
Marco Cecchinato, da Caldaro alla semifinale al Roland Garros
Il cuore tipico della gente del Sud, di chi sa lottare, la determinazione – unita a un’impensabile freddezza nei momenti chiave – più tipica del Nord. Ci si lasci abbandonare allo stereotipo, per una volta. Lo facciamo per cantare le gesta di Marco Cecchinato. Il tennista 25enne, sconosciuto al grande tennis fino a non più di tre mesi fa, ora in semifinale al Roland Garros di Parigi, uno dei quattro tornei maggiori del circuito. Un’impresa: nei quarti di finale a lasciargli strada è stato Novak Djokovic, ex numero uno al mondo (per 223 settimane, non per un soffio di vento) e vincitore di dodici tornei dello Slam. Quarant’anni dopo l’ultimo semifinalista italiano a livello maschile. Era il 1978, infatti, quando a Parigi si spingeva tanto avanti Corrado Barazzutti. Uno degli alfieri di quella nazionale italiana che vinse l’unica Coppa Davis, compagno di Adriano Panatta, che a Parigi addirittura trionfo nel 1976. Altri tempi, prime immagini a colori, la terra che a volte era rossa sì, altre più sbiadita.
Cecchinato, poi, arriva in semifinale da carneade. Da pedalatore di tornei e circuiti minori. La sua storia è legata a Bolzano. Lui, palermitano doc, nel 2009 – a 17 anni – abbandona il capoluogo siciliano per venire a Caldaro, da coach Massimo Sartori. Per allenarsi con lui e insieme ad Andreas Seppi, l’alfiere del tennis altoatesino. Uno, Seppi, riconosciuto nel circuito come esempio di sobrietà (in campo e fuori), di tenacia e allenamento. Anzi, a volte accusato di non regalare troppe emozioni, magari un po’ algido. Vogliamo credere che gli anni a Caldaro siano serviti a Cecchinato. E vogliamo sperare possa fare il miracolo in semifinale con Dominic Thiem, astro nascente austriaco, testa di serie numero sette del torneo. Ma Cecchinato sicuro ci crede, noi anche.