cofinanziamento, solo per dirne alcune. E se decidiamo di non partecipare la colpa verrà data a noi che non siamo abbastanza professionali.
Lottozero, un progetto nell’ambito dell’artist in residence. Foto Alessandro Destro
Capitolo Group of Sisters su Facebook: secondo te perché ha così tanto successo?
Il gruppo va forte, certo ha avuto i suoi up e down, ma direi che in questi anni è stato utile a tante persone. Ci confrontiamo su qualsiasi cosa, credo che tutti abbiano bisogno di una comunità di persone, anche se online, soprattutto in una società dove proprio la comunità, il senso di appartenenza va a perdersi. Durante il periodo del Covid in molte mi hanno scritto dicendomi che il gruppo le stava salvando dalla solitudine – che è poi è una condizione umana, sempre.
Ultima domanda sulle tre città in cui abiti: pregi e difetti di Bolzano, Prato e Parigi
Di Bolzano amo la natura e la qualità della vita, ma la vita culturale e notturna lasciano molto a desiderare, al contrario di Prato, anche se qui lo spazio pubblico è troppo invaso dalle macchine. Inoltre, si percepisce il fatto che si tende a fare meno figli, tra le amiche della mia età mi sento un pesce fuor d’acqua. Parigi è male su tutti i fronti, la consiglio solo ai giovani con molte possibilità economiche. Per me è una città che non ha futuro.
Caterina Longo
Immagine in apertura: Tessa Moroder. Foto Rachele Salvioli